I PM DI ROMA NON CREDONO AFFATTO CHE FINI SIA UN ''COGLIONE'', COME LUI STESSO SI DEFINI' - DAVVERO NON SAPEVA NULLA DEI TRAFFICI DEI TULLIANO’S CON FRANCESCO CORALLO? DIFFICILE. E SI AVVICINA IL RINVIO A GIUDIZIO – IL COGNATINO COMPRO’ CON I 300 MILA EURO DI CORALLO LA CASA DI MONTECARLO E LA RIVENDETTE A 1,3 MILIONI DI DOLLARI
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Edoardo Izzo per La Stampa
«Non ho commesso alcun riciclaggio. Sono totalmente estraneo ai fatti che mi contestate. Assolutamente innocente». Si è difeso così l’ex presidente della Camera, Gianfranco Fini davanti al procuratore aggiunto della Dda di Roma, Michele Prestipino e al pm Barbara Sargenti che gli contestano il reato di concorso in riciclaggio insieme a sua moglie Elisabetta Tulliani, al padre della stessa, Sergio, e al fratello di Elisabetta e cognato di Fini, Giancarlo arrestato dieci giorni fa a Dubai con l’ipotesi di aver veicolato all’estero denaro proveniente da presunte operazioni illecite del “re delle slot”, Francesco Corallo.
L’interrogatorio di oggi è l’ultimo atto del procedimento, per il quale la procura di Roma ha già notificato l’avviso di chiusura delle indagini preliminari, provvedimento solitamente propedeutico alla successiva richiesta di rinvio a giudizio.
L’inchiesta della Dda di Roma nasce da alcuni accertamenti sull’imprenditore dei videogiochi Francesco Corallo (anche nei suoi confronti oggi la procura ha notificato la chiusura indagini). L’indagine ruota principalmente attorno al famoso appartamento di Montecarlo (che una contessa aveva lasciato in eredità ad An) che Giancarlo Tulliani acquistò con i soldi di Corallo attraverso la creazione di due società off-shore, la Printemps e la Timara: poco più di 300 mila euro nel 2008 quando la cessione dell’immobile nel 2015 fruttò un milione e 360 mila dollari.
Un’operazione di compravendita che Fini avrebbe autorizzato senza sapere (così si è giustificato davanti ai pm quando venne interrogato) che dietro c’era suo cognato. L’ex leader di An ha anche spiegato a suo tempo di essere all’oscuro dei legami finanziari esistenti tra il «Re dello slot», Corallo e la famiglia Tulliani, ma le sue parole non sembrano aver convinto i magistrati.
Secondo i magistrati, invece, un ’fiume’ di denaro sarebbe entrato nelle tasche dei Tulliani grazie a Corallo, la cui attività imprenditoriale sarebbe stata agevolata da leggi ’ad hoc’ approvate quando il partito di Fini era al governo. E che l’affare immobiliare, realizzato «alle condizioni concordate con Corallo ed i Tulliani», venne deciso proprio dall’esponente politico «nella piena consapevolezza di tali condizioni». Inoltre con decreto del gip erano state sequestrate due polizze vita del valore di quasi un milione di euro a Fini, e beni per oltre 7 milioni di euro ai Tulliani.
Secondo il capo d’imputazione il «re delle slot» Francesco Corallo e l’ex parlamentare di An, Amedeo Laboccetta si sarebbero associati in maniera illecita tra loro con la complicità di Theodoor Baetsen, Alessandro La Monica, Arturo Vespignani, e Lorenzo Lapi per commettere reati quali il peculato e il riciclaggio. Secondo l’accusa dunque l’associazione si sarebbe appropriata di oltre 85 milioni di euro riciclandone poi circa la metà dalla società di Corallo (Atlantis/BPlus) verso un conto corrente estero (nelle Antille Olandesi) sempre riferibile al gruppo Corallo.