IN QUESTO PARLAMENTO L’UNICA CHE FA UNA COSA DI SINISTRA È GIORGIA MELONI! - LA DUCETTA DI “FRATELLI D’ITALIA” LANCIA UNA MOZIONE CONTRO LE PENSIONI D’ORO MA PD E GRILLINI LA SNOBBANO
Andrea Malaguti per "La Stampa"
«Se questi sono di sinistra io sono Mao Tse Tung». Stupita. Peggio. Amareggiata. Giorgia Meloni, rivoluzionaria-cinese -nera di Fratelli d'Italia sembra volere precipitare in una catacomba contemplativa per dare pace all'anima. Era convinta di avere trovato la chiave per convincere tutti sulla revoca delle pensioni d'oro. Ha convinto solo la Lega Nord.
Un po' poco. Sbarra l'occhio celeste. «Non possiamo più consentire che ci sia gente che prende da trenta e novantamila euro al mese, mentre intere generazioni lavoreranno una vita intera per non avere una pensione decente. Vorrei sapere da Renzi e da Grillo (loro che si proclamano l'anticasta) che cosa pensino di questa scelta».
Questa scelta, allora. Arrivata alla fine di un pomeriggio di liti, piccole rotture, boati e banchi abbandonati platealmente (da un gruppo di Cinque Stelle in dissenso con la proposta del proprio gruppo) al momento di un voto che premia con 310 luci verdi la mozione di maggioranza.
Un testo piuttosto bizzarro che si impegna a «monitorare gli effetti delle misure contenute nella legge di Stabilità 2014, valutando in seguito nuove norme che realizzino maggiore equità, nel rispetto del dettato della Corte Costituzionale». Cioè?
Cioè si va avanti con quanto previsto nella ex finanziaria che indica un contributo di solidarietà per le pensioni più alte: il 6% per la parte eccedente i 90 mila euro annui, che diventa 12% oltre i 128 mila euro e 18% oltre i 193 mila. Però, data l'evidente marginalità dell'intervento, ci si impegna a fare qualcosa di meglio in futuro. Sublime..
«Il Parlamento è una gabbia di matti. Mi chiedo come il M5S e Renzi spiegheranno ai cittadini le mozioni che hanno presentato oggi. I grillini volevano tassare ulteriormente le pensioni minime colpendo chi già non riesce a campare, mentre il Pd propone di prelevare la ridicola cifra di 61 euro a chi ne guadagna in un anno 91 mila», dice il leghista Fedriga.
Che assieme ai colleghi appoggia senza successo l'idea della Meloni: tetto massimo di cinquemila euro netti (dieci volte in più delle pensioni minime) e dai cinquemila euro in su calcolo del dovuto in base al sistema retributivo. «E' giusto che ciascuno guadagni per quello che ha versato. Il problema sono i privilegi».
Teoria interessante, incapace di intercettare la solidarietà dei Cinque Stelle che, nel loro attacco ininterrotto allo stato delle cose, immaginano un sistema che porti le pensioni minime da 500 a mille euro utilizzando i fondi racimolati tassando progressivamente tutte le pensioni dai mille euro in su. «Ma voi volete lasciare stare nonno Giuliano Amato che con la pensione di un mese può comprare la fuoriserie al nipotino», dice il deputato-cittadino Sorial, sventolando - in un surreale calderone simbolico - una foto di Lamberto Dini.
Pernacchie. Grida. Un superclassico della dialettica parlamentare. Interviene il piddino Damiano. «Diciamo no al populismo. Diamo diritti a chi non li ha ma non togliamoli a chi ce li ha». Sorial lo guarda come se fossero la sottospecie di un organismo degenere, che non si può considerare completamente umano. Si vota. Dieci grillini lasciano l'aula per non votare la propria mozione. Passa quella di maggioranza. Altri boati. Ma ormai questi sono i fatti ed è impossibile cambiarli più di quanto si possa cambiare il tempo che fa.