POVERA MELONI: DALL’EURO ALLA NEURO, IL PASSO È BREVE! LA TRIMURTI MACRON, SCHOLZ E TUSK RESTANO CONTRARI A UN RUOLO DA BIG NELLA SQUADRA DI URSULA PER I PATRIOTI DE' NOANTRI - IL NO A VON DER LEYEN, LA CORRISPONDENZA D’AMOROSI SENSI CON ORBAN E GLI ATTACCHI AI PARTNER SONO GLI OSTACOLI MAGGIORI A UN PORTAFOGLIO DI PESO PER L’ITALIETTA DELLA MELONI – COME DAGO DIXIT, ANCHE IL CAPO DEI CONSERVATORI TEDESCHI, FRIEDRICH MERZ, CHE L’ANNO PROSSIMO SARÀ IL CANDIDATO CANCELLIERE PER LA CDU, NON GRADISCE CHE...
-Alberto D’Argenio per la Repubblica - Estratti
Ora che anche l’Italia — all’ultimo giorno utile — ha indicato il suo commissario europeo, inizia la battaglia tra governi per accaparrarsi i posti migliori nella seconda squadra di Ursula von der Leyen. Giorgia Meloni — con una dose di vittimismo — va alla carica: «Nonostante molti italiani tifino contro un ruolo adeguato alla nostra nazione, non ho motivo di credere che non ci verrà riconosciuto ».
La partita però è in salita. «Non c’è ancora nulla di definitivo», spiegano da Palazzo Berlaymont, ma al momento a Raffaele Fitto spetterebbe la Politica di coesione, portafoglio arricchito dalla sorveglianza sui Pnrr dei vari paesi Ue.
«Una posizione da paese di seconda fascia», sentenzia un diplomatico coinvolto nei negoziati. E considerando come si è mossa Meloni, il declassamento non stupisce. Tanto che l’ultima spiaggia è quella del maquillage: Roma dietro le quinte sta negoziando con Bruxelles un nuovo nome per il suo portafoglio, più “sexy” e rivendibile della gelida “Coesione”.
Von der Leyen nei prossimi giorni parlerà con candidati e leader dei vari paesi e punta ad annunciare il nuovo collegio entro due settimane.
Appuntamento che fa tremare Palazzo Chigi.
(...)
Ecco perché Palazzo Chigi preme per migliorare il portafoglio italiano, ma non sarà facile far dimenticare il sovranismo di Meloni, il sodalizio con Orbán, il suo “no” a von der Leyen, il suo isolamento, gli attacchi ai partner e ai diritti base dell’Unione e le ambiguità del suo governo sull’Ucraina.
A Roma non resta che contare sull’ottimo rapporto tra Fitto e von der Leyen. Il ministro uscente è conosciuto a Bruxelles, dove è stato europarlamentare per due legislature facendosi apprezzare per il suo savoir-faire personale e politico. Tanto che tutte le forze di maggioranza a Strasburgo hanno fatto sapere che seppur espressione di un governo sovranista non gli tenderanno imboscate durante le insidiose audizioni all’Europarlamento.
Ma Fitto faticherà a migliorare il suo portafoglio. Il punto è che il commissario alla Coesione non ha un particolare peso all’interno dell’Eurogoverno e nemmeno la delega al Recovery Fund è un valore aggiunto: è stato scritto per l’Italia, che ne è primo beneficiario, e in questi anni la Commissione non è stata severa sugli esborsi per Roma. Per evitare una pesante sconfitta europea, dunque, il governo ha provato a incassare una terza delega: il Bilancio. Un portafoglio che avrebbe dato peso a Fitto.
Tuttavia, raccontano fonti coinvolte nel negoziato, Francia, Germania, i nordici e la stessa Commissione Ue non si fidano a lasciare a un meloniano il controllo dell’Mff, il pesantissimo negoziato sugli oltre 1.000 miliardi di fondi Ue 2028-2034 che fanno gola a tutte le capitali e che danno al commissario che li gestisce grande potere interno alla Commissione da spendere sugli altri dossier di interesse nazionale.
(…)
ARTICOLI CORRELATI