IL PIZZINO DI MOSCA ALL’ITALIA - COME SEMPRE QUANDO MANDANO UN MESSAGGIO, I RUSSI VANNO INTERPRETATI: ALEXEJ PARAMONOV È STATO TRA I CANDIDATI PER IL POSTO DI AMBASCIATORE A ROMA E PARLA A NOME DEL CREMLINO. E SE HA USATO LA PAROLA “FALCO” PER LORENZO GUERINI C’È UNA RAGIONE: IL MINISTRO DELLA DIFESA È CONSIDERATO LA MAGGIORE GARANZIA ATLANTISTA NEL GOVERNO. È INDIRETTAMENTE ALL'AMMINISTRAZIONE USA, CHE I RUSSI STANNO LANCIANDO I LORO AVVERTIMENTI VISTO CHE…
-1. MOSCA MINACCIA L’ITALIA
Alessandro Di Matteo per “La Stampa”
Adesso la Russia alza la voce con l'Italia, Mosca minaccia «conseguenze irreversibili» in caso di inasprimento delle sanzioni e attacca direttamente il ministro della Difesa Lorenzo Guerini, definito un «falco» e accusato di avere dimenticato l'aiuto di Vladimir Putin durante l'emergenza Covid nel 2020. Un'escalation verbale che provoca la reazione di quasi tutti i partiti italiani e che il premier Mario Draghi respinge con una nota ufficiale. L'affondo arriva da Alexei Paramonov, direttore del primo dipartimento europeo del ministero degli Esteri russo, che risponde alle minacce francesi di inasprire le misure contro Mosca accusando, tra l'altro, il governo italiano di «isteria».
Un vero e proprio avvertimento, quello di Paramonov: «Non vorremmo che la logica delle dichiarazioni del ministro dell'Economia francese Bruno Le Maire, che ha dichiarato "guerra finanziaria ed economica totale" alla Russia, trovasse seguaci in Italia». Parole che fanno subito scattare la reazione di Enrico Letta, segretario del Pd, il partito di Guerini. «Il ministero degli Esteri russo piega a propaganda di guerra anche il dramma Covid, nell'attaccare con farneticazioni inaccettabili il ministro Lorenzo Guerini. Il nostro sostegno è ancora più convinto e diventa legittimo dubitare delle reali intenzioni di quelle missioni di aiuto sanitario».
Già due anni fa, del resto, c'erano state polemiche per la scelta del governo (allora guidato da Giuseppe Conte) di accettare l'aiuto dell'esercito russo. Netta anche la presa di posizione della Farnesina, che «respinge con fermezza le dichiarazioni minacciose» di Paramonov e «invita il ministero degli Esteri» russo ad «agire per la cessazione immediata dell'illegale e brutale aggressione» nei confronti dell'Ucraina. Ma poco dopo è lo stesso presidente del Consiglio a fare uscire una nota ufficiale: «Esprimo piena solidarietà al ministro della Difesa Lorenzo Guerini, vittima di attacchi da parte del Governo russo».
Il premier, poi, definisce «particolarmente odioso e inaccettabile il paragone tra l'invasione dell'Ucraina e la crisi pandemica in Italia» e conclude: «Il ministro Guerini e le forze armate sono in prima linea per difendere la sicurezza e la libertà degli italiani. A loro va il più sentito ringraziamento del Governo e mio personale». Parla anche il bersaglio degli attacchi russi, Guerini appunto, ma per minimizzare: «Non diamo peso alla propaganda. Incoraggiamo invece ogni passo politico e diplomatico che metta fine alle sofferenze del popolo ucraino.
L'Italia è a fianco dell'Ucraina e continuerà ad esserlo». Al ministro arriva una solidarietà praticamente unanime, anche se qualche sfumatura si nota. Oltre al Pd, schierato a difesa del suo uomo, anche Matteo Renzi, Carlo Calenda e Fi fanno quadrato. Per il partito di Silvio Berlusconi parla il coordinatore Antonio Tajani e tutti e tre i ministri - Mara Carfagna, Mariastella Gelmini e Renato Brunetta. A fianco di Guerini anche diversi esponenti M5s, a cominciare dal ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D'Incà. Dalla Farnesina Luigi Di Maio rimanda al mittente le accuse - «le minacce di Putin denotano la difficoltà in cui si trova» - e rilancia: «Il governo russo, invece di trascorrere le giornate minacciando, fermi la guerra in Ucraina che sta causando la morte di civili innocenti».
Più tiepido il sostegno di Lega e Fratelli d'Italia. Matteo Salvini non si pronuncia, la «piena e totale solidarietà» arriva dalla sottosegretaria alla Difesa Stefania Pucciarelli, da Paolo Ferrari e da Paolo Formentini. Per Fdi si fa sentire Fabio Rampelli: «Di fronte ai tentativi di intimidazione da parte di Putin e dei suoi ministri la posizione dell'Italia non cambia di un millimetro. Tace però Giorgia Meloni e, anzi, parlando con l'Ansa, il capogruppo alla Camera Francesco Lollobrigida, pur esprimendo solidarietà a Guerini, se la prende con Luigi Di Maio: «Ritengo sbagliati alcuni atteggiamenti tenuti dal governo italiano, in particolare le dichiarazioni del ministro di Di Maio che sono una miccia che rischia di innescare un conflitto dialettico tra la diplomazia»
1. IL GOVERNO DRAGHI: "PAROLE ODIOSE" SULLE SANZIONI NON SI CEDE
Ilario Lombardo per “La Stampa”
Come sempre quando mandano un messaggio, i russi vanno interpretati. Anche quando è così esplicito. Anzi: soprattutto quando è così esplicito. Ed è quello che hanno fatto nel governo, a Palazzo Chigi, agli Esteri e alla Difesa, dopo aver letto le dichiarazioni di Alexej Paramonov. Nonostante la minaccia di ritorsioni se l'Italia dovesse sostenere un inasprimento delle sanzioni contro Mosca, e l'attacco chirurgico contro il ministro della Difesa Lorenzo Guerini, la prima reazione è stata: non rispondiamo. Il direttore del dipartimento europeo del ministero degli Esteri russo è sì un alto funzionario, ma non è il ministro, né il suo portavoce.
Via via che monta la polemica tra i partiti, però, nel governo cominciano a temere il proprio silenzio. Il sostegno tra forze politiche e ministri diventa universale, e precede la nota con cui il premier Mario Draghi difende e ringrazia Guerini e l'esercito, definendo «particolarmente odioso e inaccettabile il paragone tra l'invasione russa e la crisi pandemica in Italia», quando da Mosca, nel marzo 2020, arrivarono aiuti militari e sanitari che ieri il diplomatico ha rinfacciato al governo.
Paramonov non è un funzionario qualsiasi: ex console a Milano, conosce benissimo l'Italia, ed è stato tra i candidati per il posto di ambasciatore a Roma. L'intervista, consegnata non a caso all'agenzia pubblica Ria Novosti, ha uno scopo preciso. È il Cremlino che parla perché Palazzo Chigi intenda. E il messaggio, si diceva, va in parte decriptato. Soprattutto quando il diplomatico russo affibbia l'etichetta di «falco» a Guerini. Con i colleghi il ministro ci ha sorriso su: «Chiunque mi conosca non mi definirebbe così». Per carattere, per l'eredità democristiana su cui Guerini scherza sempre e che gli fa prediligere il realismo, non si sente un falco. Ma sa benissimo cosa c'è dietro la scelta di quel termine. Guerini è considerato la maggiore garanzia atlantista dentro il governo. Una fede, verso l'alleato americano, che ha sempre coltivato, anche da presidente del Copasir, la commissione parlamentare sui servizi segreti.
Per il suo incarico alla Difesa, per la distanza che è naturale resti sulla collaborazione militare, a differenza di altri Guerini ha invece mantenuto pochi rapporti con il governo di Mosca e ha visto il suo omologo Sergej ojgu, l'architetto dell'invasione dell'Ucraina, solo una volta. Lo ha pubblicamente ringraziato per i mezzi e gli uomini che arrivarono durante il Covid, ma pensare di tirar fuori quegli aiuti per ammorbidire la condanna di quanto sta avvenendo a Kiev, suona «moralmente» sbagliato, secondo Draghi e la totalità dei partiti. È all'amico di Washington, ed è dunque indirettamente all'amministrazione Usa, che i russi stanno lanciando i loro avvertimenti.
L'altro ieri Guerini ha visto Carlos Del Toro, segretario della Marina americana con cui ha parlato di partnership strategica nel settore navale. Ed è il ministro che più di tutti sta lavorando, da tre anni, per ridare ossigeno agli investimenti militari, e raggiungere l'obiettivo di aumentare la spesa fino al 2 per cento di Pil, come i presidenti degli Stati Uniti, Donald Trump e Joe Biden, chiedono da anni agli alleati Nato. C'è un accordo del 2014 che lo prevede. Quello fu l'anno dell'annessione della Crimea e dell'inizio della guerra nel Donbass.
Dopo 8 anni, e un mese di un'aggressione unilaterale che ha sfondato i confini dell'Europa, l'Italia vuole mettersi in pari il prima possibile: «Non ci faremo spaventare dalle minacce» è il senso in queste ore delle parole di Draghi, che martedì sarà alla Camera ad assistere all'intervento del presidente ucraino Zelensky. Aumentare i finanziamenti vuol dire rafforzare il sistema di sicurezza nei Baltici e ai confini della Russia. Il Cremlino lo sa. E lo teme. Aveva scommesso sullo sbandamento grillo-leghista del biennio 2018-2020 per Vladimir Putin, mentre ora si ritrovano il secondo principale partner commerciale in Europa che non si sottrae alle durissime sanzioni, nonostante i tentennamenti nei primi giorni dell'attacco.
Non si sa se le misure saranno esasperate. L'Italia non spinge a farlo fino a rompere ogni rapporto commerciale, e, visti i legami economici, storicamente sostiene una linea più moderata. Ma la strategia di Draghi prevede un principio: l'Italia si muove compatta con i partner europei. La solerzia con cui l'ambasciatore a Mosca Giorgio Starace avrebbe invitato le aziende italiane a non lasciare la Russia, come ricostruito da La Stampa una settimana fa, secondo fonti diplomatiche non è piaciuta a Draghi. La guerra in Ucraina ha cambiato tutto. E non bisogna mostrare alcuna ambiguità. Ecco perché il passaggio in cui Paramonov avverte l'Italia è definito «subdolo» dalle stesse fonti. La dipendenza dal gas russo fa paura. Ma altrettanto forte, al governo, è la sensazione che Putin non si priverà di una delle poche entrate certe che gli sono rimaste dall'estero e con cui finanzia l'enorme campagna ucraina.