1. QUANTE MASCHERE INDOSSA MELONI? QUAL È LA VERA IDENTITÀ? DUCETTA O DRAGHETTA? GIORGIA-FAZZOLARI, ASPIRANTE COMPLOTTISTA O GIORGIA-TAJANI, ASPIRANTE STATISTA?
2. LE ELEZIONI EUROPEE S'AVVICINANO E I POTERI FORTI INTERNAZIONALI, VIA "FINANCIAL TIMES", HANNO FESTEGGIATO COSI' IL PRIMO ANNO DEL GOVERNO ITALIANO: “LA LUNA DI MIELE E’ FINITA”
3. UN GIORNO FLIRTA CON URSULA, QUELLO DOPO ALLISCIA IL FILO-PUTINIANO ORBAN E VOX
4. L’ALLEANZA DI SALVINI CON LA FASCIO-SOVRANISTA LE PEN E I NAZISTELLI DI AFD VA DI TRAVERSO A MACRON E SCHOLZ, GLI UNICI CHE POSSONO AIUTARCI SUL PATTO DI STABILITA' E MIGRANTI - L’ESECUTIVO DI DESTRA-CENTRO NON E’ PERCEPITO COME “AFFIDABILE”, UNA TRAGEDIA PER CHI COME NOI HA 2.858 MILIARDI DI DEBITO PUBBLICO - IL POVERO MATTARELLA DEVE SEDARE I TIMORI DI CHI PENSA CHE L’ITALIA FINIRA’ IN UN VICOLO CIECO FINANZIARIO...
DAGOREPORT
La fragorosa bocciatura del “Financial Times” al governo italiano (“La luna di miele è finita”) non è ancora un avviso di sfratto, come avvenne nel 2011 con Silvio Berlusconi quando lo spread il 9 novembre toccò quota 574 punti, ma mostra la crescente diffidenza dei mercati finanziari internazionali verso le oscillazioni politiche del tandem Meloni-Salvini.
La Sora Giorgia e l’ex Truce sono “colpevoli”, agli occhi degli Euro-poteri, di non essere “affidabili”. Di non avere, cioè, quella chiara “identità” europea richiesta ai leader dell’Unione per essere ascoltati a Bruxelles. E non si tratta di pedigree politico, di vecchie nostalgie per il fascismo o di spessore personale. Di pippe al sugo la politica europea è piena, dall’eco-svalvolato Timmermans al lussemburghese Juncker, un bel gonzo da osteria ad alta gradazione etilica.
Quel che i mercati finanziari rimproverano a Giorgia Meloni e a Matteo Salvini sono le rispettive amicizie. Le alleanze su cui intendono costruire il loro potere all’interno dell’Unione europea. La presenza di Marine Le Pen sul pratone di Pontida, alla festa della Lega, ha sconvolto gli osservatori di Bruxelles: la figlia del fu fascistone Jean-Marie è nemica dichiarata dell’”Euro-Sistema”, vuole disarticolare l’Ue tornando alle “patrie”, non ha mai nascosto le simpatie per Vladimir Putin da cui ha anche ricevuto doviziosi finanziamenti per la campagna elettorale.
Vederla ingurgitare salamelle accanto al vice-premier e ministro delle Infrastrutture dei Trasporti del governo italiano è stato un cazzotto al mento per chi si ricorda il Salvini calzante una maglietta inneggiante a Putin e sogna un’Italia vicina allo spirito euro-atlantico, e soprattutto autorevole e responsabile sui conti dello Stato.
Il travaso di bile più copioso l’ha avuto il tenero Emmanuel Macron. Il presidente francese sarà anche un tracotante ego-riferito ma è difficile non comprendere il suo risentimento: gli chiediamo aiuto sui tutti i dossier che contano, dai migranti alla riforma del Patto di Stabilità, e poi il numero due del governo va a braccetto con la sua più tenace avversaria.
Come scrive Aldo Cazzullo oggi sul “Corriere”: “Se tu hai bisogno del presidente francese, e poi invita alla tua manifestazione più importante la rivale del presidente francese, da lui battuto due volte alle due ultime elezioni, è difficile che poi il presidente francese ti dia una mano. Il concetto è talmente intuitivo da far venire il dubbio che Matteo Salvini abbia invitato a Pontida Marine Le Pen proprio per creare qualche problema a Giorgia Meloni”.
E infatti Macron, per dare un calcione a Salvini e a Le Pen, ha spedito a Roma il ministro dell’Interno Darmanin per aprire un dialogo con Giorgia Meloni. Un contro-flirt per mettere all’angolo i due piccioncini sovranisti.
Si registrano mal di pancia anche in Germania. Il barometro dello scontento segna alta pressione dalle parti del cancelliere socialista Scholz e dei popolari della Cdu: come possono fidarsi del governo italiano se Salvini persevera nell’alleanza con i para-nazistelli di Alternative fur Deutschland nell’eurogruppo “Identità e democrazia”? “Neppure l'alleanza con l'estrema destra di Alternative für Deutschland - prosegue Cazzullo - rappresenta il modo migliore per cercare l'aiuto di un cancelliere socialdemocratico”.
Solo l’atlantismo senza limitismo pro-Ucraina ha permesso all’”amerikana’’ Giorgia Meloni il “condono” sui suoi rapporti ingombranti con i neo-franchisti di Vox (ma quando, durante la campagna elettorale per la presidenza degli Stati Uniti, Biden calerà l’asso della fine della guerra in Ucraina, e non avrà più bisogno dell’Italia, darà il benservito alla Ducetta).
La Sora Giorgia si sente assediata e sbrocca col vittimismo: vede complotti, nemici e campagne di odio dietro ogni angolo. Così va avanti barcamenandosi, un giorno sì e l’altro pure, tra alleati inaffidabili e posizioni di comodo.
Il lunedì flirta con Ursula Von der Leyen sui dossier europei, il martedì alliscia a Budapest il filo-putiniano e nemico di Ursula, Viktor Orban, per le sue posizioni estreme su migranti, omosessuali e natalità. E quando trova un momento libero attacca sul piano del Pnrr Mario Draghi, l’unico italiano che conta in Europa, incaricato recentemente da Ursula di rilanciare la competitività della Ue.
Sono manovre di posizionamento in vista delle elezioni europee del giugno prossimo. Ma i sondaggi dicono che lo tsunami nazional-populista non ci sarà. Il partito popolare europeo guidato da Manfred Weber ha riconfermato l’alleanza con socialisti e liberali. E verosimilmente la "Giovanna d’Orco" di Colle Oppio sarà costretta a sostenere la rielezione di von der Leyen, senza che il suo voto risulti determinante.
Risultato: a Bruxelles l’Italia meloniana è emarginata fino all’irrilevanza politica. E quando prova a gonfiare i muscoli e sbattere il pugno sul tavolo, non riesce a portare a casa nessuno dei suoi obiettivi politici su Patto di Stabilità, Mes, emergenza migranti e Pnrr.
E a pochi mesi dalle elezioni europee, i Poteri Forti non riescono più a vedere dove sta e a capire che cosa vuole, e si chiedono: ma quante maschere indossa Giorgia Meloni? Qual è la sua vera identità? S’è convertita all’europeismo ortodosso, resta sovranista anti-sistema o gioca a destabilizzare con i suoi amici euro-puzzoni? Ah, saperlo…
Oggi sul “Foglio”, Gianluca De Rosa mette il dito nella piaga: “Giorgia-Fazzolari o Giorgia-Tajani, aspirante statista? Con che voce parla la presidente del Consiglio Meloni? Con quella assertiva e leggermente complottista del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari o con quella sobria e lungimirante del suo vicepremier forzista? La domanda appare ormai ineludibile.
“E la risposta è che parla con entrambe le voci. All’unisono. Incalzata dal vicepremier leghista Matteo Salvini, pronto a lucrare sulla crisi migratoria tutto il consenso perduto in vista delle europee, Meloni si trova come quei personaggi posseduti dei film, che si tengono la testa, frastornati, e cambiano la voce a seconda della personalità che in quel momento vince temporaneamente la battaglia per il controllo del corpo”.
Le diffidenze internazionali e lo scetticismo crescente rimbalzano al Colle dove un nervosissimo Mattarella passa tutto il giorno al telefono. C’è il rischio che il 31 gennaio il Patto di stabilità torni in vigore così com’è al 3 per cento e ci costringa a una austerità insostenibile. La Mummia sicula, dalle stanze damascate del Quirinale, è costretto a sedare le preoccupazioni di cancellerie, fondi di investimento e banche che non hanno per nulla digerito la mossa peronista di Meloni & Fazzolari sugli extraprofitti bancari che rischia di danneggiare il nostro sistema del credito e di rendere ancora più vulnerabili i nostri istituti.
Quell’oleogramma di Giorgetti è stato precettato dalla Ducetta: alle banche deve spillare 3 miliardi e il ministro dell’Economia non sa come fare. Intanto Tajani prepara emendamenti su emendamenti per neutralizzare il prelievo bancario che fa girare le balle alla famiglia Berlusconi, proprietaria del 30 per cento di Mediolanum.
Il Quirinale deve rassicurare, smussare, appianare sospetti e divergenze per tenere sotto controllo lo scetticismo di chi inizia a pensare che il governo di destra-centro, e con esso l’Italia, finisca in un vicolo cieco economico. Il nostro debito pubblico è arrivato 2.858,6 miliardi di euro. La Bce ha ridotto gli acquisti di titoli italiani, lo spread comincia a volare, e finanziarsi sul mercato per tenere in piedi la baracca dello Stato sarà sempre più indispensabile. Dovremo chiedere ai poteri forti internazionali di darci i loro soldi mettendo sul tavolo la nostra “affidabilità”. Sì, ma quale?
SE INVITI MARINE LE PEN A PONTIDA METTI IN CONTO CHE MACRON NON TI AIUTI
Aldo Cazzullo per il “Corriere della Sera”
Se tu hai bisogno del presidente francese, e poi invita alla tua manifestazione più importante la rivale del presidente francese, da lui battuto due volte alle due ultime elezioni, è difficile che poi il presidente francese ti dia una mano. Il concetto è talmente intuitivo da far venire il dubbio che Matteo Salvini abbia invitato a Pontida Marine Le Pen proprio per creare qualche problema a Giorgia Meloni.
Neppure l'alleanza con l'estrema destra di Alternative für Deutschland rappresenta il modo migliore per cercare l'aiuto di un cancelliere socialdemocratico. Questo proprio perché in politica non esistono buoni e cattivi, ma leader che fanno gli interessi dei propri Paesi. E trovare un accordo con i principali governi europei fa parte dell'interesse nazionale italiano.
IL FT BOCCIA IL GOVERNO MELONI "LA LUNA DI MIELE È FINITA" LO SPREAD VOLA A QUOTA 180
Estratto dell’articolo di Fabrizio Goria per “la Stampa”
«La luna di miele è finita». I mercati finanziari hanno perso la pazienza con il governo Meloni. Il Financial Times evidenzia che qualcosa si è rotto tra Palazzo Chigi e gli investitori internazionali. Del resto, che la situazione fosse in bilico era stato sottolineato dai numerosi report bancari che sono giunti da metà agosto a oggi. Preoccupa la legge di Bilancio, la lenta attuazione del Recovery, così come il decreto legge sugli extraprofitti degli istituti di credito.
Lo spread fra Btp e Bund è in netta risalita, ieri era a 180 punti base ma a fine anno è dato oltre quota 200 a seguito della stretta della Bce sugli acquisti di titoli di Stato. Gli interessi passivi sul debito pubblico supereranno quota 100 miliardi di euro sia nel 2023 sia nel 2024. Uno scenario complicato per Roma, a cui va aggiunta la sfiducia dei mercati.
L'autunno si apre in salita per l'Italia.
L'assenza di Giorgia Meloni al Forum Ambrosetti di Cernobbio, a inizio settembre, si è fatto notare. Anche dal quotidiano britannico che, non senza una punta di sarcasmo, fa notare che la premier era presente al Gran Premio di Formula 1 di Monza. Ma non a Villa d'Este. I banchieri internazionali chiedevano risposte sull'imposta sugli extraprofitti, ma lei si è negata. «C'è stata una rifocalizzazione sull'Italia», ha detto alla testata londinese Filippo Taddei, capo economista per l'Europa meridionale presso Goldman Sachs.
«La gente si chiede dove sta andando il Paese… vogliono assicurarsi che non ci siano più sorprese politiche». Parole che seguono quelle di Citi e Morgan Stanley, che vedono uno spread in costante risalita da qui a fine anno. Troppi i timori sulla sostenibilità del debito pubblico, che è fissato a 2.859 miliardi di euro. Gli effetti delle strette monetarie della Bce non hanno terminato di trasmettersi sull'economia reale. E con il minore supporto di Francoforte, il Tesoro dovrà scendere sul mercato per rifinanziare i propri titoli di Stato.
Con gli attuali tassi, quindi ben più elevati di un anno fa. Uno dei punti caldi riguarda le coperture della Finanziaria. […] La costante, rimarcata dal Ft, è il deterioramento del rapporto fra l'esecutivo e gli investitori. «La luna di miele è terminata», spiega Lorenzo Codogno, capo economista del Ministero dell'Economia e delle Finanze fra il 2006 e il 2015.
E poco importa se per il primo anno Meloni e il suo esecutivo hanno mostrato prudenza di bilancio e un inaspettato europeismo sui conti pubblici. La reprimenda della Bce sulla tassa sull'extragettito degli istituti di credito è stata netta. Il parere legale di Francoforte ha bocciato in toto l'iniziativa, chiedendosi quale fosse «la ratio», visto che il decreto legge era assente di appendici e analisi tali da giustificare la mossa. […]