DAGONOTA
PAOLO ARMAROLI - CONTE E MATTARELLA
Mattarella striglierà Conte nei prossimi giorni, intimandogli di non puntare i piedi sui servizi, dunque di cedere sull’autorità delegata e fare marcia indietro sulla fondazione. In fondo, tutto questo baccano gira intorno a due nodi: l’intelligence, appunto, e il mood da padre eterno che Casalino ha trasmesso al suo cliente.
Quest’ultimo aspetto si traduce in una presenza dei partiti a palazzo Chigi. Vedi alla voce vicepremier, che Giuseppi continua a depennare da ogni lista che gli viene presentata. Ma la vera crisi, e questo è il tema che da settimane condividono quasi tutti in Parlamento, la sta aprendo Conte più che Renzi.
È il primo infatti che non ha un voto in Parlamento, è il primo ad essere un leader senza partito. E spetta dunque a Giuseppi capire che se ricopre quel ruolo è solo perché c’è una maggioranza che lo continua a sostenere.
Giuliano Foschini per “la Repubblica”
«Il tempo trascorso è già troppo. Come Partito democratico pensiamo che il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, debba nominare al più presto un'autorità delegata ai Servizi. È necessario per il Paese ma è un atto che va anche a tutela del Presidente del Consiglio».
Enrico Borghi, componente del Copasir, è in questo momento uno dei deputati del Partito democratico con maggiore peso in materia di intelligence. Non è un caso, dunque, che le sue parole siano così chiare. E così nette.
giuseppe conte gennaro vecchione
«Era comprensibile che il presidente in un primo momento, non avendo esperienza, tenesse per sé le deleghe all'intelligence. Ora però quel tempo è terminato e sussistono una serie di condizioni, a livello interno e di politica internazionale, che richiedono che Conte ceda la delega. Così come hanno sempre fatto tutti i presidenti del Consiglio, fatto salvo un periodo breve durante il governo Gentiloni»,
Perché Conte non può tenere per sé la delega ai Servizi?
«Perché l'autorità delegata svolge un'attività di disintermediazione sulla base degli indirizzi che il presidente del consiglio dà: è un ruolo di garanzia. E, ripeto, è una necessità anche a tutela del premier: è necessario che ci sia un'intercapedine tra il suo ruolo e l'attività delle agenzie di sicurezza».
A chi tocca?
«Al Partito democratico. E bisogna farlo in fretta. La scelta dell'autorità delegata non è più rimandabile per almeno tre motivi: serve efficacia e operatività, per rispettare quello che impone la legge, e cioè l'indirizzo del governo e il controllo del Parlamento.
Oggi il premier ha un'agenda così fitta di impegni che non può occuparsi, come invece la situazione meriterebbe, a tempo pieno della sicurezza nazionale. È poi una questione internazionale: i servizi sono della Repubblica e non sono né appannaggio di un partito né di chi governa il Paese. Ecco, il Pd è il partito delle istituzioni, garantisce quell'equilibrio di cui parla la legge.
Infine, è necessaria una garanzia nell'assetto internazionale. Serve un interlocutore che dia garanzie ai nostri alleati principali, Stati Uniti e Unione Europea, in particolare dopo la vittoria di Biden».
Sta dicendo che il premier non dà queste garanzie?
«No, sto dicendo che il Pd è l'interlocutore naturale di questo nuovo corso degli Stati Uniti. E che offre ai nostri interlocutori maggiori certezze rispetto a un premier che non ha esperienza specifica e un sistema di relazioni che si fonda nel tempo».
Avete un nome da proporre al premier?
«No. Tocca a Conte scegliere. Ci sono tante figure. Ma non è una questione di nomi. Bensì di politica e democrazia».
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