PSICODRAMMA AZZURRO - IL CASINO SUL CATASTO PROVOCA UNO SCOSSONE IN “FORZA ITALIA”: BERLUSCONI IL 23 FEBBRAIO IN UNA CENA CON I VERTICI DEL PARTITO AVEVA PROMESSO FEDELTÀ A DRAGHI. GIANNI LETTA AVEVA RAGGIUNTO UN ACCORDO CON "MARIOPIO" SULLA RIFORMA. MA ALLORA PERCHÉ DUE SETTIMANE DOPO I SUOI PARLAMENTARI HANNO VOTATO CON LEGA E FRATELLI D’ITALIA METTENDO A RISCHIO IL GOVERNO? I FORZISTI DRAGHIANI PUNTANO IL DITO CONTRO IL SOLITO DUPLEX FILO-SALVINIANO RONZULLI TAJANI…
-Estratto dell’articolo di Lorenzo De Cicco per “la Repubblica”
(…) Il travaglio maggiore, come detto, si annida nel partito di Berlusconi. Il 23 febbraio, con i vertici azzurri attovagliati a Villa San Martino, il Cav si era detto «contento » del rapporto con Draghi. «Ci sentiamo spesso, il governo va sostenuto, anche perché c'è il Pnrr, fondamentale». Due settimane dopo le truppe di FI sono invischiate nella trincea-catasto, marchiato ieri come «schiforma ». In commissione Finanze alla Camera hanno già votato due volte contro la linea di Palazzo Chigi.
La «contentezza» del Cav, e soprattutto il rapporto saldo col premier rimarcato nel convivio di Arcore, ne escono ammaccati. Tanto che i malumori dentro il partito, da qualche giorno, sono più di un rumore di fondo. E chiunque provi a raccontarli, in aperto contrasto con la linea giudicata troppo «filo-leghista» del tandem Antonio Tajani-Licia Ronzulli, finisce sempre per sintetizzarla così: «Non era quella la linea di Berlusconi, non voleva strappi».
Due settimane fa, al tavolo dell'ex premier, c'erano il coordinatore Tajani, i capigruppo Annamaria Bernini e Paolo Barelli, i ministri azzurri Mara Carfagna, Mariastella Gelmini e Renato Brunetta. Nel menu, tutti i passaggi parlamentari più scivolosi: dall'applicazione della Bolkestein per il comparto balneare alla riforma della giustizia, alla legge delega sul fisco, che comprende l'ormai famoso articolo 6 sugli estimi catastali. La consegna di Berlusconi era chiara: sostegno al governo, lealtà, con margini di «miglioramento». Senza interventi a gamba tesa.
Una linea più «di compromesso», per dirla con Gelmini, più affine alla posizione di Luigi Marattin, il presidente renziano della commissione Finanze, rispetto a quello che è poi andato in scena quando si è iniziato a discutere il testo: cioè l'asse con Lega e FdI, il muro contro il governo.
«Se avessimo rispettato il dettato di Arcore, non sarebbe andatta così», sono convinti gli esponenti vicini all'ala governista. Paolo Barelli, il capogruppo alla Camera, è sicuro invece che la via della mediazione sia stata tentata. «Ma c'è stata un'impuntatura del governo, è evidente. Draghi dice che non aumenteranno le tasse? Fino al 2026 sicuro, poi non sarà così».
«Qualche divisione nel partito in effetti c'è - concede Alessandro Cattaneo, deputato e membro dell'ufficio di presidenza di Forza Italia - Ma la maggior parte dei parlamentari la pensa allo stesso modo. E aggiungo una cosa: quando il testo arriverà in aula, se si pensa di continuare con lo schema 22 a 23, la riforma non passa, va trovato un accordo prima». Anche dentro FI.
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