PUTIN ARRUOLA ANCHE L’IRAN – LA RUSSIA, CHE STA CONSUMANDO SCORTE A RITMI INFERNALI, SI SAREBBE RIVOLTA ALL’IRAN PER OTTENERE DRONI DA RICOGNIZIONE E ATTACCO – LA RIVELAZIONE È DELL’INTELLIGENCE USA E DA TEHERAN È ARRIVATA UNA SMENTITA CHE NON ERA UNA VERA SMENTITA – QUELLO CHE È CERTO È CHE I MULLAH IN QUESTI ANNI HANNO SVILUPPATO UN GRANDE ARSENALE DI DRONI, GRANDI E PICCOLI, DEL TIPO KAMIKAZE, QUINDI MISSILI A CORTO, MEDIO E LUNGO RAGGIO…
-Andrea Marinelli e Guido Olimpio per il “Corriere della Sera”
È la lezione di ogni conflitto: i contendenti imparano sul campo, adeguano le tattiche in base ai mutamenti imposti dalle manovre e dall’introduzione di nuove armi.
La Russia, che sta consumando scorte a ritmi infernali, si sarebbe rivolta all’Iran per ottenere droni da ricognizione e attacco. A sostenerlo è il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca Jack Sullivan, rivelazione che arriva alla vigilia del viaggio di Joe Biden in Israele e Golfo Persico. Secondo l’intelligence il regime, insieme ai mezzi, garantirà l’addestramento e chissà che non ne parlino durante l’annunciata visita di Vladimir Putin nel Paese amico con una lunga storia di cooperazione bellica.
Le rivelazioni statunitensi possono corrispondere a tre scenari: potrebbe essere per ora solo un sospetto all’interno di una lotta diplomatica, un po’ come i timori riguardo alla Cina; sono dei contatti iniziali; c’è un progetto, e se si concretizza vedremo presto gli effetti e i rottami.
Le uniche parole ufficiali sono arrivate ieri dal portavoce del ministero degli Esteri iraniano Nasser Kanan: «La storia della cooperazione tra la Repubblica islamica dell’Iran e la Federazione Russa nel campo di alcune nuove tecnologie risale a prima dell’inizio della guerra in Ucraina e recentemente non ci sono stati sviluppi speciali in questa relazione». Una precisazione che non smentisce i contatti.
I mullah in questi anni hanno sviluppato un grande arsenale di droni, grandi e piccoli, del tipo kamikaze, quindi missili a corto, medio e lungo raggio. Sono spesso copie, elaborazioni di modelli stranieri (russi, cinesi, occidentali), creazioni locali. Questi apparati sono stati usati in modo efficace in attacchi contro l’Arabia Saudita, contro navi mercantili israeliane, siti negli Emirati Arabi. La tecnologia è poi stata fornita a milizie sciite nell’intera regione.
Gli invasori potrebbero servirsi degli equipaggiamenti per colpire città e caserme lontane dal fronte, agendo in parallelo ai cruise e agli altri ordigni missilistici sparati quotidianamente: una minaccia multipla per la difesa degli ucraini a corto di mezzi.
I generali del Cremlino studiano come andare oltre l’orizzonte, ma al tempo stesso devono guardarsi alle spalle. E sono ancora le armi a marcare il passo: gli effetti degli Himars, dei lanciarazzi M270 e dei proiettili di precisione dei semoventi PzH continuano a lacerare le retrovie distruggendo depositi. Un alto ufficiale, il generale Artem Nasbulin, sarebbe morto in uno di questi bombardamenti.
I russi sono costretti a disperdere i centri per le munizioni per sottrarli agli attacchi, ma in questo modo affaticano la logistica moltiplicando i trasferimenti con i camion. L’Armata ha continuato poi a usare la rete ferroviaria per la distribuzione, ma così facendo ha esposto al tiro scali e stazioni tramutate in basi temporanee.
Gli ucraini — probabilmente assistiti dall’intelligence occidentale — sanno dove e cosa cercare: gli osservatori hanno notato come, a partire dalla fine di giugno, i «fuochi» delle esplosioni siano stati sempre più in profondità nel territorio in mano ai russi. Che siano gli Himars con il loro raggio di 80 chilometri o altri sistemi è relativo, conta l’esito finale.