QUESTA MAGGIORANZA FA ACQUA DA TUTTE LE PARTI – SCONTRO FRONTALE M5s-LEGA SUL RITORNO ALL’ACQUA PUBBLICA - LA PROPOSTA DI LEGGE DEL M5S ARRIVERÀ IN AULA A MARZO, L' OPPOSIZIONE DELLA LEGA CON UNA RAFFICA DI EMENDAMENTI – I COSTI (ALTISSIMI) DELL’OPERAZIONE: NEL PRIMO ANNO UN SALASSO DA 19-23 MILIARDI

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Paolo Baroni per “la Stampa”

salvini di maio

 

Anche sull' acqua pubblica la Lega ha piantato i suoi paletti.

Smontando pezzo per pezzo la proposta che per la grillina Federica Daga, prima firmataria della legge in discussione alla Camera, rappresenta «la prima e fondamentale stella del Movimento 5 Stelle». In Parlamento il suo «pdl» da fine ottobre ad oggi è andato avanti spedito come un treno. Dieci giorni fa in Commissione ambiente si è concluso il lavoro preliminare e dopo un ampio giro di consultazioni sono stati depositati gli emendamenti.

 

acqua

I "no" pesanti In tutto sono 250: i più pesanti sono quelli che portano la firma della capogruppo della Lega, Elena Lucchini. Che come prima cosa vuole cassare le parole «governo pubblico» dagli obiettivi della riforma,che pertanto si limiterebbe a favorire un governo partecipativo (e non pubblico) del ciclo integrato dell' acqua. E quindi punta ad eliminare le parole «non mercificabili» dalla definizione di acque superficiali e sotterranee assestando così un altro colpo al «pdl» che ha l' ambizione di tradurre in pratica i risultati del referendum del 2011.

 

In tutto sono una trentina le proposte di modifica della Lega ed incidono su tutti i cardini della proposta di riforma grillina, dalle funzioni di indirizzo e controllo (restano le autorità di bacino e spariscono i Consigli di bacino governati dagli enti locali proposte dall' M5s) alle forme di gestione, dall' ambito territoriale ottimale (regionale anziché provinciale) sino alla revoca delle concessioni (via il tetto dei 10 anni e si fissa un periodo minimo di 30), sino ai finanziamenti.

 

matteo salvini luigi di maio

La «legge Daga» dovrebbe approdare in aula a marzo e quindi c' è ancora tempo per cercare una mediazione all' interno della maggioranza dopo che una prima serie di incontri non ha prodotto risultati. «Con la Lega non c' è scontro ma confronto», spiegava nei giorni scorsi il ministro dell' Ambiente Costa ricordando però che il contratto di governo parla chiaro sposando il progetto dell' acqua pubblica.

 

Da questa settimana, salvo sorprese, le varie commissioni di Montecitorio dovrebbero iniziare a vagliare i testi ma al momento non risulta che le eventuali «distonie», come le ha definite Costa, siano state appianate. Federica Daga è ottimista e vede il traguardo vicino («nessun contributo verrà trascurato, ma si va avanti senza esitazioni»), ma si è già capito che anche questa grana dovrà essere sbrogliata direttamente da Di Maio e Salvini.

acqua

 

Tra Lega e 5 Stelle le posizioni sono molto distanti: i pentastellati vogliono tenere unite gestione e l' erogazione del servizio idrico integrato e poi vogliono che sia assegnato esclusivamente ad enti di diritto pubblico. I salviniani invece puntano a lasciare ai vari enti di governo la facoltà di scegliere tra società di capitali (individuate attraverso gare pubbliche), società a capitale misto pubblico privato, soggetti in house. Quindi si cancella la possibilità di finanziare il servizi attingendo alla fiscalità generale, l' istituzione del nuovo fondo per investimenti in questo settore e le nuove regole per la rideterminazione delle tariffe proposte dai 5 Stelle.

Stop anche alla tassa sul Pet Sempre in tema di nuovi fondi messi stop anche al prelievo fiscale nazionale di 1 centesimo di euro per ogni bottiglia di acqua minerale realizzata in pet immessa in commercio ed al prelievo di almeno un miliardo l' anno dal bilancio della Difesa.

 

Insomma, sembra di rivedere il film della Tav o quello sul reddito di cittadinanza ed il rischio di un nuovo corto circuito nella maggioranza è certamente molto alto.

 

2 - GLI ESPERTI: NEL PRIMO ANNO UN SALASSO DA 19-23 MILIARDI

Paolo Baroni per “la Stampa”

 

Salvini Di Maio

Togliere di mezzo Acea, Iren, Hera, A2a e tutte le altre piccole e grandi società o consorzi che oggi gestiscono il business dell' acqua (278 in tutto, con quasi 28mila occupati e un giro d' affari annuo di 7,5 miliardi) come propone la legge in discussione alla Camera non è un' operazione a saldo zero. Il ritorno alla gestione diretta dell' acqua da parte delle pubbliche amministrazioni, con la trasformazione di tutte le attuali gestioni dei servizi idrici in aziende speciali o in altri enti di diritto pubblico, è un' operazione che presenta costi non indifferenti.

 

Tant' è che il progetto di legge Daga prevede di istituire presso il ministero dell' Ambiente un apposito fondo per la ripubblicizzazione dell' acqua. Poi c' è il costo del servizio idrico, ovvero la gestione delle reti, la sua manutenzione e i nuovi investimenti, e per questo la nuova legge introduce un' altra novità: anziché reperire i fondi attraverso il solo sistema delle tariffe, oggi è regolato dall' Arera, l' authority che regola i settori dell' energia, delle reti e dell' Ambiente, si farebbe ricorso alla fiscalità, sia quella generale che specifica, e solo parzialmente alle tariffe.

 

LUIGI DI MAIO MATTEO SALVINI GIUSEPPE CONTE

Le stime I costi? Altissimi. Secondo le stime del Laboratorio servizi pubblici di Ref Ricerche andrebbero previsti 16 miliardi una tantum per indennizzare i gestori uscenti (4-5 miliardi relativi agli investimenti non ancora ammortizzati, conguagli per costi pregressi non ancora recuperati in tariffa, ed eventuali indennizzi per il termine anticipato delle concessioni) e per rimborsare i finanziamenti che hanno acceso per un importo stimato in 10,6 miliardi e che in virtù della loro trasformazione in enti di diritto pubblico farebbero scattare le clausole di risoluzione anticipata dei prestiti. A questo vanno aggiunti circa 7 miliardi di euro l' anno di costi ricorrenti: 5 miliardi di fabbisogno annuo di investimenti per i prossimi 20 anni e 2 miliardi di euro l' anno per garantire il quantitativo minimo vitale di 50 litri d' acqua procapite al giorno.

 

C' è poi una terza voce, legata ai costi di transizione (eventuali contenziosi fiscali, mancate nomine negli organi e bilanci non approvati, scorporo dei rami di aziende delle varie multiutility, contenziosi con personale e sindacati, ecc.) che però il Laboratorio non è in grado di quantificare ma che certamente in prospettiva possono ulteriormente aggravare i costi.

 

federica daga

A conclusioni non molto diverse sono arrivati anche i consulenti di Oxera, società fondata nel 1982 da professori dell' Università di Oxford, che per il primo anno prevede un salasso per i conti pubblici nell' ordine di 18,6-22,5 miliardi di euro, in pratica l' importo di una manovra finanziaria. Si tratta infatti di mettere in conto tra 14,6 e 16,5 miliardi di euro di costi una tantum (compresi 2 miliardi di euro di mancato riconoscimento dei canoni di concessione), e tra 4 e 6 miliardi di euro l' anno di costi di gestione: tra 2,3 e 4,3 per finanziare gli investimenti e 1,7 miliardi per finanziare la quota di consumo minimo vitale.

 

Aumenta il debito Senza contare altri effetti collaterali, a partire dal fatto che l' eventuale debito delle aziende speciali rientrerebbe nel perimetro della pubblica amministrazione aggravando il debito pubblico ed a ruota il relativo costo degli interessi. Mentre il Laboratorio del Ref segnala a sua volta il pericolo che facendo ricorso alla fiscalità generale «si sposta l' onere del finanziamento del servizio idrico dal consumatore/utente al generico contribuente rendendo così i costi in questione meno percepibili e riducendo quindi la trasparenza ed il controllo sociale sulla spesa». Insomma si continuerebbe a perpetrare l' idea che la fornitura di acqua potabile e la depurazione non costa, favorendo così sprechi e comportamenti opportunistici. P. BAR.

contatori acqua