PRESIDENZIALI FATTE A MAGLIE - OBAMA PINOCCHIO DICE DI NON SAPERE NULLA DI QUELLE MAIL DIETRO PSEUDONIMO INVIATE ALLA CLINTON E FATTE SPARIRE DALL'INCHIESTA DELL'FBI - LA VERITà è CHE SE HILLARY VINCE LE ELEZIONI, LO SCANDALO DELLE EMAIL POTREBBE SCOPPIARE UNA SETTIMANA DOPO, VISTO IL TENORE DELLE ULTIME RIVELAZIONI. IGNORATE DAI MEDIA, CHE PENSANO SOLO A PORNOSTAR PALPEGGIATE
Maria Giovanna Maglie per Dagospia
Mai saputo di quelle mail, dice Obama Pinocchio, e gli cresce il naso, visto che non solo le conosceva, le usava pure, chissà per dirsi che cosa con il suo allora segretario di Stato, a campagna disastrosa della Libia appena finita. Contano solo culi tastati di pornostar suscettibili e di aspiranti Miss Universo che in realtà avevano la vocazione da suora, oppure nella corsa al nuovo presidente americano la plateale bugia del presidente in carica in combutta col candidato democratico, rivelata senza tema di dubbi e smentite a 13 giorni dal voto, può finalmente diventare uno scandalo?
Se non è questa una smoking gun vuol dire che può succedere qualunque cosa, ma forse la verità è che le elezioni del 2016 sono piene di scandali, imbrogli, conflitti di interesse e menzogna, soprattutto menzogne, che gli hackers hanno provveduto a rivelare, chiunque sia il loro datore di lavoro, e che i conti si faranno dopo l'8 novembre, quando sarà tardi.
Gli articoli che andiamo pubblicando su questo sito da più di un anno sulle elezioni americane la storia l'hanno già annunciata più di una volta, il presidente non solo sapeva ma come testimoniato dietro garanzia di immunità da stretti collaboratori della Clinton come Huma Abedin, usava uno pseudonimo per comunicare con lei; però le ultime mail rivelate da Wikileaks non lasciano spazio a interpretazioni di comodo.
Prendiamo la notizia dal New York Times che si è speso fino alla isteria in favore di Hillary Clinton e contro Donald Trump, arricchendola con un articolo inchiesta di The Wall Street Journal, giornale certamente di proprietà di Rupert Murdoch, che sta con Trump, ma soprattutto giornale della finanza che ha scelto fin dall'inizio la candidata democratica.
Questi democratici si scrivono come dei forsennati e hanno il vizio di parlare fin troppo chiaro di cose fin troppo sporche. Nelle mail dei dirigenti che riguardano la Clinton due sono gli elementi dominanti: come favorirla sfacciatamente nella gara interna delle primarie azzoppando Bernie Sanders, e come coprire lo scandalo della corrispondenza durante il periodo da segretario di Stato, illegalmente transitata dai server ufficiali a server privati e non sicuri, poi in parte distrutta in parte con ritardo consegnata alle autorità, infine oggetto di inchieste del Congresso e del Federal Bureau of Investigation.
Durante l'intera indagine Hillary Clinton si è comportata alternando una straordinaria leggerezza a una arrogante sicumera, moltiplicando il non ricordo, non so, credevo di poterlo fare, mentendo sul grado di riservatezza delle mail stornate e poi distrutte, insomma facendo un gigantesco pasticcio certo non degno di un candidato a presidente degli Stati Uniti.
Solo leggerezza e inaffidabilità sia pur gravissime ha infine riscontrato il Federal Bureau of Investigation. Barack Obama, in una intervista alla Cbs News del marzo 2015, quando la vicenda delle mail era stata appena scoperta, a domanda rispose di aver saputo dell'intera faccenda come chiunque altro dai giornali e dalle tv. Non era vero, tanto che gli uomini della candidata democratica si scambiano mail sulla necessità di ripulire il tutto; e viene anche fuori che il numero due dell' FBI, colui che ha condotto l'inchiesta, è stato ricompensato con una importante candidatura a vice governatore della sua signora.
Quelle mail non sono solo piene di giudizi personali anche molto imbarazzanti sui personaggi più in vista del Paese, contengono anche informazioni rilevanti su finanziamenti disinvolti alla Fondazione Clinton e alla campagna della candidata, rivelano una notevole disinvoltura i metodi e mezzi ampiamente utilizzata ai dirigenti del partito dallo staff della candidata, ma soprattutto sono le mail che mancano, come un buco in una trama, a spaventare i protagonisti.
Sono le mail dei giorni della strage di Bengasi in Libia, quando furono ignorate 600 richieste di aiuto dell'ambasciatore Chris Stevens e delle sue guardie del corpo, poi massacrati dai terroristi e trascinati per le vie della città come macabre marionette in trionfo. Il segretario di Stato conosceva perfettamente la situazione e sapeva che per mantenere il controllo della zona era necessario inviare truppe dell'Esercito a rinforzo, ma nel settembre del 2012 la rielezione di Barack Obama non era così sicura, e non andava sporcata l'immagine fasulla del trionfo in Libia.
Che cosa sapeva Barack Obama? Intanto sapeva dell'esistenza del server privato e ha mentito spudoratamente. Il giornalista della CBS, Bill Plante, che gli faceva la domanda rispose: “La politica della mia Amministrazione è incoraggiare la trasparenza, ed è per questo che le mie mail nel Blackberry che mi porto dietro sono tutte disponibili e archiviate”.
Più che archiviate le mail tra Obama e la Clinton sono nascoste. Il Dipartimento di Stato citando i privilegi di comunicazione del presidente si è rifiutato di consegnarle. Scrive Cherry Mills, un top aide, a John Podesta, manager capo della campagna Clinton, e vecchio collaboratore di famiglia: "dobbiamo assolutamente ripulire le lettere che ha scritto Obama non sono lettere fra Sato e Governo”.
In un'altra mail Podestà dice a Mills: “dobbiamo mettere da parte le mail al e dal Presidente? E’ il cuore dei suoi privilegi esecutivi, ma si potrebbe arrivare al punto che le chiedano, potrebbero non preoccuparsene ma potrebbero anche farlo”. La risposta di Mills non c’è.
Finora l'unica reazione della Casa Bianca sono alcune frasi stizzite del portavoce su un tentativo insensato di tirare in una polemica il presidente. Certo è che per sciogliere qualsiasi nodo sarebbe sufficiente che il Dipartimento di Stato rivelasse che cosa si sono detti il presidente, la Clinton, e suoi collaboratori. Certo se il FBI si fosse comportato così con Richard Nixon, non ci sarebbe stato alcun Watergate né dimissioni presidenziali ma in questo caso il Federal Bureau of Investigation aveva degli interessi del genere tengo famiglia a giustificare il double standard platealmente utilizzato.
Lo scrive il Wall Street Journal che decreta che Hillary Clinton potrà anche vincere le elezioni nel giro di due settimane ma il modo in cui avrà vinto la perseguiterà alla Casa Bianca, perché sempre più emergono prove che l'inchiesta dell' FBI sulle sue mail sia stata influenzata da un comportamento scorretto e da favoritismi politici.
Succede che il governatore della Virginia Terry McAuliffe, vecchio amico di Hillary e Bill, ha messo un sacco di soldi nella campagna della moglie del numero 2 dell' FBI, Andrew Mc Cabe, per l'esattezza 675000 dollari, un terzo di quanto ha speso in tutto la signora Jill per una campagna di elezione del 2015 al Senato; è andata male, ha vinto il repubblicano, ma certo il finanziamento è arrivato due mesi dopo che il marito aveva preso in mano l'inchiesta sulle mail.
Non che la gente avesse mai pensato a un'inchiesta pulita; venerdì scorso Rasmussen report ha fatto proprio su questo un sondaggio la cui risposta è che il 39% dei probabili elettori era d'accordo con la decisione del Fbi di non incriminare Hillary Clinton ma il 53% no Conta qualcosa tutto ciò? Probabilmente no, il cattivo è Trump, che attraversa impeversando lo Stato chiave della Florida.
La media dei sondaggi di Realclearpolitics oggi dà la Clinton al 45,1 e Trump al 40, 4, una differenza di 4, 7, con il libertario Johnson al 5,8 e la verde Stein al 2 . Non c'è grande omogeneità nei sondaggi: per Rasmussen c'è solo 1 punto di differenza, per la Reuters 4,per CNN 5, per ABC News 9.