QUANT’È TOSSICA LA MERKEL! - GIULIO SAPELLI: “IN GERMANIA DANNO LEZIONI A TUTTI MA LE LORO BANCHE SONO PIENE DI TITOLI TOSSICI” - L’ECONOMISTA “ERETICO” DEFINISCE IL LIBORGATE “UNA TRUFFA DI SISTEMA CON L’ACCORDO DI PIU’ BANCHE INTERNAZIONALI” - “MI STUPISCO CHE L’ITALIA REGGA ANCORA NONOSTANTE I COLPI INFERTI DA MONTI CHE SEMBRA AVERE TRA I SUOI COMPITI STORICI LA DISTRUZIONE DELL’INDUSTRIA MANIFATTURIERA…”
Rinaldo Gianola per l'Unità
«La crisi finanziaria non è finita, anzi penso che siamo solo all'inizio. Continuerà ancora a lungo. Vedo che in Germania fanno i sostenuti e danno lezioni a tutti, ma prima o poi dovranno fare i conti con gli assett tossici custoditi dalle loro banche». Giulio Sapelli, docente di Storia economica all'Università Statale di Milano, è un uomo di analisi originali, radicata cultura e soprattutto ha una sana vocazione alla polemica e alla provocazione intellettuale.
Nelle sue valutazioni non manca mai un po' di pepe. Tra le vittime preferite ci sono spesso certi suoi colleghi di prestigiose università, compresi «quei professori che sul fondo del Corriere della Sera prendono in prestito il loro ultimo amico di Harvard». Qualche mese fa ha pubblicato un libro severo sul governo dei tecnici, "L'inverno di Monti".
Il nuovo scandalo della finanza mondiale, quello della manipolazione del Libor (il tasso di rifrimento per i prestiti interbancari di Londra), non è una sorpresa, è una specie di naturale prodotto di un sistema che non funziona più, ammesso che abbia mai funzionato. Professor Sapelli, com'è possibile che nella City londinese si possa organizzare un imbroglio planetario sui tassi di interesse?
«Può succedere di tutto. Ma la gravità di questo caso è enorme, ha messo in agitazione, in allarme le cuspidi della finanza mondiale. Il fatto è rilevante anche perchè il governatore della Bank of England, Lord King, ha sempre raccomandato alle banche di alzare il livello di autoregolazione. Invece non è bastato. Evidentemente nessuno è in grado di controllare seriamente migliaia di intermediari. Lo scandalo del Libor è una truffa di sistema non è il singolo operatore mascalzone che cerca di guadagnare qualcosa sui derivati».
Perchè parla di sistema?
«Perchè in questo caso abbiamo l'accordo di più banche internazionali. C'è un gruppo di signori ben pagati e di alto livello professionale che al mattino si telefonano e determinano il Libor. Mentre i cittadini pensano che questo tasso di riferimento così importante possa essere fissato da chissà quale autorità mondiale, con chissà quali capacità tecniche, la realtà è molto più banale. La decisione matura da giudizi approssimativi, interessi di parte, comportamenti opportunistici, per usare un eufemismo».
Eppure gli scandali finanziari si ripetono, sono sempre più gravi. Possibile che non si possa cambiare strada?
«Questo scandalo è molto istruttivo, ma non si impara mai nulla. C'è un sistema di incentivi che lega le retribuzioni di intermediari, banchieri, manager ai risultati conseguiti. Se si possono alterare certi indicatori, se si possono truccare gli affari e i risultati per poter guadagnare di più, allora ci sarà sempre qualcuno pronto ad approfittarne. C'è un aspetto, poi, molto negativo che riguarda la formazione, la cultura, l'istruzione di questi manager. Vengono da famose scuole e università, ma i loro comportamenti richiamano la denuncia di Thorstein Veblen che, tanto tempo fa, lamentava i difetti, le lacune dell'educazione delle classi dirigenti dell'industria e degli affari».
Verrebbe voglia di richiamare un po' di etica, se non fosse un esercizio ormai inutile...
«Le arti e la scienza portano anche malefici e non solo benefici, diceva Rousseau. Queste èlite finanziarie hanno avuto un'educazione sbagliata, anche se hanno frequentato grandi università. E come se fossero stati preparati all'avidità, un insegnamento che mettono in pratica nelle loro professioni».
Sapelli, la nostra Italia se la caverà? Usciremo da questa crisi?
«Mi stupisco che il Paese regga ancora nonostante i colpi inferti dal governo dei tecnici. Monti sembra avere tra i suoi compiti storici la distruzione dell'industria manifatturiera. Ho il grande timore che, come avvenne nell'emergenza del 1992, il governo possa vendere ciò che rimane delle nostre grandi imprese. La cura rischia di essere peggiore del male. Mi consolo guardando la resistenza delle piccole e medie imprese che tengono duro e la responsabilità dei cittadini che vivono momenti molto difficili».
Vede una strada per voltare pagina?
«Sono sempre stato contrario alla separazione tra le banche centrali e l'autorità politica, fin dai tempi del "divorzio" deciso da Beniamino Andreatta. Negli Stati Uniti la Federal Reserve ha il compito di garantire la stabilità ma anche la crescita. E quando devi occuparti della crescita allora diventa indispensabile il confronto, il legame col governo, la politica. In Europa, malgrado i problemi drammatici, si fa fatica a capire il limite della Bce. Nei giorni scorsi il parlamento europeo ha votato una proposta per cambiare a legge che disciplina la banca centrale, ma la Commissione Ue non l'ha nemmeno presa in considerazione».