QUI LO DIGOS E QUI LO NEGO – IL MINISTRO PIANTEDOSI HA MINIMIZZATO L’IDENTIFICAZIONE DEI MANIFESTANTI PACIFICI CHE A MILANO HANNO LASCIATO UN FIORE PER NAVALNY, E LA QUESTURA PARLA DI "ECCESSO DI ZELO" – VIENE OMESSO UN DETTAGLIO, COME NOTA “DOMANI”: “QUANDO UNA PERSONA È SOTTOPOSTA A IDENTIFICAZIONE, GLI AGENTI APPUNTANO LE GENERALITÀ E LE INVIANO ALLA CENTRALE OPERATIVA. I DATI ANAGRAFICI E DI CONTESTO VENGONO MEMORIZZATI NEL SISTEMA INFORMATICO. SONO INFORMAZIONI CHE OGNI AGENTE DI POLIZIA RITROVERÀ ANCHE A DISTANZA DI ANNI. UNA PROCEDURA LECITA, CHE PERÒ PERMETTE DI…”
-1. LASCIANO FIORI PER IL DISSIDENTE E LA DIGOS LI IDENTIFICA LA QUESTURA: “TROPPO ZELO”
Estratto dell’articolo di Ilaria Carra e Alessandra Ziniti per “la Repubblica”
«È capitato pure a me nella vita di essere identificato, non è una cosa che comprime la libertà personale ». A dicembre il loggionista che gridava “viva l’Italia antifascista” alla Scala, domenica un drappello di cittadini che portava un fiore sotto la foto di Aleksej Navalny ai giardini Anna Politkovskaya.
Alle 10 del mattino, in prefettura a Milano, sentendo avvicinare la nuova bufera, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi prova a minimizzare: nessuna stretta alle libertà, nessuna direttiva dall’alto in un Paese in cui pure nel 2023 sono stati chiesti i documenti a quasi a 54 milioni di persone.
Ma nel pomeriggio […] il Viminale concorda la linea con la questura di Milano. Che ammette: «Eccesso di zelo», iniziativa di una pattuglia «senza alcuna finalità di impedire l’esercizio delle libertà dei partecipanti all’iniziativa». A cui, si scoprirà solo dopo, era presente anche Alberto Franceschini, uno dei fondatori delle Brigate Rosse.
I fatti. Nel primo pomeriggio di domenica, a due passi dai grattacieli di Porta Nuova, sotto la targa in memoria della giornalista russa Anna Politkovskaya, […] un gruppetto di persone si è ritrovato per una commemorazione. Fiori, candele, foto, raccoglimento. Un evento interrotto da una pattuglia della Digos che ha chiesto a tutti i documenti. L’episodio è stato denunciato tre ore dopo su X dal deputato Pd Filippo Sensi, che ha annunciato «un’interrogazione parlamentare a Piantedosi per chiedere conto di che Paese siamo ».
Una denuncia che ha sollevato un nuovo caso sul tema delle identificazioni, dopo quello del loggionista Vizzardelli durante la prima della Scala. Già domenica sera la questura aveva […] legato l’equivoco al numero di partecipanti previsti all’evento, dai tre comunicati ai 15-20 effettivamente presenti sul posto. Ma dopo una giornata di polemiche, alla sera via Fatebenefratelli ha rilasciato una nota ufficiale. Ammettendo «l’eccesso di zelo» ed escludendo «alcuna finalità di impedire l’esercizio delle libertà dei partecipanti all’iniziativa ».
Che poi si è svolta senza criticità. La questura milanese ha spiegato che «il personale si è recato sul posto per identificare il promotore dell’iniziativa», Boris Gonzhalenko, sconosciuto agli atti d’ufficio, dato che il giorno prima «era pervenuta un’email generica che preannunciava la presenza di non più di tre persone».
Non era stata allegata copia del suo documento di identità (un passaporto russo) né specificato l’orario dell’iniziativa. Così è stato predisposto un servizio di vigilanza. E quando la pattuglia si è trovata di fronte «a un gruppo di persone, a fronte delle tre preannunciate» è intervenuta, «per verificare con esattezza l’identità del promotore ».
Insomma, nessun pugno di ferro contro i manifestanti, assicura il Viminale. Che però una stretta ai controlli di sicurezza […] deve averla data, visto che i numeri delle semplici identificazioni sono lievitati del 50% in due anni: nel 2023 sono stati quasi 54 milioni i cittadini sottoposti a verifiche sull’identità, contro i 47 milioni del 2022 e i 35 milioni del 2021. E il caso, alimentato per altro ieri anche dall’identificazione in circostanze analoghe di una donna davanti al consolato russo di Genova, è ormai politico. «Il nostro è uno Stato di diritto, non di polizia », obietta Sensi del Pd. E anche il sindaco di Milano Sala osserva: «Mi pare che il ministro abbia dato una spiegazione che ha la sua logica, dopodiché è chiaro che in questo momento sarebbe bene togliere tensione al tutto ed evitare che nascano fraintendimenti».
2. CON L’IDENTIFICAZIONE SELVAGGIA C’È IL RISCHIO SCHEDATURA DI MASSA
Estratto dell’articolo di Giovanni Tizian per “Domani”
Sarà capitato anche a voi, come sostiene il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, subire un’identificazione dalla digos […]. A chi non è capitato, in fondo, esibire patente e carta d’identità e consegnarlo nelle mani dell’agente, che chiede: «Documenti, prego».
Certamente sarà successo per un controllo stradale. Cosa diversa è l’identificazione selvaggia in voga con i patrioti al governo, che il motto ordine e disciplina lo usano a proprio piacimento solo quando conviene, mai per gli “amichetti” finiti in storie di malaffare.
La situazione attuale è più o meno nota. Urli al teatro “W l’Italia antifascista”? Stanne certo, verrai identificato dalla digos. Partecipi a una veglia per rendere omaggio ad Alexei Navalny, l’oppositore di Putin? Pochi dubbi, conviene presentarsi con carta d’identità in mano perché qualcuno in divisa vorrà sapere chi sei.
Un copione ripetuto più volte. […] In nessun caso […] si sono verificati episodi di violenza. Si è trattato di esercizio del dissenso con modalità pacifiche. Esercizi della libertà di critica (tutelata dalla nostra Costituzione) contro regimi sanguinari, o per contestare la gestione della cosa pubblica, o per ribadire i principi dell’antifascismo su cui si fonda la Repubblica. Chi esercita questo diritto può essere trattato da sovversivo dell’ordine pubblico? Naturalmente la risposta è scontata, ma di questi tempi è meglio ribadirla: no, non può subire questo tipo di trattamento.
Piantedosi dopo l’identificazione dei manifestanti pro Navalny a Milano si è affrettato a dire: «È capitato pure a me nella vita di essere identificato, non è un dato che comprime una qualche libertà personale». Poi ha aggiunto: «L’identificazione delle persone é una operazione che si fa normalmente nei dispositivi per il controllo del territorio». In un comunicato la Questura cerca di spegnere l’incendio parlando di «eccesso di zelo degli operatori».
Il ministro, tuttavia, omette un dettaglio che tale non è. Quando una persona è sottoposta a identificazione, gli agenti appuntano le generalità e le inviano alla centrale operativa. Qui i dati anagrafici e di contesto vengono memorizzati nel sistema informatico. Sono informazioni che ogni agente di polizia ritroverà anche a distanza di anni consultando il cosiddetto Sdi (Sistema d’Indagine del centro elaborazione dati del Viminale).
Una procedura lecita, naturalmente. Che però permette di incamerare informazioni su ogni cittadino e schedarlo sulla base di una partecipazione a un evento, che sia una serata al teatro o una veglia contro Putin. Nel cervellone informatico delle forze dell’ordine e del ministero resta così una traccia delle idee politiche, dei luoghi di incontro, della cerchia di persone che frequentiamo e con cui siamo stati identificati. Lo Sdi è un curriculum segreto che contiene le volte in cui un cittadino ha fornito i documenti a un poliziotto per qualunque motivo: dall’alt al posto di blocco fino ai pernottamenti in hotel.
L’accesso a queste informazioni è limitato. Non tutti i poliziotti, carabinieri o finanzieri possono accedervi. Sicuramente possono farlo i servizi segreti. […] Piantedosi lo sa bene, per questo identificare senza reali motivi di ordine pubblico rischia di diventare una schedatura arbitraria in base alle manifestazioni che si frequentano. Mettendo, cioè, sullo stesso piano chi inneggia al Duce e chi chiede giustizia per le vittime dei regimi.