PSICODRAMMA AL NAZARENO: VOTARE PER RAFFAELE FITTO IN EUROPA O SEGUIRE LE INDICAZIONI DI SANCHEZ? – L’EX MINISTRO ITALIANO SARÀ IL PRIMO VICEPRESIDENTE A ESSERE ESAMINATO DAL PARLAMENTO EUROPEO: I SOCIALISTI, COMANDATI DAL PREMIER SPAGNOLO, SONO ORIENTATI A VOTARE NO. MA A QUEL PUNTO SI SCATENEREBBE LA VENDETTA MELONIANA SULLA IBERICA RIBERA (CHE ARRIVA DOPO) – IL MONITO DEL QUIRINALE, LA MEDIAZIONE DI ELLY SCHLEIN E LA TRAMA SULL’ASSE DEMOCRISTIANO GUERINI-FRANCESCHINI-FITTO
-Estratto dell’articolo di Francesco Verderami per il “Corriere della Sera”
Inizia X Factor in Europa. E con le audizioni dei ministri di von der Leyen, l’Unione vivrà le due settimane più lunghe della sua storia. Perché a cavallo del voto negli Stati Uniti e nel mezzo di due guerre, il Vecchio Continente non reggerebbe una crisi interna al buio.
Eppure regna ancora l’incertezza a Strasburgo, dove tutte le attenzioni sono concentrate sulla data del 12 novembre. È vero che l’Europarlamento comincerà l’esame dei commissari Ue lunedì, ma sarà con il voto sui vice presidenti — la settimana seguente — che si capirà la sorte del governo von der Leyen. E lo si saprà subito. Perché il primo ad essere ascoltato sarà Fitto, che può contare sull’appoggio del Ppe ma incontra al momento l’ostilità dei Verdi e di un pezzo del Pse.
Per superare la prova, ai vice presidenti servirà la maggioranza qualificata delle commissioni parlamentari che li valuteranno. Dunque, numeri alla mano, sarà necessario anche il voto dei Conservatori guidati da Meloni. Ed è chiaro che se il rappresentante italiano venisse bocciato, scatterebbe la rappresaglia contro la socialista spagnola Ribera, penultima nella lista delle audizioni. Così però salterebbe il banco. E chi potrebbe permettersi il caos?
Perciò il voto su Fitto è motivo di un’accesa discussione nel Pse. Nei contatti avuti con le altre cancellerie, a palazzo Chigi si sono resi conto che a minacciare un «esito ordinato» è il premier iberico Sánchez. Nonostante i democratici italiani abbiano la delegazione numericamente più forte a Strasburgo, è grazie a lui che gli spagnoli hanno conquistato la presidenza del gruppo. Ed è sempre Sánchez a gestirne la linea attraverso i suoi rappresentanti. L’atteggiamento dei compagni di Madrid sta sollevando malumori tra i democrat a Roma, dove — secondo fonti autorevoli — «Schlein non sta mandando segnali negativi» su Fitto.
E c’è un motivo per questo atteggiamento. Il giorno prima che von der Leyen annunciasse la sua squadra, il Quirinale volle far sapere con una nota che Mattarella aveva ricevuto il ministro per gli Affari Europei. Quel comunicato ufficiale fu interpretato nel Palazzo come una sollecitazione del capo dello Stato a far quadrato attorno al candidato italiano per la Commissione.
Non è un caso allora se — in prossimità della conta — a Strasburgo alcuni eurodeputati del Pd hanno accompagnato Fitto come una madonna in processione dai compagni più riottosi. Più o meno come aveva fatto Fitto quattro anni fa, quando l’allora capogruppo dei Conservatori si era speso nel suo gruppo perché l’Ecr votasse a favore di Gentiloni, malgrado fosse del Pse.
Durante i colloqui con i socialisti tedeschi e greci, il ministro del governo Meloni avrebbe aperto una breccia nel muro alzato dai colleghi, che avevano esordito dicendo: «Nulla di personale. Il no alla tua vice presidenza è solo di natura politica». Si vedrà...
Intanto, come a Strasburgo, anche a Roma i democratici sono in movimento. Per nulla disponibili ad appiattirsi su posizioni barricadere. Raccontano che nei giorni scorsi, incrociandosi in Transatlantico, due pezzi da novanta del Pd abbiano affrontato l’argomento europeo. «Non possiamo lasciare solo a Sánchez la gestione di questa partita», ha detto senza mezzi termini il presidente del Copasir: «Nel gruppo del Pse dobbiamo contribuire alla costruzione della linea politica. Anche perché sarebbe poi complicato accettare il voto contrario sul vice presidente italiano».
Vabbé che si sentiva profumo d’incenso mentre l’ex diccì Guerini discuteva di un ex diccì come Fitto con un altro ex diccì come Franceschini, secondo il quale «Raffaele ha sangue democristiano ed è il meglio che potesse uscire da quelli della destra». Il nodo per Guerini è però politico: assecondare la bocciatura di Fitto sarebbe una iattura per il Pd, perché «avrebbe un impatto negativo. Mentre con un voto a favore noi mostreremmo la nostra serietà in Europa e saremmo più credibili nelle battaglie di opposizione in Italia». […]