PRIMARIE FATTE A MAGLIE - SE LA CLINTON PERDE PURE OGGI IN KENTUCKY E OREGON, COME FAREMO A DIRE CHE VINCE? QUESTO SI CHIEDONO I GIORNALI LIBERAL. MA LA COLPA È DEL SISTEMA DEI DEMOCRATICI, LO STESSO CHE FECE VINCERE OBAMA E RELEGÒ LA CLINTON A FARE IL RUOLO DI SANDERS - L'EFFETTO SCOOP DELL'ARTICOLO DEL 'TIMES' SULLE DONNE DI TRUMP (RAGAZZI, CHE FLOP!) SI È ESAURITO IN 24 ORE
Maria Giovanna Maglie per Dagospia
Oggi è giorno di sfida democratica, Kentucky e Oregon, 135 delegati, mentre i repubblicani ne hanno in palio solo 28 in Oregon. Perciò esaurito in meno di ventiquattr'ore l'effetto scoop dell'inchiesta del New York Times su Trump e le donne (ragazzi che flop!), curiosità come al circo sulla ennesima iniziativa di Mitt Romney che tenta di inventarsi un terzo candidato indipendente, evidentemente in aiuto alla Clinton ma anche a rischio di ribellione dello stesso vertice repubblicano ormai rassegnato a Trump, gli occhi sono puntati su Hillary e i suoi non pochi dolori, Bernie Sanders essendo la vera spina nel fianco.
Glielo scrivono, e se lo domandano, giornali palesemente amici, il solito Washington Post delle elites della capitale federale, ma anche il Los Angeles Times, pericoloso perché si avvicina il 7 giugno con le primarie gigantesche della California. Titolone: se continua a perdere com'è che diciamo che vincerà?
Però sarebbe ingiusto accusare la Clinton, a parte le considerazioni sul fatto che come cavallo vincente ne hanno scelto uno zoppo e mezzo cieco, perché il merito o la colpa è del sistema delle primarie democratiche, che oggi fa per lei quel che nel 2008 fece per Barack Obama, con lei allora nella parte che oggi è di Bernie Sanders. E' il proporzionale bellezza, per tacere dello scandalo dei superdelegati.
I suoi attuali delegati sono 2240 delegati contro i 1473 di Sanders, solo 143 sotto il numero legale necessario alla convention, 2383. Può nelle prossime dieci primarie rimaste l'inseguitore colmare questa grande differenza? Il LAT trova una metafora ardita: teoricamente si, come è possibile arrivare in auto da Los Angeles a San Francisco in meno di due ore, guidando fissi a 200 miglia l'ora.
Scontri frontali a parte, il limite di tolleranza della velocità oltre il quale ti carcerano è 75 miglia, 120 km , tanto per spiegare che trattasi di impresa disperata, nel senso che Sanders dovrebbe prendersi il novanta per cento dei delegati ancora da assegnare, e il sistema non lo permette perché assegna i numeri con il proporzionale. La settimana scorsa Sanders ha vinto in West Virginia, 51 a 36 per cento, con il risultato di 18 delegati contro 11 alla Clinton, ben magro bottino; gli otto super delegati sono andati 1 a lui, 7 a lei.
Alla fine ha vinto un solo delegato in più, davvero molto rumore per nulla. I super delegati comprendono i dirigenti del partito dello Stato, attivisti vip, governatori, ex presidenti, deputati e senatori, insomma una roba vergognosa, altro che partito democratico, egualitario e contro le elites. Scrive il LAT: soffrono di impulsi contrapposti, vorrebbero essere un modello di inclusione, ma vogliono vincere le elezioni a modo loro, riequilibrando la volontà popolare con la presunta saggezza dei politici. I quali possono votare chi gli pare, questa volta stanno con Hillary 540 a 40.
Otto anni fa quando era nelle condizioni di Sanders, anzi aveva più voti, la Clinton si piegò alla volontà del vertice, si ritirò invece di dar battaglia e appoggiò il prescelto Obama. Oggi Sanders, che è il più anziano nella contesa, che è un vero outsider, ed un cavallo pazzo, non fa la stessa cosa, e a ogni vittoria, a ogni raduno di folla, segnala che il sistema non va, che il processo di selezione dei repubblicani - proporzionale fino a un certo punto, poi il vincitore prende tutto, e pochi super delegati - è molto più corretto e rispettoso degli elettori .
Alle crescenti pressioni il senatore del Vermont risponde che se riesce a vincere la California, lui e Hillary Clinton, ma soprattutto lui e il vertice del partito, se la vedranno alla convention, e che i super delegati saranno costretti a scegliere lui. Non è vero, ma è lo stesso un bel casino, e non è fantastico che rischi di materializzarsi a Filadelfia quel che per mesi giornali e tv del mondo hanno scritto che sarebbe successo a Cleveland durante la convention repubblicana? Brokered, contested, comunque farlocca.
I sondaggi sono prematuri ma fanno comunque paura. L'ultimo di Msnbc con Monkey segnala che in una sola settimana Donald Trump ha recuperato due punti di svantaggio, e ora stanno 45 lui 48 lei. I sondaggisti segnalano alla candidata e al Comitato elettorale del partito i punti fatali di debolezza come vengono percepiti da elettori democratici: non piace alle donne giovani, non è considerata affidabile, non è gradevole, ha uno stile opaco, poco brillante, quando è sul pezzo, nelle performance pubbliche. Soprattutto è lo stereotipo del candidato tradizionale, convenzionale, nell'anno non convenzionale, l'anno dei rinnegati.
Perciò si lavora per renderla più dolce, compassionevole, morbida, e conoscendo Hillary Clinton, nel bene e nel male, è impresa assai ardua. Nel suo staff, lo scrive l'amico Washington Post, c'è apprensione, la ritengono tuttora più forte di Trump, ma non imbattibile. Il fatto è che piace a un numero di americani perfino inferiore a quello di inizio campagna, e ancora non sono state messe in conto le obiezioni ragionate degli elettori più informati, i maschi bianchi.
I quali intendono nei prossimi mesi capire le cifre e la destinazione del denaro della fondazione di famiglia; la storia delle mail finite nella posta privata e mai rivelate quando era segretario di Stato; l'affare sporco di Bengasi, Libia, l'ambasciatore e tre militari americani massacrati da terroristi con i quali apparentemente la Clinton aveva fatto stringere un'alleanza durante la sciagurata campagna per far fuori Gheddafi.
Undici ore di testimonianza resa al Congresso, e una parziale autocritica, non hanno evidentemente dissipato i dubbi di una incapacità micidiale nel ruolo, e se gli avversari repubblicani, finora deboli con la Clinton perché facevano la guerra a Trump, dovessero cominciare a insinuare, magari trovare qualche carta, che non è solo antipatica, è unfit to lead, diventa un guaio vero.
Hillary Clinton si è già giocata la carta Bill, dichiarando che se eletta, gli darà un posto importante per rivitalizzare l'economia. E' una carta forte ma presenta numerose incognite e qualche controindicazione. Non si capisce chi vorrebbe fare da vice presidente a una coppia simile, con un first husband come l'ex presidente. La figura brillante di Bill Clinton metterebbe ancor più di quanto già non faccia in luce l'inferiorità di lei: già ora arriva ai comizi e parla a braccio, ammicca, ride, fa le smorfie, sfotte Obama, e la folla impazzisce, poi parla lei su testo rigorosamente scritto e l'atmosfera si smoscia.
L'annuncio che l'economia andrebbe rivitalizzata suona come sconfessione di quelli che Obama, la Casa Bianca, il Partito Democratico, presentano come successi già ottenuti, crisi già invertita. Inoltre l'ex presidente è tuttora popolare e amatissimo, ma la situazione non è certo più quella dei suoi due mandati, l'età dell'oro, e l'avversario avrebbe gioco facile a ricordare che nella presidenza Clinton sono stati decisi i trattato di libero commercio e i poteri finanziari alle banche che oggi rappresentano la ragione della rabbia dell'elettore medio americano.