PRIMARIE LOW COST, LOW INTEREST - SI VOTA PER IL SEGRETARIO PD. DAI 4,3 MILIONI DEL 2005 AGLI 1,8 MILIONI DEL 2017, OGGI LA SOGLIA PSICOLOGICA È IL MILIONE. ZINGARETTI FAVORITO CON L'INCUBO DELLA VITTORIA DIMEZZATA: SE NON RAGGIUNGE IL 50% DECIDE L'ASSEMBLEA, E SARÀ UN VIETNAM - RENZI PROMETTE (CIAO CORE): ''NON FARÒ GUERRIGLIA AL SEGRETARIO, COME HANNO FATTO A ME'' - CHI STA CON CHI: GENTILONI CON ZINGA, DELRIO CON MARTINA, BOSCHI CON GIACHETTI. CALENDA SCRUTATORE
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1. PD, APPELLI AL VOTO PER PAURA DEL FLOP ZINGARETTI TEME LA VITTORIA DIMEZZATA
Carlo Bertini per ''La Stampa''
Gli appelli si susseguono, «andate a votare», tutti si sgolano per chiamare a raccolta ai gazebo, da Prodi a Veltroni, da Calenda a Bassolino. Financo Renzi, in tour per il suo libro in testa alle classifiche, che invita a votare assicurando che «chiunque vinca non dovrà temere da parte mia alcuna guerriglia come quella che io ho subito». Come a dire che l' unità sarà preservata e non ci sarà il solito bagno di sangue. Ma se ancora qualcosa vale il potere della comunicazione, allora si comprende la critica sollevata dallo staff di Zingaretti contro queste primarie low cost: per le quali il partito avrebbe impegnato, almeno all' inizio - il condizionale è d' obbligo perché non si hanno dati precisi - solo 50 mila euro. Magari spendendo di più, ma questo si saprà a consuntivo.
"Non si promuove l' affluenza"
«Poca pubblicità, radio o social, niente cartelloni, come quelli dell' altra volta alle stazioni», attaccano i seguaci del governatore del Lazio. «Per non dire della composizione dei seggi, che in alcune regioni sono stati tagliati, anche se i costi con l' obolo dei due euro a votante li ripaghi». Insomma, l' accusa neanche tanto velata è che «non è stata promossa l' affluenza per evitare che Nicola vinca di larga misura». E si citano casi come quello di Palermo, dove da 84 comuni coperti con seggi nel 2017 si sarebbe passati a 40. Polemiche a parte, questo evento metterà in campo, dalle otto alle venti, 7000 gazebo in tutta Italia, impegnando migliaia di volontari. Puntando su un target minimo di un milione di votanti.
Conti in crisi e cassintegrati
Ma se l' affluenza sarà uno dei test fondamentali per la legittimazione del segretario eletto, importante quasi quanto la percentuale di vittoria, allora si capisce perché dalle parti del favorito Zingaretti ci sia una certa preoccupazione. Non solo perché meno si spende per la comunicazione e meno gente sa delle primarie. Ma anche perché questo dato è indicativo della crisi finanziaria - ben nota - in cui versa il partito. Per Zingaretti è questo il motivo di massima preoccupazione alla vigilia di una consultazione che potrebbe incoronarlo alla guida del Pd. «Ci preoccupano i conti, la gente in cassa integrazione, le federazioni senza soldi, è questa la parte più delicata da gestire», dicono i suoi uomini.
La lotteria dell' Assemblea
Ma ovviamente l' ansia della vigilia, in casa del favorito, si concentra sul risultato: che stasera potrebbe fotografare una condizione di debolezza del vincitore. In parole povere, se un candidato prende più del 53,5% dei voti è matematicamente eletto dai gazebo, se prende meno, è ostaggio dei mille delegati della nuova Assemblea nazionale: convocata il 17 marzo, con tutte le incognite del caso. Dai congressi dei circoli, dove hanno votato gli iscritti, sono usciti vincenti - sui sei candidati della partenza - Nicola Zingaretti, Maurizio Martina e Roberto Giachetti, che hanno ottenuto il 47,95%, il 36,53% e l' 11,23% sui 189.023 tesserati che hanno votato (il 50,43% dei 374.786 iscritti).
A Zingaretti, che i sondaggi danno favorito tra il 55-60%, solo una percentuale del 53,5% nei gazebo, garantisce la certezza di poter avere in Assemblea il 51% dei delegati, necessario per ottenere la proclamazione a segretario. E questo per un complesso meccanismo del congresso Pd, in cui si contano i voti assoluti ma anche i resti, collegio per collegio, tanto da non far corrispondere per forza le percentuali dei voti con quelle di delegati. E nel caso di una vittoria dimezzata, da domani al 17 marzo si aprirà la lotteria delle trattative tra mozioni: Zingaretti sarebbe costretto a fare accordi con quelli di Martina, ovvero con Orfini e i renziani Lotti e Guerini per strappare i voti indispensabili all' elezione. Accordi che passano necessariamente da concessione di posti nel gruppo dirigente del Pd.
2. PRIMARIE SI VOTA. ECCO CHI STA CON CHI RENZI: «DA ME NESSUNA GUERRIGLIA»
Maria Teresa Meli per il ''Corriere della Sera''
Prima c' è stato l' appello al voto di Prodi, poi quello di Veltroni. E alla fine, proprio alla vigilia delle primarie (per cui si voterà dalle otto di questa mattina alle otto di stasera), sono giunte anche le parole rassicuranti di Renzi.
Senz' altro quelle destinate a incidere di più sulle sorti di un partito, come il Pd, finora dilaniato da lotte intestine.
«Auguri a Martina, Zingaretti, Giachetti - scrive l' ex segretario nella sua Enews - mi fa piacere che tutti e tre abbiano escluso accordi con i Cinque Stelle e ritorni al passato. Chiunque vinca non dovrà temere da parte mia alcuna guerriglia come quella che io ho subito. Anche se vota meno gente dell' altra volta non significa nulla: il Pd è l' unica forza politica che si affida alla democrazia». Due i passaggi importanti di Renzi. Quello in cui depotenzia in anticipo la polemica sull' affluenza: anche se saranno un milione di elettori ad andare a votare, cioè il record storico negativo per un Pd che nel 2007 eleggeva Veltroni con oltre tre milioni e mezzo di voti, non c' è problema. Nessuno punterà a delegittimare il vincitore perché eletto da una platea meno vasta delle volte precedenti.
Il secondo passaggio importante dell' ex segretario è quello in cui, di fatto, assicura al favorito Nicola Zingaretti che lui non lo logorerà dall' interno. Del resto, è veramente questa l' intenzione dell' ex segretario. Anche se il «governatore» del Lazio è sponsorizzato dai suoi nemici, Renzi non gli lavorerà ai fianchi.
Ma questo non vuol dire che l' ex premier, il cui libro si è piazzato al terzo posto nella classifica generale e primo in quella della saggistica, rimarrà dentro il partito. Ogni decisione è rinviata a ottobre quando si capirà come evolve la situazione. Se si andasse alle elezioni tra un anno, infatti, difficilmente potrebbe nascere un nuovo partito, se invece la legislatura proseguisse, allora ci sarebbe lo spazio per un' operazione di questo tipo. Che, comunque, Zingaretti mostra di non temere, perché come ha spiegato nell' intervista al Corriere della Sera , il Pd e l' eventuale nuovo soggetto politico di Renzi sarebbero comunque alleati.
Dunque, per ora il Pd cerca di ritrovare l' unità perduta per affrontare la sfida con il centrodestra. Non a caso ieri Martina e Zingaretti hanno sfilato insieme a Milano. Unità ovviamente non significa unanimismo. Tra gli schieramenti che sostengono i tre candidati le differenze ci sono, come del resto ci sono diverse sensibilità anche all' interno di quelle stesse aree.
Tra gli sponsor di Zingaretti, dentro e fuori il Pd, ci sono Prodi, Letta, Gentiloni, Minniti e Franceschini, ma anche l' ex sindaco di Milano Pisapia, la sinistra interna di Orlando e Cuperlo e quella del vice presidente della regione Lazio Massimiliano Smeriglio, ex di Rifondazione comunista.
Con Martina ci sono i capigruppo del Pd alla Camera e al Senato Graziano Delrio e Andrea Marcucci, e due pezzi da novanta del Pd renziano, cioè Luca Lotti e Lorenzo Guerini. Roberto Giachetti ha invece dalla sua parte l' ala più ortodossa del renzismo: Maria Elena Boschi, Ivan Scalfarotto, Sandro Gozi, Anna Ascani e Luciano Nobili. E ieri, a chiudere la campagna di Giachetti c' era Carlo Calenda, che però non voterà alle primarie, pur avendo deciso di andare al gazebo di piazza del Popolo per fare «il semplice scrutatore» e pubblicizzare il suo manifesto europeista.
Matteo Renzi invece non ha voluto anticipare per chi voterà (anche se alcuni nel Pd ritengono che opterà per Giachetti) però ha promesso che dopo il risultato rivelerà il suo prescelto. Silenzio pure da parte di Walter Veltroni, come da tradizione .