PRENDETE IL MALEDETTO MES E SPINGETE LE BANCHE A DARE LIQUIDITÀ ALL'ECONOMIA REALE - BECCHI & ZIBORDI ROMPONO IL FRONTE DEI ''NO-MES'': ''QUEI 36 MILIARDI CI SERVONO, IL PAESE È PARALIZZATO E NON SI ACCORGE DI QUANTO SIA PROFONDA LA CRISI. LA BCE SONO 5 ANNI CHE INIETTA CENTINAIA DI MILIARDI GRATIS NELLE BANCHE EUROPEE, CHE POI LI REINVESTONO IN PRODOTTI FINANZIARI. INVECE DEVONO SERVIRE PER INVESTIMENTI. GUALTIERI SI MUOVA PRIMA CHE IL PAESE COLLASSI''
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Pochi, maledetti e subito.
Prendiamo pure il MES, ma affrontiamo una buona volta il problema delle banche in Italia
Paolo Becchi e Giovanni Zibordi
La maggioranza dei politici, specie a livello regionale, dove si spendono i soldi della sanità, ha difficoltà a spiegare perché dire di no ai 36 miliardi del MES. In un paese in cui la spesa sanitaria in % del PIL o pro capite è rimasta indietro rispetto agli altri paesi, se si possono spendere tra qualche mese 36 miliardi di questo programma “MES”, soldi che devi restituire in dieci anni e che costano zero in interessi, perché non farlo? Qui si seguito cerchiamo di analizzare i pro e i contro senza pregiudizi ideologici.
La principale obiezione al MES nella versione sanitaria “Covid-19” è che nessun paese eccetto l’Italia lo chiede: Spagna, Portogallo, Irlanda che nel 2011-2013 avevano chiesto un finanziamento e sottoscritto le condizioni di un programma MES ora emettono titoli di stato per finanziare deficit addizionale e basta. Gli altri paesi non chiedono questo MES perché al momento il costo dei loro titoli a dieci anni è quasi zero per cui il fatto che il MES costi 0% non cambia niente rispetto ad emettere titoli.
Soprattutto però, come si legge nel Regolamento 472/2013 della UE del 21 maggio 2013 che è in vigore per tutti i “programmi di assistenza”, il debitore entra in un regime di “sorveglianza rafforzata”, in base al quale gli può essere richiesto di "adottare misure correttive volte a evitare ogni problema futuro riguardante il finanziamento sul mercato”. Inoltre l’art.14 del trattato del MES stabilisce che “il suo Consiglio di Amministrazione adotterà direttive particolareggiate inerenti alla modalità di applicazione” dopo che la domanda sia stata avanzata, e che il paese debitore sarà sottoposto a sorveglianza post-programma sui suoi conti pubblici sino alla restituzione del 75% dell'importo dovuto.
Tradotto in italiano, vuole dire che la maggioranza degli altri governi (cioè del Consiglio di Amministrazione del MES) sorveglierà il governo che chiede questo prestito ed emetterà direttive che il governo dovrebbe seguire. Ci sono quindi motivi seri per evitare questi programmi di assistenza, ma purtroppo l’Italia è in una situazione peggiore di altri paesi perché non c’è solo la cosiddetta emergenza sanitaria. Il lockdown e la psicosi della Covid-19 hanno scavato un buco del 9% circa nel PIL italiano secondo le ultime stime, cioè circa 160 miliardi in meno rispetto ad un anno fa e questa botta si aggiunge al calo del PIL avvenuto dal 2008 per cui il reddito procapite italiano è tornato ai livelli del 1994 circa.
Molti non se ne accorgono per ora grazie a cassa integrazione e sussidi vari e alla sospensione di licenziamenti, sfratti, pignoramenti, pagamento di rate, cartelle esattoriali. Anche la parziale paralisi della pubblica amministrazione e dei tribunali contribuiscono a questa sensazione di sospensione, per cui sembra che la caduta del PIL sia solo una statistica e così anche il debito pubblico che arriva a 2,640 miliardi. Se la BCE facesse come la Banca Centrale del Giappone, che ha comprato più di metà dei titoli di stato, per una cifra pari al 140% del PIL giapponese, si starebbe a galla. Ma nella UE si disegnano questi complicati programmi di assistenza con vincoli e condizioni perché non ci si fida degli altri paesi mentre i giapponesi non hanno questo problema.
Qui intanto l’ex-Ilva è chiusa da mesi, Alitalia anche lei “sospesa”. I nuovi contratti di lavoro nel primo semestre 2020 rispetto ai primi sei mesi del 2019 sono: - 235 mila tempo indeterminato,-737 mila a termine, -14 mila in apprendistato, -239 mila stagionali, -220 mila in somministrazione,-172 mila intermittenti. Totale: -1,67 milioni nuovi contratti (INPS, Osservatorio del Precariato). Il disastro economico riguarda per ora i giovani, il lavoro autonomo e molte piccole imprese, ma quando ricominceranno licenziamenti, pignoramenti, sfratti e il pagamento di tasse sospese arriverà a toccare la maggioranza degli italiani.
Dato questo scenario e dato che questi soldi del Mes arrivano in pochi mesi, si può capire perché prenderli non sia del tutto una cattiva idea. Pochi, maledetti e subito.
Va detto però che da un certo fastidio sentir ripetere che i miliardi del MES provengano da un aiuto di altri paesi, perché invece si finanzia con la vendita di titoli sul mercato che costerebbero circa 0% di interessi anche se non ci fosse la garanzia congiunta di altri paesi UE. Questo perché i promotori nostrani del MES dimenticano sempre di dire che questo debito avrà uno “status privilegiato”, cioè va ripagato in caso di default prima degli altri 2,000 mld di BTP, CCT e BOT.
Di solito invece, quando uno Stato si fa fare un prestito o emette dei titoli non ci sono “creditori privilegiati”, che in pratica sono garantiti di essere pagati a scapito degli altri. Dato che i 36 miliardi del MES vanno ridati a rate e in caso di problemi questa piccola cifra annuale andrebbe ripagata per prima, per gli investitori si tratta di un prestito sicuro al100%.
Sarebbe però la stessa cosa se il governo emettesse 36 miliardi di BTP in una giurisdizione tipo Lussemburgo e scrivesse nel contratto che hanno status privilegiato rispetto agli altri 2,000 mld di titoli emessi finora. Il costo di questi BTP “privilegiati” sarebbe 0% o 0,1%, come quello dei 36 miliardi del MES. Una prova di quello che spieghiamo è in questo video
che mostra Bagnai che avanza questa obiezione a Gualtieri in aula. Il Ministro si è messo a fissare il suo cellulare aspettando che un tecnico gli inviasse una risposta sul cellulare, che non è arrivata e Gualtieri non sapendo cosa dire si è messo a parlare di una emissione di BTP in dollari!
Non ha senso dare a questo prestito MES uno “status privilegiato” rispetto ai BTP e su questo bisogna opporsi, ma per il resto è OK prendere intanto questi soldi. In conclusione, nessuno eccetto l’Italia chiede questo prestito, ma data la paralisi e incapacità totale del governo Conte e data la situazione economica che sta per precipitare può essere opportuno accettare questo prestito. La cifra è relativamente modesta, ma utile nella situazione in cui ci troviamo. Il MES è un modo per mettere una pezza nella sanità pubblica, ma essendo soldi vincolati non hanno molto impatto sull’economia anche perché si parla di 150 o 200 miliardi di PIL perso (le stime variano ogni mese per cui bisogna parlare di numeri approssimativi).
I problemi fondamentali dell’economia italiana si risolvono però in altro modo perché sono soprattutto problemi di finanziamento a livello della Banca Centrale e delle Banche. Come proviamo da tempo a sottolineare nei nostri articoli, (vedi qui in luglio su “Libero”) https://paolobecchi.wordpress.com/2020/07/31/perche-indebitarsi-col-mes-e-non-con-le-nostre-banche) l’economia italiana è sottofinanziata, il credito in Italia è la metà che in Francia, Spagna, Portogallo, Irlanda, Olanda. Ma non perché le banche italiane siano messe peggio. In realtà le banche che perdono di più sono quelle tedesche, cosa che si riflette nel fatto che quelle quotate in borsa hanno perso il 96% del loro valore in 20 anni. Gli esempi più clamorosi però sono la Francia, l’ Olanda o la Spagna dove il credito a famiglie e imprese è circa il doppio che in Italia, vedi qui la Francia al 261% del PIL contro l’Italia al 110% del PIL.
Anche la “frugale” Olanda in realtà pompa la sua economia con una montagna di debito o credito privato.
E la Spagna ha meno bisogno di debito pubblico di noi perché da quando c’è l’euro spinge la sua economia con il credito.
Se parliamo dei costi del salvataggio di Monte Paschi, delle banche venete, banca Etruria o la Popolare di Bari come scusa per fatto che in Italia il credito è scarso va ricordato che in realtà, rispetto a quello che è successo negli altri paesi i nostri sono salvataggi modesti. In UK ad esempio solamente Royal Bank of Scotland è costata allo Stato più di 40 miliardi di euro ed è ancora in mano pubblica perché ha perso 130 miliardi di sterline tra il 2008 e il 2018 https://www.bbc.com/news/business-45500384 E così Lloyds che è la terza banca inglese.
Questo sarebbe un discorso lungo, ma le banche italiane nel loro complesso, proprio perché fanno molto meno credito delle altre, alla fine sono quelle che hanno richiesto meno soldi ai bilanci pubblici dopo la crisi del 2008-2011.
Negli altri paesi però i Ministri dell’Economia capiscono che bisogna a tutti i costi far pompare il credito altrimenti l’economia si inceppa, se necessario anche nazionalizzando e sovvenzionando le banche tenendole in mano pubblica per un decennio. Perché se si confronta il credito in Italia con il credito in Francia, Portogallo, Irlanda o Spagna come mostriamo nei grafici, la differenza in % del PIL è molto maggiore di quella del debito pubblico rispetto a quei paesi. In parole povere, se il sistema bancario italiano funzionasse come quello francese o spagnolo e quindi il credito fosse anche da noi non il 110% ma il 200% del PIL, circolerebbero centinaia di miliardi in più.
Prendiamo pure quindi questo prestito di 36 miliardi MES visto che siamo alle strette, ma affrontiamo il problema fondamentale della scarsità di denaro in Italia, perché nel mondo moderno il 90% del denaro che circola viene dal credito e negli altri paesi i governi lo capiscono e non lasciano mai ridurre il credito.
Facciamo un esempio concreto. Lo Stato può evitare di emettere sempre BTP che tra un anno o due, se non sono comprati dalla BCE, possono creare problemi e chiedere un prestito allo 0,1% o 0,2% alle banche italiane, ora piene di soldi grazie all’epidemia che non fa spendere e finanziate al -0,5% dalla BCE. In questo modo, si evita in futuro il problema dello “spread”, perché sui prestiti diretti non ci sono oscillazioni di mercato come sui BTP.
La BCE ha appena allocato tre giorni fa altri 200 miliardi circa alle banche europee a tassi negativi, le paga quindi uno 0,5% perché prestino. Sono cinque anni che le Banche europee ricevono centinaia di miliardi gratis dalla BCE, ma i soldi finiscono quasi tutti in investimenti finanziari. Nel bilancio di Banca Intesa ad esempio i prestiti ad aziende e famiglie sono circa la metà, il resto sono investimenti o cash. Unicredit si è persino messa a giocare in borsa, non sapendo cosa fare di tutta la massa di denaro che la BCE le offre e che le famiglie con il lockdown hanno tenuto nei conti correnti.
Unicredit, Intesa e le altre banche sono piene di cash, perché accedono al -0,5% ai miliardi della BCE, e perché da marzo hanno prestato molto meno delle altre banche europee, meno di 40 miliardi, contro quasi 170 miliardi delle banche francesi ad esempio e quasi 100 miliardi di quelle tedesche. Come ha scritto anche Draghi nella sua lettera al Financial Times, le banche devono essere uno strumento di politica economica.
Non c’è infatti una vera ragione per la quale lo Stato, a differenza di imprese e famiglie debba finanziarsi solo emettendo titoli sui mercati come i BTP, su cui poi si innesta con future e derivati la speculazione. Per chi non lo sapesse, fino al 1991 non esistevano i BTP e sono stati creati apposta per gli investitori esteri.
Il difetto dei BTP è che anche se lo Stato paga sempre regolarmente, cioè rimborsa i BTP in scadenza senza problemi, il loro valore sui mercati può oscillare del 20% in pochi giorni, come nel 2011 e anche nel 2018 creando i titoli di prima pagina sul Sole24ore e al TG sullo “spread”. Su un normale prestito bancario, scadenza ad esempio cinque anni, se paghi le rate il valore a bilancio non cambia e quindi non c’è problema di “spread” per i prossimi cinque anni.
Dopo aver preso allora questo maledetto prestito del MES, il ministro dell’Economia dovrebbe affrontare il problema delle banche e indurle, di concerto con Bankitalia, a finanziare ad esempio 100 miliardi di deficit addizionale con cui fare investimenti e ridurre le tasse prima che l’economia collassi.