QUANDO NON SAI CHE DIRE, ATTACCA RENZI E CALENDA - CONTE ANNUNCIA I SUOI CINQUE VICEPRESIDENTI E CHIUDE A OGNI IPOTESI DI ALLEANZA CON “ITALIA VIVA” E “AZIONE”. MA NON CE N’ERA BISOGNO: PER I DUE LEADER DEL “CENTRINO” L’AVVOCATO DI ALPA È PEGGIO DELLA KRYPTONITE, E HANNO SEMPRE DETTO CHE NON VOGLIONO AVERCI NIENTE A CHE FARE - MA “GIUSEPPI” DOVEVA FAR FINTA DI NON ESSERE IN ROTTA CON GRILLO. PER QUESTO SI È MESSO A ELOGIARE LE RADICI DEL MOVIMENTO (CHE LUI STA TRASFORMANDO NELL’UDEUR)
-Federico Capurso per "la Stampa"
«Il Movimento riparte. Insieme siamo più forti», esulta Giuseppe Conte, annunciando la squadra dei 5 nuovi vicepresidenti M5S, nominati ieri di fronte all'assemblea dei parlamentari grillini. Al suo fianco siederanno la vicepresidente del Senato Paola Taverna, il deputato Michele Gubitosa, la viceministra dello Sviluppo economico Alessandra Todde, l'ex sottosegretario a palazzo Chigi Mario Turco e il vicecapogruppo alla Camera Riccardo Ricciardi. Restano fuori dal vertice invece l'ex ministra Lucia Azzolina e l'ex sindaca di Torino Chiara Appendino, che ha scelto di «dedicarsi alla famiglia».
I nomi scelti da Conte sono stat i comunicati in anticipo a Beppe Grillo con una telefonata per condividere il metodo di scelta, basato - ha spiegato Conte - su «merito e competenza».
Due deputati, due senatori e un membro del governo, dunque, che dovranno contribuire alla costruzione della linea politica e fare da collante tra i gruppi parlamentari e la sala di comando del partito. I nuovi vicepresidenti incassano gli auguri corali di «buona fortuna». Ne avranno bisogno perché la loro prima missione sarà quella di aiutare il leader a sopire i malumori esplosi dopo le amministrative.
Lo stesso Conte, di fronte all'assemblea riunita per analizzare la sconfitta elettorale, lancia solo segnali di distensione. Il primo, il più forte, riguarda l'apertura sul superamento del limite dei due mandati: «Si esprimerà la base», annuncia l'ex premier, sperando così di ammansire gli animi dei big alla seconda legislatura. Specie dopo il risultato «deludente» del voto.
Conte ammette che «non possiamo assolverci», nonostante la fiducia incassata a Napoli, ma richiama alla compattezza: «Non diamo la caccia ai singoli a cui addossare il marchio dei colpevoli. Serve un'assunzione di responsabilità collettiva». Mantenere un equilibrio tra le anime pentastellate è un esercizio complesso. Ma una delle più forti preoccupazioni di Conte è di non essere visto come in rotta con Grillo; una sorta di Rottamatore del vecchio M5S.
Elogia quindi la bontà delle radici grilline e poi mette nel mirino Matteo Renzi e Carlo Calenda, facili nemici: «Non abbiamo nulla a che vedere con persone accecate dall'egolatria e dall'odio politico», dice riferendosi a Renzi. Mentre a Calenda, che «continua a dire che non ci vuole, ricordiamo che nessuno di noi si è mai detto disponibile ad averlo come alleato».
Il confronto con il Pd invece proseguirà, ma in piena «autonomia» e non «in una funzione ancillare», dice rispondendo così a chi, tra le truppe, protesta per l'eccessivo appiattimento sui Dem. Anche il sostegno al governo Draghi «non è un assegno in bianco» e il premier dovrà rispettare le promesse, ricorda il leader M5S, come quella di far ripartire il cashback nel 2022. I risultati elettorali, però, restano lì, pesanti come un macigno.
E quando Conte termina il suo discorso e iniziano gli interventi dei parlamentari, è chiaro a tutti che la fazione dei dissidenti non si è ammorbidita. Colpisce duro l'ex ministro Vincenzo Spadafora: «L'effetto della tua leadership non è stato percepito alle amministrative».
Quella di Napoli poi «non è una vittoria. Ha vinto Manfredi, ma in coalizione siamo in tre». Anche la deputata riminese Giulia Sarti stilla veleno: «Abbiamo dimezzato i consensi in Emilia Romagna correndo dietro al Pd». Insomma, il clima alla Camera resta teso. Ma almeno per una sera, Conte può godersi le felicitazioni per i suoi nuovi vice. E magari, adesso, sentirsi anche meno solo.