PRESIDENZIALI FATTE A MAGLIE - OBAMA E LA CLINTON CHIEDONO AL LORO POPOLO DI ACCETTARE DONALD TRUMP COME PRESIDENTE. LEI VESTITA CON PARAMENTI FUNEBRI HA COSTRUITO UN DISCORSO NOBILE. MANCA PERĂ’ OGNI AUTOCRITICA PER IL CLAMOROSO FALLIMENTO - SONDAGGI TRUCCATI? QUELLI VERITIERI C'ERANO, BISOGNAVA SOLO NON ESSERE ACCECATI DAGLI SCAZZI (ALIMENTATI DAI MEDIA) CHE NASCONDEVANO I VERI TEMI CHE HANNO DECISO L'ELEZIONE
Maria Giovanna Maglie per Dagospia
Noi ci dilettiamo a chiamarle americanate, ma avercene noi di quei salamelecchi istituzionali del mondo nuovo che devono essere seguiti obbligatoriamente anche a poche ore da uno scontro nel quale schizzava il sangue dei contendenti.
Così ieri pomeriggio con lo shock non ha ancora accettato, perché come ha scritto Maureen Dowd sul New York Times tramortito, si tratta di assorbire l'impossibile, Barack Obama dalla Casa Bianca insieme a Joe Biden, e Hillary Clinton con tutta la Sacra Famiglia a New York hanno chiesto a loro popolo di accettare Donald Trump come presidente ammettendo che il loro disperato tentativo di far diventare lei una sorta di prosecuzione dei due mandati di Barack Obama è fallito, come è fallita la pretesa di eleggere la prima donna presidente degli Stati Uniti.
Poche parole da Barack Obama che ha ricordato i molti punti di frizione e divergenza tra lui e Donald Trump ma si è rifatto all'esempio precedente dei Bush che accolsero lui appena eletto nel 2008 con grande enfasi formale e sostanziale nonostante gli abissi di opinioni che li dividevano. Domani sarà tutta da vedere la prima visita di Trump a 1600 Pennsylvania Avenue, dove andrà a vivere perlomeno per 4 anni e dove già aveva detto che in caso di sconfitta avrebbe costruito uno dei suoi lussuosi alberghi per andarci comunque.
Il clima tra la folla che ha atteso Hillary Clinton praticamente per un giorno, perché ci ha messo un giorno presentarsi e riprendersi e rendersi presentabile, era davvero funereo, anche perché tanto la candidata trombata quanto suo marito Bill indossavano un colore viola tra cravatta e giacca che pareva un paramento funebre. Il discorso della Clinton è anche apparso a tutti gli effetti come un addio alla politica attiva e all'impegno di una vita nella quale, ha detto, successi e sconfitte si sono alternati, lei si è abituata e per questo ha invitato le donne che vogliono farcela e affermarsi ad abituarsi allo stesso modo.
Non ha nascosto il dolore e la ferita aperta che durerà a lungo ma ha costruito un discorso molto nobile sul predominio dell'amore per il paese, sulla necessità di costruire un America piena di speranza, col cuore grande, che riesca a tenere dentro tutti. Quando ha detto: Donald Trump sarà il nostro presidente e gli dobbiamo un atteggiamento disponibile e la concessione della fiducia, è possibile che il cuore si sia fermato.
Obama ha parlato in tandem: non siamo né democratici né repubblicani, per prima cosa siamo americani e siamo patrioti, tutti vogliamo il meglio per il nostro paese. Certo, nelle dichiarazioni dei due, pur generose nella forma, non c'è il minimo cenno di autocritica per il clamoroso fallimento, e visto il vantaggio con cui lei partiva, visto anche il ruolo pesante giocato dal Presidente per convincere a non votare Trump, non è un buon segno del futuro dibattito che stenta ad aprirsi in un Partito Democratico che si ritrova senza presidente, senza maggioranza alla Camera e al Senato, con meno governatori negli Stati. Da domani tocca a quell'altro dimostrare che non è un cialtrone in chief.
Tutti dicono che media e sondaggisti hanno creato insieme un racconto completamente falso sulla campagna presidenziale del 2016. È vero che l'argomento principale dei media ha girato intorno alla presentabilità del controverso candidato Donald Trump ed è vero che giornali molto importanti ed emittenti tv molto seguite, soprattutto New York Times Washington Post CNN ed ABC, hanno raccontato già da un mese fa che la candidata democratica aveva praticamente la vittoria in tasca.
Io però ho sempre seguito tre rilevazioni che sempre hanno mostrato che la gara era un testa a testa: il Los Angeles Times, Rasmussen reports e IBD/TIPP. Quindi gli strumenti c'erano. Tuttavia la maggior parte degli elettori ritenevano che la elezione sarebbe stata decisa proprio sulle controversie che circondavano i candidati presidenziali e non sulle famose issues, i punti rilevanti del programma.
E come dice denunciandole oggi proprio Rasmussen reports, quelle controversie, così la pensano gli elettori, le hanno create i media e non i candidati, i quali le hanno poi solamente cavalcate, e quelle controverse hanno imposto gli argomenti all'agenda della campagna presidenziale, e a quelle controversie piuttosto che alle issues, i media hanno dimostrato di essere interessati.
Brutto affare, che non sarà superato facilmente, quale che sia l'atteggiamento che da oggi è stato assunto da quegli stessi media, ovvero far finta di niente oppure cercare di sminuire la portata della vittoria straordinaria di Donald Trump.
A quanto pare in realtà agli elettori dei difetti privati del candidato a presidente non gliene importa niente, e piuttosto interessano le pubbliche virtù. Il 62% degli elettori ieri ha ribadito che la cosa importante sono le specifiche proposte politiche, e venendo a quelle, la verità è che Donald Trump ha sempre avuto un vantaggio sulla Clinton. Vediamo i punti, visto che una parte di questi punti ha costituito per più di un anno il racconto della impresentabilità di quello che oggi è il quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti d'America. Obamacare.
La maggior parte degli elettori è stata contraria da quando i democratici nel marzo del 2010 l'hanno approvata e fatta diventare legge. Questa opinione è diventata negli anni più forte e la scorsa settimana il 70% chiedeva che sia cancellata, mentre più del 90 chiedeva dei cambiamenti sostanziali perché il peso non ricadesse sui cittadini e sui piccoli imprenditori. Immigrazione illegale.
Clinton è stata un campione dell'amnistia e della possibilità di far entrare molti più immigrati legali nel Paese ma la maggioranza degli elettori per anni ha risposto in tutti i sondaggi di volere più espulsioni e confini più sicuri. L'economia. Solo un mese fa il 63% degli elettori si è dichiarato convinto che l'economia americana sia scorretta e danneggi la classe media, eppure i piani della Clinton erano di continuare le politiche economiche attuali. Tax and spend.
Ovvero la pratica antica del Partito Democratico di alzare le tasse e favorire la spesa pubblica. La maggior parte degli elettori ha chiesto invece in tutti i sondaggi tasse più basse e meno governo, come promesso da Donald Trump mentre Hillary Clinton parlava addirittura di aumentarle tutte e due. Libero commercio. Gli elettori sono ormai da anni scettici soprattutto nei confronti di nuove trattati come il TPP il trans Pacific partnership che la Clinton ha contribuito a mettere in piedi e negoziare.
È vero che negli ultimi mesi di campagna elettorale la candidata democratica aveva sostenuto che l'avrebbe invece ripudiato ma il suo candidato vice, Tim Kaine prometteva invece in giro che tutto sarebbe rimasto immutato a elezione avvenuta. Sicurezza nazionale. La famosa frase “terrorismo islamico radicale” che Barack Obama ha proibito venisse usata anche dopo cruenti attentati terroristici, frase che Hillary Clinton si è adattata quindi a non utilizzare, non ha risposto mai alla realtà per la maggioranza degli elettori che con il terrorismo si ritengono in guerra.
E che sono certi che l'America non sia più il posto sicuro che era o che loro sentivano essere. Guerra con la polizia. Trump ha invocato law and order, secondo la lezione dura di Rudy Giuliani. La Clinton con questo ha polemizzato è attaccato i poliziotti razzisti, ci sono state violenze in molte città nelle quali la sensazione è stata che la Clinton fosse dalla parte dei manifestanti e Trump dalla parte della polizia.
Poi però viene fuori che solo il 14% degli americani credono che le morti che riguardano manifestanti e polizia avvengono per colpa di poliziotti, e anche che il 72% è soddisfatto del lavoro che fanno gli organi di polizia nell'aria in cui vivono. Alla fine della campagna veniva fuori che soltanto il 30% degli elettori sentivano che il paese si sta avviando verso una giusta direzione, che per il 72% certo gli Stati Uniti sono ormai un paese diviso più di quanto non fosse 4 anni fa, e che il 60% pensa che dopo 8 anni con il primo presidente nero le relazioni tra le razze siano peggiorate.
Alla fine della campagna gli elettori si aspettavano che Hillary Clinton avrebbe costituito il famoso terzo mandato di Obama è che Trump in qualche modo avrebbe cambiato le cose. Un altro dato dimenticato. Ovvero che Trump non è mai apparso come il vero candidato repubblicano ma come un candidato indipendente e quindi ha scavalcato il disappunto di tanti repubblicani verso il leader del partito piazzati a Washington, dei quali buona parte dei cittadini pensa che non facciano niente, opinione condivisa dagli indipendenti.
Per quegli elettori che i media stessero dalla parte di Hillary Clinton e che la aiutassero era un dato scontato e la maggior parte di loro si è sentito più infastidito dalla vicenda delle mail che non dai presunti scandali sessuali di Trump. Alla fine delle fiere issues matter, quel che conta sono le proposte. Dal 20 gennaio anche le azioni concrete. Vediamo nei prossimi giorni chi entrerà nel governo.