I PIENI POTERI DI GUALTIERI PURE PER LE PARTECIPATE - SPUNTA UN DPCM CHE PARE SCRITTO DAL MINISTERO DEL TESORO: ACCRESCE IL SUO POTERE TRASFORMANDOLO DA AZIONISTA IN SOCIO DELLE AZIENDE PARASTATALI. LA RIFORMA CONFERISCE ANCHE NUOVE FUNZIONI AL DG RIVERA: LE SUE SCELTE INFLUENZERANNO I FUTURI GOVERNI, IN BARBA AL PARLAMENTO
-Claudio Antonelli per ''la Verità''
Mentre il Parlamento, soprattutto la maggioranza, martedì stoppava il tentativo di emendare il decreto Rilancio inserendo una clausola in grado di dare al Tesoro i super poteri di allocazione della spesa, in altro luogo - Palazzo Chigi - si vergava il testo di un Dpcm. Il documento è sulla scrivania del premier pronto per essere vistato, ma sembra scritto direttamente dal Mef. Non a caso l'obiettivo dichiarato è quello di modificare il decreto del giugno 2019 con cui si definiscono organigramma, funzioni e responsabilità del ministero dell'Economia e delle finanze, soprattutto del dipartimento del Tesoro, guidato dall'agosto del 2018 da Alessandro Rivera.
Verranno inserite due figure apicali nuove, di cui una alle dirette dipendenze del direttore generale con lo scopo di fungere da luogotenente e controllare anche in modo trasversale gli altri dipartimenti. boiardi senza concorsoIl numero totale dei dipendenti del Mef salirà da 604 a 606 senza concorso, ma ciò che conta è proprio il potenziamento di Rivera, che in questo modo si conferma plenipotenziario di scelte economiche e finanziarie che impatteranno sulle scelte dei governi a venire. La riorganizzazione si basa su dettagli che sfuggono ai più, ma che nei palazzi sono fondamentali.
Ad esempio il comma 4 dell'articolo 5 del decreto del 2019 viene modificato sopprimendo le parole «la Banca europea per gli investimenti (Bei) e altre». Il riferimento è alla direzione IV e alle funzioni di rappresentanza finanziaria internazionale. Il dirigente si chiama Gelsomina Vigliotti, stimata professionista che da anni rappresenta l'Italia in consessi come la Banca mondiale, l'Fmi o il G7. Quando entrerà in vigore il Dpcm non si occuperà più della Bei. Una piccola rivoluzione che farà scattare parecchi malumori, ma che al contempo allarga le responsabilità e quindi il potere di Rivera.
Stesso discorso vale per attività di valutazione d'impatto economico, per i rapporti con l'Istituto poligrafico della Zecca e il ruolo di monitoraggio e analisi dei risultati finanziari di enti e organismi pubblici. Ma ciò che più balza all'occhio è il cambio di passo sulle partecipate pubbliche. Bastano pochi cambi al decreto del 2019 per alzare il livello di invasività nelle decisioni delle partecipate. L'articolo 4 vede la sostituzione di «gestione finanziaria delle partecipazioni azionarie dello Stato» con «gestione delle partecipazioni societarie dello Stato». Inoltre ogni volte che il vecchio decreto prevedeva il termine «azionista» il nuovo inserisce la parola «socio».
E così dove era previsto il potere di controllo e gestione delle logiche di dividendo si passa ad attività molto più corpose. Per essere chiari, il dipartimento si occuperà di «valorizzazione delle partecipazioni societarie dello Stato, anche tramite operazioni di privatizzazione e dismissione, e relativa attività istruttoria e preparatoria». Allargando lo sguardo, il Dpcm affiderà all'Ispettorato generale per gli Affari economici anche «l'attività normativa e consultiva in materia di programmazione e attuazione degli investimenti pubblici e relativo monitoraggio».
Al di là dei dettagli tecnici, appare chiaro che con l'intervento sul tavolo di Palazzo Chigi i poteri del Mef e del suo direttore generale crescono e non di poco. A luglio è attesa una nuova infornata di nomine. Si va dal Gse fino alla controllate della Rai fino alle partecipate di Cdp che ancora mancano all'appello e a tutte le partecipate dei colossi. Ben più di 200 nomi. È chiaro che Rivera e il ministro Roberto Gualtieri avranno più voce in capitolo anche per valutare le singole scelte di consiglieri e per dire la parola finale su strategie.
Insomma, sembra la seconda puntata del braccio di ferro che si è avuto su Sace in occasione del decreto Liquidità. Al termine del quale il Mef ha ottenuto di controllare la filiera pur lasciando la Sace sotto il controllo di Cdp. D'altronde è un vecchio pallino di Rivera già ai tempi del ministro Giovanni Tria, che gli diede l'aumento di grado. Rivera però non è certo un uomo scelto dai 5 stelle, anche se l'apparenza del momento sembrava portare in quella direzione.
Tutt' altro. Quando l'avvocato Giuseppe Guzzetti fece il suo discorso d'addio il 14 aprile dello scorso anno, dedicò un ringraziamento speciale proprio al dirigente che negli anni precedenti si era occupato di fondazioni bancarie. Conosciuto per passione per gli infiniti negoziati (dai Tremonti bond, nel 2001, ai salvataggi bancari di Banca Etruria, delle Popolari venete passando per l'aumento precauzionale di Mps), il civil servant abruzzese si è distinto nella trattativa sul fondo Salvastati, dove ha seguito un cammino palesemente diverso da quello indicato da Palazzo Chigi.
MESSAGGIO AI 5 STELLE
Adesso ha ancora la partita della Popolare di Bari e a breve la cessione di Mps. Insomma, in questo modo il Tesoro è intenzionato a raddoppiare tutte le poste e a far capire al governo che su certe strade non sarà proprio necessario l'ok della politica. Un messaggio diretto evidentemente al premier, ma soprattutto al mondo dei 5 stelle. Insomma, l'episodio del Mes, in occasione del quale Rivera ha suonato uno spartito accordato dal Colle, può essere solo l'inizio di una nuova sinfonia.