QUANDO SERVIVA CONTRO BERLUSCONI, MINEO FU SOSTENUTO A RAINEWS DAL PD, ORA CHE DISOBBEDISCE A PADRON RENZI, LO CACCIANO - CIVATI: “I RENZIANI AVEVANO UN LORO CANDIDATO AL COLLE, CHIAMPARINO, QUANDO IL PARTITO AVEVA SCELTO MARINI. QUELLO ERA DISSENSO STRATEGICO?”


1. LE TRINCEE DI CORRADINO DA TELEKABUL AL SENATO

Filippo Ceccarelli per "La Repubblica"

BERSANI E MINEO ALLA FESTA DEL PD DA YOUDEM

 

«Non posso più uscire di casa - raccontava Corradino Mineo con qualche autocompiacimento - senza che qualcuno mi interrompa, mentre sbircio un giornale o mi occupo del cane, per dirmi con tono imperativo: “Resista!”».

 

Come cambiano le cose, lasciando immutabili le parti e spesso anche i protagonisti. Era l’estate del 2010 e l’invocazione alla resistenza riguardava il direttore di Rainews24, assediato allora dai berlusconiani che a viale Mazzini cercavano in tutti i modi di togliergli la poltrona e - forse anche peggio - la presenza in video.

 

Perché Mineo s’era costruito e poi anche conquistato un suo pubblico di affezionati e non faceva un brutto giornale. Capelli argentati, occhiali a lenti scomponibili negligentemente abbandonati dalle parti del taschino, maglioni anche arditi, «fluorescenti» li definiva la stampa di centrodestra, e poi quella tazza di caffè che sulla scrivania dava il titolo al programma mattutino.

 

Jean Paul Salome e Corradino Mineo

«Caffè rosso», accusavano, «l’ultimo dei curziani», da Sandrino Curzi, storico rappresentante del Pci in Rai; come pure «l’ultima raffica di TeleKabul », che con «TeleNusco» (Tg1) e «TeleCraxi» (Tg2) completava la triade delle culture politiche applicate all’informazione del servizio pubblico, per così dire.

 

Ma Rainews24 è stata davvero un’isola di opposizione, la classica spina nel fianco del governo del Pdl. Per le interviste e soprattutto per le dirette: pure il «No B-day» e addirittura «Rai per una notte» di Santoro aveva mandato in onda. Il vice ministro Romani sosteneva: «Il Tg3 fa danni per 30 minuti, Rainews per 24 ore». A lungo il direttore generale Masi lo pedinò cercando il colpo definitivo. Ora gli voleva mettere al fianco uno dei loro, per esempio Masotti; ora tentava di spedirlo sul satellite. Ma Mineo resisteva, appunto.

h ing19 sandro curzi pietro ingrao ric barenghi

 

La cosa un po’ buffa, oggi, è che proprio il Pd lo difese con energia. Così Franceschini scrisse al presidente della Camera e la Finocchiaro a quello del Senato. Fini e Schifani, a loro volta, si rivolsero al presidente della Vigilanza Zavoli. «Con la rimozione di Mineo - sosteneva l’ex ministro Gentiloni, divenuto acceso renziano - si profila una Rai a pluralismo zero».

 

E Mineo, che nel fortino stava asserragliato dal 2007, restò lì fino al gennaio 2013, quando Bersani gli chiese di correre come capolista al Senato in Sicilia. Diceva in quegli anni, con sospetta modestia, di sentirsi «un palloncino gonfiato dal conflitto d’interessi». Se n’è uscito ieri, dopo l’intemerata cinese di Renzi: « Domine, non sum dignus ». Eppure, diversi elementi possono far credere che stare al centro del dibattito, se non del «futuro» politico dell’Italia, non gli sia poi così dispiaciuto.

 

ANNA FINOCCHIARO PIERLUIGI BERSANI

Ora, la questione del Senato sarà importantissima, anzi decisiva. Ma il punto, forse sottovalutato dal premier e ancor più dai suoi accaldati mandatari, è che i giornalisti, specie quelli televisivi, non solo sono piuttosto bravi a far parlare di sé, ma quando si accorgono di essere loro, «la notizia», si può star certi che la coltivano, la allestiscono e quindi finalmente la somministrano con una cura pari all’alta considerazione politica che hanno di se stessi.

 

In altre parole, le grane sono all’ordine del giorno. Vicedirettore del Tg3, poi corrispondente da Parigi e New York, Mineo ci è abituato, fin da ragazzo. «Vengo da una famiglia di intellettuali siciliani» è l’esordio che si può leggere nel suo sito alla voce «Chi sono». Il nonno, che si chiamava Corradino come lui, è stato un celebre matematico, accademico dei Lincei. Lo zio, Mario Mineo, un grande economista marxista e uomo politico della sinistra rivoluzionaria, anche d’ascendenza trotzkista e dunque ereticale,

fondatore della rivista Praxis.

 

PD FESTEGGIA RENZI SANTO

Corradino il giovane si è fatto le ossa nei gruppi a Palermo. Sempre dall’autobiografia: «Mi ha scelto Luigi Pintor e il mio primo giornale è stato il Manifesto ». Adesso ha 64 anni e una vita abbastanza piena di successi. Pure questo, insieme alle sue rispettabili convinzioni, può averlo spinto ad assumere la figura del bastian contrario o almeno, in sottordine, del guastafeste.

 

Non ha votato il bis di Napolitano, ha votato obtorto collo per Letta, si è opposto, con complicati calcoli, al versare la quota associativa dei parlamentari - lui in verità l’ha definita «il pizzo» - al Pd. Ieri è divenuto ufficialmente una risorsa narrativa. E’ difficile che lo ammetta, ma sarebbe troppo pretenderlo.

 

2. MASSIMO MUCCHETTI: “C’È TROPPA ARROGANZA L’EPURAZIONE NASCONDE LA CONTRORIFORMA”

Giovanna Casadio per "La Repubblica"

 

«C’è arroganza...». Massimo Mucchetti è uno degli autosospesi. Giornalista, senatore dem, dall’inizio della discussione sulle riforme si è schierato per il Senato elettivo.

RENZI TOTTI

 

Mucchetti, lei si è autosospeso per solidarizzare contro la sostituzione di Mineo?

«Sostituzione di Mineo? L’epurazione di Mineo! E c’è stata anche l’epurazione preventiva di Vannino Chiti. Come dire: sono state messe le mani avanti caso mai Chiti si dimettesse da presidente della commissione per le politiche europee e tornasse al suo seggio originario in commissione Affari costituzionali».

 

Ma undici milioni di elettori che vogliono riforme e ammodernamento del paese, come ricorda Renzi, valgono forse più di Mineo e di 13 senatori dissidenti?

«C’è già stato un altro che parlava di otto milioni di baionette... Usare il voto per le europee come un voto a favore della soluzione pasticciata che il ministro Boschi e il premier Renzi propongono per il Senato mentre sono in atto trattative, non vorrei sottobanco, con Forza Italia e la Lega, mi pare una forzatura demagogica.

 

E mi pare che il premier e i suoi colonnelli, personalizzando la polemica contro un singolo senatore o contro anche un manipolo di 14 autosospesi, sparano con il cannone contro una frotta di rondinelle».

Roberto Speranza e Massimo Mucchetti

 

Dopo l’autosospensione è scontro. Siete al muro contro muro?

«No, la nostra è una forma “non violenta “ di protesta contro una misura che lede prima di tutto lo spirito del regolamento del gruppo del Pd».

 

In questo modo vi mettete di traverso alle riforme?

«Questa è volgare propaganda. Noi siamo per le riforme. Ma togliere il diritto di voto ai cittadini sul Senato non è una riforma, ma una controrifoma».

 

Siete il Pd dei veti, delle cattive abitudini, senatore Mucchetti?

«Ma cosa vuol dire, sono battute che non corrispondono alla realtà. Noi abbiamo fatto la proposta di dimezzare il numero dei deputati, è un veto? Intanto siamo in attesa di un chiarimento: con Zanda ci vedremo lunedì».

Massimo Mucchetti

 

3 - TRE PRECISAZIONI IMPORTANTI (ALMENO PER ME) SULLE AUTOSOSPENSIONI DEI SENATORI

Da www.ciwati.it - Il blog di Giuseppe Civati

 

Per prima cosa: i senatori che si sono autosospesi non sono tutti civatiani (che poi spero per loro che ‘civatiano’ non lo sia nessuno). Sono persone autorevoli, che hanno storie molto diverse, che non si fanno ispirare da nessuno se non da se stessi. Con me (nel senso di Civati) condividono il punto politico che in questi mesi abbiamo più volte provato a rappresentare, rispetto alle riforme costituzionali. Sono stati eletti con Bersani candidato, e fanno parte di ‘correnti’ diverse.

 

CONFRONTO SKYTG RENZI CUPERLO CIVATI

In secondo luogo: sorprende che molti, in pochi mesi, siano passati dal dissenso strategico all’ortodossia di partito. Ricordo che quando si trattava di votare il presidente della Repubblica, esisteva addirittura un candidato renziano (Sergio Chiamparino). E ogni cosa che faceva il governo precedente (anche l’attività di alcuni ministri, che sono rimasti tali anche nel successivo esecutivo) era criticabilissima, anzi di più, da tutto e da tutti, sui giornali e sulle televisioni. Comprese le richieste di dimissioni dei ministri, le scelte di fondo, la politica delle alleanze. Tutto quanto. Incessantemente.

 

Terza e ultima considerazione: meno male che non lo hanno ancora eliminato il Senato (che poi, com’è noto, non sarebbe eliminato, ma solo ripensato, nella proposta del governo). Se lo avessero già ‘eliminato’, la figuraccia di ieri sul voto sulla responsabilità civile dei magistrati sarebbe stata irrecuperabile. E dire che al pasticcio si porrà rimedio in Senato, fa un po’ sorridere, in effetti.

CUPERLO RENZI CIVATI