POSTA! - L’AVVOCATO DEGLI ESPULSI DAL M5S LORENZO BORRÈ: “LA PRASSI DEI VERTICI PENTASTELLATI È SEMPRE STATA QUELLA DI INTERPRETARE COME VINCOLANTE L'OBBLIGO DI VOTARE LA FIDUCIA OGNI VOLTA CHE VENGA POSTA DA UN GOVERNO SOSTENUTO DAL PARTITO” - “PONENDO LA FIDUCIA SULLA RIFORMA CARTABIA, CHE STA ALLA POLARITÀ OPPOSTA DELLA RIFORMA BONAFEDE, DRAGHI METTE I PENTASTELLATI DI FRONTE A UN BIVIO. ANZI A UN TRIVIO: VOTARE LA FIDUCIA RINNEGANDO I PRINCIPI GIUSTIZIALISTI; NON VOTARLA (MAGARI ASTENENDOSI) E AUTOESPELLERSI IN MASSA DAL PARTITO OPPURE…”
-
Riceviamo e pubblichiamo:
La coerenza, si sa, è una virtù che si vaglia nel tempo e che consiste grosso modo nel rimanere fermi sui principi fondanti e che si applica mantenendo ferme le regole poste a presidio dei medesimi principi. Orbene, che in politica le cose non stiano esattamente in questi termini ce l'ha insegnato Giolitti, eroe tragico del trasformismo, con una sua nota massima.
Ma a volte il cedere alla coerenza dell''incoerenza può sfociare in uno smacco o (ed è più o meno lo stesso), ad uno scacco. E siamo al punto: la prassi dei vertici pentastellati, da che vige -con rispetto parlando- il Codice etico, è sempre stata quella di interpretare come vincolante l'obbligo di votare la fiducia ogni volta che venga posta da un Governo sostenuto dal partito, tant'è che l'ultima infornata di provvedimenti disciplinari è stata adottata per il mancato voto di fiducia al governo presieduto da Mario Draghi sul presupposto, appunto, che la locuzione 'presidente del consiglio dei ministri espressione del MoVimento 5 Stelle" sia da intendersi come "Premier di un governo di cui fa parte il M5S".
In pratica, e al di là della più che dubbia costituzionalità dell'obbligo (su cui il Tribunale deve ancora pronunciare la parola definitiva), i parlamentari pentastellati, secondo la prassi interpretativa dei vertici (e del collegio dei probiviri) devono ora votare la fiducia ogni volta che Draghi la richieda.
E qui sta il drammatico appuntamento con la coerenza, magistralmente apparecchiato da Draghi: ponendo la Fiducia sulla riforma Cartabia, riforma che sta alla polarità opposta della riforma Bonafede, il Premier mette i pentastellati di fronte a un bivio.
Anzi, sempre con rispetto parlando, a un trivio: 1) votare la fiducia rinnegando i principi giustizialisti; 2) non votarla (magari astenendosi) e autoespellersi in massa dal partito; 3) uscire dal Governo prima che si voti la fiducia.
Il tempo vaglia la coerenza, dicevo.
Lorenzo Borrè