PERCHÉ LE FORZE DELL’ORDINE SI FERMANO SUL PORTONE DEL PALAZZO DA SGOMBERARE E ORA OCCUPATO DA “CASA POUND”? PERCHE’, IN PASSATO, SALVINI HA CONDIVISO DUE COMIZI CON I “FASCISTI DEL TERZO MILLENNIO” - QUELL’INCONTRO DEL 2015 IN CUI SALVINI DISSE: “L’UNIONE EUROPEA È UN’ASSOCIAZIONE A DELINQUERE - GLI IMMIGRATI? FERMARLI PRIMA CHE PARTANO. I CAMPI ROM NON ESISTONO IN NESSUN PAESE D’EUROPA…”
-1 - CASAPOUND, BATTAGLIA SULLA SEDE DA SGOMBRARE RAGGI SFIDA IL VIMINALE `
Simone Canettieri per “il Messaggero”
Si accendono i riflettori sulla sede di Casapound, un immobile occupato nel 2003 dalla formazione di estrema destra, nel quartiere Esquilino, nella Capitale. La miccia è stata l'ispezione di lunedì della Guardia di Finanza, su delega della Corte dei conti, alla quale i «fascisti del terzo millenio» si sono opposti. Evocando - ma ci sono versioni contrastanti - «un bagno di sangue» in caso di sgombero del palazzo di proprietà del ministero della Pubblica istruzione.
La polemica divampa per via del silenzio del Viminale e in particolare di Matteo Salvini che in un recente passato ha condiviso due comizi con gli attivisti di Casapound. Nella vicenda è entrata con vigore la sindaca Virginia Raggi: «Ho più volte evidenziato nelle sedi competenti l'illegalità dell' occupazione dell'immobile di via Napoleone III da parte di Casapound».
La posizione del Campidoglio «è sempre stata chiara in tal senso». Tuttavia, conclude Raggi, «non spetta a Roma Capitale scegliere quali sgomberi effettuare. Infatti, il Comune è competente per l'assistenza attraverso i servizi sociali e per il supporto alle operazioni tramite la polizia locale».
Una presa di posizione - accompagnata sui social dalla foto della grillina con il palazzo di via Napoleone III sullo sfondo e il virgolettato da «sempre contro l'occupazione illegale di Casapound» - che arriva dopo una settimana di polemiche sulla presenza del vice di Raggi, Luca Bergamo, in un altro palazzo occupato, sempre all'Esquilino, ma questa volta da antagonisti di sinistra.
Un fatto stigmatizzato dal ministro Salvini, che questa volta tace. Mentre Raggi rincara la dose e polemizza su twitter con il responsabile romano di Casapound. Lui le scrive: «Invece di giocare a fare l'antifascista militante e ridefinire la toponomastica, pensa a ripulire questa città che affonda nella monnezza». Lei gli risponde: «Orgogliosamente antifascista e Roma Medaglia d'Oro al valor militare per la Resistenza», insiste la grillina su Twitter con tanto di chiocciola per citare anche l'Anpi.
LA VICENDA
L'ispezione dei finanzieri del Nucleo di polizia economico finanziaria di Roma sarebbe dovuta avvenire lunedì pomeriggio, su mandato della Corte dei Conti che sta indagando sul danno erariale prodotto dall' occupazione dell' edificio di proprietà del Demanio. L'indagine riguarda gli ultimi dieci anni, nonostante lo stabile sia occupato dal dicembre del 2003, perché il precedente risulta prescritto.
L'obiettivo dei militari era quello di verificare lo stato dei luoghi all' interno del palazzo di via Napoleone III, dove oltre alla sede di Casapound ci sono anche diversi appartamenti occupati, per poi confrontarlo con la documentazione acquisita, dalle planimetrie ai dati catastali.
Un' attività che era stata concordata dalla Gdf in una riunione con i vertici stessi del movimento e la Digos oltre una settimana fa e che sarebbe dovuta rimanere riservata. «Non ci sono state minacce esplicite - riassumono fonti della Corte di Conti - ma un atteggiamento molto duro di chiusura». La procura attende un verbale sula mancata ispezione.
Dal Viminale filtra che l' azione delle Fiamme Gialle non avesse nulla a che vedere con uno sgombero in vista. Anche se il palazzo fa parte della lista del prefetto Paolo Tronca, allora Commissario di Roma, nella quale si individuavano gli immobili da liberare e già prima delle elezioni politiche era finito sul tavolo del prefetto Paola Basilone. Il deputato Roberto Morassut (Pd) attacca: «Salvini sa sgomberare solo baracche e poveracci?». Punge Nicola Fratoianni (Leu): «Perché il ministro non si reca nel palazzo?». Dal M5S, Michele Sodano esprime «solidarietà» alle forze dell' ordine a cui è stato negato l' ingresso nello stabile a due passi da piazza Vittorio.
2 - IL RITORNO DI SALVINI A ROMA TRA CAMICIE NERE E TRICOLORI
Articolo di Fabrizio Roncone per il “Corriere della Sera” - 12-05-2015
«Camerati, piano, non spingete!». Si gira un energumeno con la barba come il Mangiafuoco di Pinocchio: «Io spingo quanto voglio...». Camerati, non litigate. Ressa, camicie nere, teatro Brancaccio: evento organizzato da «Sovranità», il movimento politico legato a Casa Pound, in onore di Matteo Salvini. Ma Salvini non arriva.
L’organizzazione, di stampo militare, in lieve affanno. «Strano, dovrebbe essere già qui...». Gianluca Iannone, il capo: «Arriva, arriva...». Cameraman della Rai: « Veramente Salvini sta a parlà da Formigli, su La7 ». I militanti, intanto, vengono fatti entrare in sala a gruppi di quindici. Molti i giovani, un paio fanno ingresso con gli occhiali a specchio, certi con il casco. Saluto del legionario (avambracci che si stringono), qualche saluto romano (braccio teso), sotto i cartelloni di «Grease», il musical che è in scena qui dal 5 maggio scorso.
Poi arriva una comitiva di signore da Latina, accompagnate dai consorti che indossano giacche mimetiche. Un tipo sui cinquanta a un tipo basso, tarchiato: «Gerarca Casotti, a noi!». Risate, pacche sulle spalle, atmosfera goliardica, sul filo del reducismo. Da dietro una colonna spunta misteriosamente Ernesto Alicicco, l’ex medico sociale della Roma. Poi ecco pure il senatore leghista Raffaele Volpi. Forse è l’unico leghista della serata. Anche le hostess, elegantissime, sono camerate.
Il servizio d’ordine è imponente. Un centinaio di fisicacci completamente vestiti di nero, la maggior parte con le teste rasate (in chiaro sfregio a chi i capelli davvero non ce l’ha) e con gran sfoggio di tatuaggi: «Dux». «Credere obbedire combattere». «Me ne frego». «Patria mia». «Mai indietreggiare».
I ragazzi presidiano il teatro dentro e fuori. Nonostante ventuno blindati di carabinieri e polizia, più un numero imprecisato di auto della Digos. Atmosfera sempre in bilico: tra l’ansia di un attacco imminente («Potrebbero arrivare i centri sociali che hanno impedito a Salvini di andare in visita alla Garbatella») e una certa voglia di dimostrarsi comunque tosti e pronti allo scontro fisico.
Sì, ragazzi, è tutto sotto controllo, tranquilli: ma Salvini? Eccolo, Salvini, è dietro il palco e sta per salire. «Su, su con le bandiere!». Ordini secchi subito eseguiti. Bandiere tricolore sventolate nel riverbero delle luci fioche e cori da stadio, sghignazzi eccitati, un gruppetto di ragazzi inizia a cantare: «Un capitano/ c’è solo un capitano...» (che, di solito, è il grido riservato dai tifosi della Curva Sud a Francesco Totti).
Colpo d’occhio notevole: oltre mille persone, piena anche la galleria, uno striscione con la scritta: «Renzi e Marino a casa». Salvini si infila una maglietta con la scritta: «Marò liberi». Abbraccio con Simone Di Stefano, leader di «Sovranità» e vice-comandante di Casa Pound (il capo vero e temuto, Iannone, come sempre, un passo indietro). «Cameratiii! Adesso silenzio!».
E cala un silenzio impenetrabile (l’ultima volta che Salvini scese a Roma, lo scorso 28 febbraio, in piazza del Popolo c’era un po’ più di libertà d’azione, c’erano anche i militanti di Fratelli d’Italia: ma stavolta Giorgia Meloni si è tenuta ben distante e così, ad ascoltare una voce che gira insistente, anche Marine Le Pen, la quale avrebbe deciso di non spedire più messaggi di saluto alle platee di Salvini, dopo aver appreso quanto siano nere).
Salvini attacca il suo rosario di slogan (lo stesso recitato nel pomeriggio a Foggia, prima che la polizia caricasse una pattuglia di contestatori). «L’Unione europea è un’associazione a delinquere». «Gli immigrati? Fermarli prima che partano». «La Nato deve attaccare l’Isis». «Prostituzione? Regolarizziamola e tassiamola». «I campi Rom non esistono in nessun Paese d’Europa». Grandi applausi.
Altri saluti romani in fondo alla sala. Prima, su La7, Salvini ha detto che «ormai sono passati 70 anni, non ci saranno più Hitler e Mussolini, sono schemi vecchi». Quattro ragazzotti presi dall’entusiasmo, su in galleria, iniziano però a scandire «Duce! Duce! Duce!». Intervento ruvido del servizio d’ordine. «Zitti, imbecilli! Ché qui stasera è pieno di giornalisti...».