QUI RADIO COLLE – MARZIO BREDA SPIEGA LA DIFFERENZA TRA L’INCARICO A DRAGHI E MONTI: “QUELLO ERA STATO PROGETTATO DA TEMPO, PER RIANIMARE UN PALAZZO CHIGI IN PANNE E ARGINARE LA RINCORSA DELLO SPREAD SCHIZZATO A 560; MENTRE IL GOVERNO DRAGHI È “NECESSITATO” DALLA DERIVA NICHILISTA DEI PARTITI, CHE NON HA LASCIATO MARGINI DI MANOVRA AL CAPO DELLO STATO” – IL CAPO DELLO STATO PREOCCUPATO “DALL’ALTA TENSIONE DEI 5 STELLE”
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Marzio Breda per il “Corriere della Sera”
Per il programma e i ministri te la devi vedere tu, in libertà. Prenditi il tempo che ti serve. Ma accetta un consiglio: trova la maniera di far capire che il tuo governo non prescinde dalla politica. Fai comprendere che non vai a commissariare il Parlamento. Questo dice Sergio Mattarella a Mario Draghi, quando sta lasciando lo studio del capo dello Stato per presentarsi nel Salone delle Feste, dove annuncerà di aver accettato l'incarico.
È un'indicazione utile a segnare una differenza con altri esecutivi tecnici o istituzionali del passato anche recente, che furono spesso percepiti come troppo estranei alla sfera parlamentare. Cioè imposti dall'alto e, in quanto tali, dopo un po' rinnegabili da chi li sosteneva. L'ex presidente della Banca centrale europea accoglie la raccomandazione e la trasferisce a suo modo nel breve discorso davanti alle telecamere: «Con grande rispetto mi rivolgerò al Parlamento, espressione della sovranità popolare Sono fiducioso che dal confronto con i partiti, con i gruppi parlamentari e le forze sociali emerga unità e capacità di dare risposte».
Due frasi rassicuranti, di deferenza, come si sarebbe detto una volta. Indispensabili a Draghi, per spianare la strada e trovare un sostegno al suo governo, che porterà il sigillo del Quirinale, essendo stato immaginato e promosso lassù senza neppure una consultazione. Molti, in queste ore, si esercitano a fare raffronti tra questo nascituro esecutivo e quello di Mario Monti, del 2011, ma tra i due ci sono differenze notevoli.
Per esempio, il governo Monti era stato «progettato» da tempo, per rianimare un Palazzo Chigi in panne e arginare la rincorsa dello spread schizzato a 560; mentre il governo Draghi è «necessitato» dalla deriva nichilista dei partiti, che non ha lasciato margini di manovra al capo dello Stato (e non era facile, per lui, bypassare il livello politico).
E poi, quando Napolitano affidò il mandato a Monti, poteva già contare su una maggioranza di centrodestra, destinata peraltro ad allargarsi. In questo caso invece Mattarella ha dovuto decidere tutto in fretta, favorendo certo la propria soluzione, ma sapendo che il punto di caduta è ignoto e Draghi se lo dovrà conquistare in Aula.
Non sono questioni marginali, per il Colle, dove il tentativo dell'ex banchiere è seguito con apprensione, anche perché è senza alternative. Così, preoccupa l'alta tensione dei 5 Stelle, fra i quali serpeggiano idee bizzarre, come quella di scatenare una crociata contro Draghi per farlo fallire, nella speranza che possa esser rimesso in pista l'ormai formalmente dimesso Conte: ipotesi in ogni senso irreale, per Mattarella, quella di un governo di minoranza per fare fronte alle emergenze che ci pressano.
Preoccupa anche che, attraverso certe predicazioni interessate, si faccia passare quello di Draghi come un governo dell'austerità e dei sacrifici, sull'esempio di qualche suo predecessore, quando stavolta ci sono semmai soprattutto denari sonanti da spendere (il «debito buono»). E preoccupa, infine, che alcuni giochino con il calendario, vagheggiando già un termine vicino per l'esecutivo «del presidente», nella poco responsabile illusione di lucrare vantaggi da un rapido ritorno alle urne. Adesso sta al premier incaricato fare chiarezza. Non gli sarà facile, data l'aria generale di cupio dissolvi. Il capo dello Stato, comunque, non gli ha messo né fretta né condizioni.
Deciderà tutto lui, secondo un criterio più induttivo che deduttivo, costruendo una soluzione per volta rispetto a quanto gli chiederanno i partiti. E questo vale sia per la squadra dei ministri, che ancora non si sa se saranno tecnici o politici o un mix delle due possibilità, sia per il programma, centrato sul Recovery plan.
Anche in questo assomiglia parecchio a Mattarella, al quale è legato da una solida amicizia. I due si danno del tu, una forma di familiarità che il presidente della Repubblica concede a pochi e soltanto quando avverte una vera affinità elettiva. Quando un paio d'anni fa Draghi lasciò la Bce, andò a Francoforte per rendergli omaggio assieme a Emmanuel Macron, Angela Merkel e Christine Lagarde, e cominciò il suo saluto così: «Caro presidente della Banca Centrale, caro Mario».