QUANTO ANCORA L’OCCIDENTE SOSTERRA’ L’UCRAINA? - NEGLI STATI UNITI EMERGONO LE PRIME CREPE: IL 51% DEGLI AMERICANI PENSA CHE GLI USA ABBIANO GIÀ FATTO ABBASTANZA PER L’UCRAINA E TRUMP È PRONTO A CAVALCARE IL MALCONTENTO - LA QUESTIONE CENTRALE POSTA DA DIVERSI PARLAMENTARI AMERICANI A ZELENSKY, È SEMPLICE: SE VOLETE I SOLDI, DOVETE DARCI UNA PROSPETTIVA CHIARA. QUAL È IL PIANO PER LA VITTORIA? QUANDO FINIRÀ LA GUERRA? - ABBIAMO DAVANTI, COME MINIMO, UN ALTRO INVERNO DI GUERRA E LA CRISI DEL GRANO HA SVELATO UN’INATTESA FRAGILITÀ SUL FIANCO EST DELL’UNIONE EUROPEA E DELLA NATO…
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Estratto dell’articolo di Giuseppe Sarcina per il “Corriere della Sera”
Da Washington a Varsavia. Da New York a Ramstein. Gli eventi politico-diplomatici di questa settimana sembrano confermare come stia cambiando l’atmosfera sulla guerra in Ucraina. L’estate era iniziata nel segno di una controffensiva militare che avrebbe dovuto consentire a Volodymyr Zelenski di riconquistare i territori occupati dai russi e indurre, quindi, Vladimir Putin a negoziare. La bella stagione finisce con uno stato d’animo, se così si può dire, di «cauto pessimismo».
[…] Zelensky ha misurato direttamente il grado di scetticismo diffuso nel Congresso. Per il momento è una fronda alimentata dal gruppo dei repubblicani trumpiani. Minoritari alla Camera, marginali al Senato. Tuttavia è un segnale: la luce rossa di un dissenso che spezza l’appoggio unanime della politica americana alla causa ucraina. […] Joe Biden propone ai parlamentari di approvare stanziamenti per 24 miliardi di dollari, di cui 14 per gli armamenti. In totale fanno circa 65 miliardi dall’inizio della guerra: una somma superiore all’insieme dei contributi di tutti gli altri Paesi. […]
Il tema […] è la tenuta nel tempo di un impegno così intenso. Per i numeri: la voce «Ucraina» assorbe già l’8% dell’intero bilancio militare degli Stati Uniti. Per lo sforzo politico: Washington deve mantenere compatto il blocco occidentale, in cui sembrano crescere dubbi e inquietudini. […] se il presidente vuole arginare l’area del dissenso interno, dovrà giustificare in modo sempre più circostanziato ogni dollaro di spesa.
[…] il 51% degli americani pensa che gli Usa abbiano già fatto abbastanza per l’Ucraina; il 48% ritiene che si debba aumentare lo sforzo. […] Trump è pronto a cavare ogni malcontento.
La questione centrale, per altro, posta anche ieri da diversi parlamentari a Zelensky, è apparentemente semplice: se volete i soldi, dovete darci una prospettiva chiara. Qual è il piano per la vittoria? Quando finirà la guerra? È spiacevole dirlo, ma in questo momento non ci sono risposte, come si è capito a Ramstein, in Germania, dove, martedì 19 settembre, si è tenuta la riunione dei 54 Paesi che forniscono armi a Kiev. Come ha ammesso il ministro lussemburghese Francois Bausch, neanche lì «nessuno è stato in grado di prevedere come e quando terminerà il conflitto».
Il numero uno del Pentagono, Lloyd Austin, ha sostenuto che «la controffensiva ucraina fa progressi costanti». L’esercito di Zelensky ha liberato il 54% dei territori occupati. Ma tutto ciò non è sufficiente. Abbiamo davanti, come minimo, un altro inverno di guerra, con alcune mine vaganti da schivare e una speranza da non abbandonare. La crisi del grano ha svelato un’inattesa fragilità sul fianco Est dell’Unione europea e della Nato. Ieri il premier polacco Mateusz Morawiecki ha spiazzato tutti: «Non consegneremo altre armi a Kiev».
Che cosa è successo di così grave? La Commissione europea aveva bloccato per qualche mese il passaggio dei cereali ucraini in Polonia, Ungheria, Slovacchia, Bulgaria e Romania. Era una misura provvisoria, in attesa che Putin accettasse di riaprire le rotte attraverso il Mar Nero. Non è successo. Il 15 settembre Bruxelles ha revocato il divieto. Ne è nato un pasticcio che chiama in causa un po’ tutti: gli ucraini che vendono sui mercati dei Paesi confinanti, anziché proseguire verso destinazioni lontane; gli agricoltori locali indisponibili a qualsiasi compromesso; i funzionari europei incapaci di risolvere la situazione.
Il caso poteva e doveva essere circoscritto, ma in Polonia si vota il 15 ottobre e il partito di governo, il Pis, appare in difficoltà. E allora Morawiecki mette in secondo piano Kiev e la «salvezza della civiltà europea»: precedenza assoluta ai bisogni degli agricoltori, il nerbo della sua base elettorale. […]