NELLA PIU’ GRANDE DEMOCRAZIA DEL MONDO LE ELEZIONI SARANNO DECISE DAI GIUDICI – LA CORTE SUPREMA AMERICANA DEVE DECIDERE SUL RICORSO DI TRUMP CONTRO LA SENTENZA DEL COLORADO, CHE LO HA ESCLUSO DALLE PRIMARIE, E SUGLI APPELLI PRESENTATI PER LE SUE INCRIMINAZIONI PENALI – LE DECISIONI POTREBBERO ARRIVARE QUANDO THE DONALD È GIÀ STATO RIELETTO – LA CORTE È A LARGA MAGGIORANZA CONSERVATRICE: 6 MAGISTRATI SU 9, 3 DEI QUALI NOMINATI DA TRUMP…
-1 - L’INTRECCIO DI ELEZIONI E UDIENZE COSÌ I NOVE GIUDICI DECIDERANNO IL DESTINO DEGLI STATI UNITI
Estratto dell’articolo di Massimo Gaggi per il “Corriere della Sera”
Nell’America dilaniata da contrapposizioni politiche sempre più radicali, spazzata dal vento dei sospetti e delle contestazioni di molti meccanismi elettorali, era già vivo il timore di dispute sulla regolarità del voto del prossimo novembre.
Col rischio di lasciare che, alla fine, il risultato delle presidenziali venga deciso dalla Corte Suprema, come avvenne nel 2000 quando i giudici costituzionali dichiararono George Bush vincitore su Al Gore per una differenza di poche centinaia di voti, senza approfondite verifiche e veri riconteggi.
Ma ora, coi ricorsi di Trump contro i suoi processi penali, i giudici costituzionali chiamati a valutare la validità dell’imputazione di «ostruzione di procedure governative» per la quale sono stati condannati i protagonisti dell’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021 e, da ieri, col caso del Colorado, la Corte Suprema è destinata a giocare un ruolo centrale nella scelta del prossimo inquilino della Casa Bianca fin dalla fase di selezione dei candidati e di definizione del percorso elettorale del 2024 […]
Il pronunciamento senza precedenti della Corte Suprema del Colorado che ha escluso Donald Trump dalle liste elettorali delle primarie dello Stato lasciando il provvedimento in sospeso fino al 4 gennaio per consentire un esame del ricorso già presentato dall’ex presidente, costringe i giudici costituzionali agli «straordinari natalizi»: ma siamo solo alla prima tappa di un percorso che si prospetta lungo e accidentato.
[…] la decisione dei giudici del Colorado di considerare il 14esimo Emendamento della Costituzione applicabile a Trump crea una situazione senza precedenti e incoraggia i contestatori di Trump che volevano presentare, o hanno già presentato, ricorsi simili in altri Stati. Ed è impensabile che un aspirante alla presidenza possa candidarsi solo in una parte del Paese.
L’altro aspetto straordinario di questa caotica campagna elettorale è quello dei processi contro Trump. Che dovrebbe andare alla sbarra il 4 marzo per il tentativo di bloccare l’insediamento di Biden: il giorno prima del Super Tuesday, quando un terzo dell’America voterà per le primarie (alle urne 16 Stati compresi i due più popolosi, California e Texas).
In estate dovrebbe, poi, toccare al processo per tentativo di brogli elettorali in Georgia, mentre il giudice della Florida (nominato a suo tempo proprio da Trump) sembra orientato a rinviare il procedimento per i documenti top secret portati via da Trump quando ha lanciato la Casa Bianca (prevista, per ora, una seduta preliminare il 20 maggio).
Ma i ricorsi alla Corte Suprema hanno fatto finire date e imputazioni di questi procedimenti in un limbo. Per farli saltare non è necessario che i giudici costituzionali sconfessino la magistratura ordinaria. Basta che esaminino le istanze coi tempi ordinari: mesi di istruttorie, sedute pubbliche con gli avvocati delle parti, altri mesi per decidere.
Per questo il superprocuratore Jack Smith ha chiesto alla Corte Suprema di mettere i casi che riguardano Trump su una «corsia preferenziale». Il motivo è chiaro. Se viene processato prima del voto, gli elettori sapranno se hanno a che fare con un colpevole o innocente. Se tutto slitta al 2025 e Trump torna alla Casa Bianca, quei processi, con ogni probabilità, non si faranno mai.
[…] i processi si basano su elementi giuridici oggettivi, ma hanno enorme valore politico. Lo avranno le decisioni dei giudici costituzionali di una Corte a larga maggioranza conservatrice (6 magistrati su 9, 3 dei quali nominati da Trump). Ma lo hanno già avuto i procuratori che, mettendo sotto accusa l’ex presidente, gli hanno consentito di fare campagna vestendo i panni della vittima di persecuzioni politiche.
2 - LE CHIAVI DELLA CASA BIANCA IN MANO ALLA CORTE SUPREMA CONTROLLATA DAI CONSERVATORI
Estratto dell’articolo di Paolo Mastrolilli per “la Repubblica”
Ora la Corte Suprema, come era già accaduto con Nixon o Bush contro Gore, ha in mano la possibilità di decidere l’inquilino della Casa Bianca. Non solo per l’annunciato ricorso di Trump contro la sentenza del Colorado, ma anche per gli appelli sulle incriminazioni penali.
Resta da vedere se il massimo tribunale del Paese, dove i conservatori hanno un vantaggio di 6 giudici contro 3, avrà l’onestà di decidere in base alle leggi, oppure si lascerà trascinare dall’odio culturale e politico che spacca e indebolisce l’America […]
Appena la sentenza del Colorado è stata emessa, Trump l’ha subito usata come prova del complotto ordito dall’establishment per far deragliare la sua campagna presidenziale, a maggior ragione perché i sette giudici coinvolti sono stati nominati da un governatore democratico.
Questa strategia del vittimismo ha funzionato alla perfezione in vista delle primarie repubblicane, dove tutte le incriminazioni hanno spinto Donald nei sondaggi, trasformandolo nel grande favorito. […]
La Corte Suprema del Colorado ha squalificato Trump in base alla Section 3 del Quattordicesimo emendamento della Costituzione, che esclude da ogni carica qualsiasi persona che “avendo prestato giuramento come funzionario degli Stati Uniti per sostenere la Costituzione, abbia partecipato in una insurrezione o ribellione contro la stessa, o abbia dato aiuto e conforto ai suoi nemici”.
È un testo approvato nel 1868, dopo la Guerra Civile, per impedire ai confederati di tornare al potere, quindi gli alleati di Donald lo considerano superato e non applicabile al caso in discussione. I giudici dovevano decidere se l’assalto al Congresso del 6 gennaio è stato un’insurrezione, se Trump ha partecipato, se i tribunali hanno l’autorità per applicare l’emendamento, e se la Section 3 riguarda anche il presidente. Hanno risposto sì a tutte queste domande, che ora passano alla Corte Suprema federale di Washington.
Il giudice conservatore Michael Luttig ha detto a Msnbc che la squalifica va confermata, perché la legge è chiara e si applica a tutti. Per farla scattare non è necessario che Trump venga condannato al processo per il 6 gennaio, perché basta aver dato “aiuto e conforto” agli insorti, cosa che ha fatto col discorso alla manifestazione, i messaggi via Twitter, e la promessa di perdonare i colpevoli se verrà rieletto.
Quanto all’argomento che dovrebbero essere gli elettori a decidere chi vince e non i giudici, la Costituzione stabilisce queste regole proprio per proteggere il processo democratico. Ty Cobb, ex avvocato di Donald ora in rotta con lui, ha dichiarato invece alla Cnn che la Corte Suprema boccerà la sentenza 9 a 0, perché diversi vizi procedurali impediscono di applicarla al presidente.
Il Colorado non conta nella mappa elettorale, perché da vent’anni è democratico. Se però il massimo tribunale federale stabilisse che Trump può essere squalificato, le cause fioccherebbero in tutti i 50 Stati per cancellarlo e nessuna corte potrebbe più opporsi. Sarebbe la fine della sua candidatura.
Il caso del Colorado però non è l’unico sul tavolo della Corte Suprema. Il procuratore Smith, che ha incriminato Trump per il 6 gennaio e i documenti segreti trafugati a Mar a Lago, ha chiesto ai giudici di esaminare con urgenza il ricorso degli avvocati di Donald, in cui sostengono che come ex presidente ha l’immunità assoluta.
Se il massimo tribunale desse ragione a Trump, il procedimento andrebbe archiviato; se gli desse torto, il processo comincerebbe come previsto il 4 marzo. In questo caso la sentenza arriverebbe prima delle presidenziali e, anche se non vieterebbe al candidato di continuare la corsa, avrebbe un impatto sull’opinione degli elettori, perché un quarto dei sostenitori dell’ex presidente dice che non lo voterebbe se fosse condannato.
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Le altre due incriminazioni, in Georgia per aver cercato di rovesciare il risultato elettorale, e a New York per i soldi alla pornostar Stormy Daniels, sono statali e finora non hanno raggiunto il tribunale federale. Un problema centrale poi resta la credibilità. La Corte Suprema ha una maggioranza conservatrice di due terzi che non rispecchia la realtà degli Usa, perché il leader repubblicano al Senato McConnell ha usato un trucco procedurale per impedire a Obama di nominare il successore del giudice Scalia, e perché Ruth Ginsburg non ha avuto l’intelligenza di dimettersi quando Barack poteva sostituirla. Perciò metà America crede che la Corte sia illegittima e potrebbe rifiutare le sue decisioni, perché politicizzate, mettendo in ginocchio la democrazia Usa.