QUI RADIO COLLE - SERGIO MATTARELLA È DELUSO DAI PARTITI, CHE NON CAPISCONO CHE IL GOVERNO DRAGHI È L'ULTIMA SPERANZA PER IL PAESE – IL SUO DISAGIO È AFFIORATO IERI A BRESCIA, DA DOVE HA STRIGLIATO LA POLITICA INVITANDO TUTTI A “CONFRONTARSI IN MANIERA COSTRUTTIVA” – INCOMBONO LE RIFORME LEGATE AL RECOVERY PLAN E PERDERE TEMPO CON LE POLEMICUCCE NON È PIÙ AMMISSIBILE
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1 - SE MATTARELLA ALZA LA VOCE
Ugo Magri per "La Stampa"
C'è troppa agitazione fuori luogo. Un surplus di tensioni inutili. Un eccesso di batti e ribatti. Una frenesia di distinguersi, di rimarcare le differenze, di sventolare bandiere anche giuste, magari addirittura sacrosante, però nel momento meno adatto perché adesso ci sarebbe bisogno di stare uniti. E remare dalla stessa parte senza tirarsi calci negli stinchi.
No: purtroppo non sta andando come Sergio Mattarella si sarebbe aspettato. Il presidente lo fa intendere con un appello ai partiti che guai a definirlo tirata d'orecchi o ramanzina, però è la seconda volta in due settimane, segno che la prima dose esigeva un richiamo. «Questo è il tempo di pensare al futuro, progettandolo e realizzandolo insieme», esorta il capo dello Stato.
«Ciò non vuol dire abbandonare le proprie prospettive, idee e opinioni. Ma confrontarsi costruttivamente è ben diverso che agitarle come motivi di contrapposizione insuperabile». Già, c'è differenza. Quando si sta insieme nella stessa maggioranza e nello stesso governo, sarebbe normale darsi una mano a vicenda. Valorizzare i risultati comuni. Puntare su ciò che unisce.
Invece Mattarella riscontra una voglia sempre più scarsa di concentrare gli sforzi, fare sintesi, cercare intese. Esempi di polemiche inutili sul Colle non se ne fanno, e si capisce, perché equivarrebbe a puntare l'indice contro qualche protagonista aggravando il tasso di nervosismo.
Lassù rimandano semplicemente alle cronache di questi giorni, dominate prima dal braccio di ferro sulle riaperture sì-riaperture no, poi dalla legge Zan rilanciata da Enrico Letta, quindi dai referendum sulla giustizia che strumentalmente Salvini sponsorizza e infine, adesso, dagli scambi di colpi tra Lega e Pd sul futuro di Mario Draghi oltre che delle riforme da fare.
Stabilire chi abbia incominciato, dunque di chi sia la colpa delle tensioni, sarebbe come decidere se è nato prima l'uovo della gallina. Ciascuno vi ha messo del suo. In parte ciò è naturale, perché mancano quattro mesi e mezzo alle elezioni amministrative, dove sono in palio sindaci di grandi città come Roma, Milano, Napoli e Torino; figurarsi - osservano al Quirinale - se il presidente non riconosce alle forze politiche il diritto di contendersi i voti e, dunque, quel tanto di animosità che nelle campagne elettorali non è mai mancata, perfino tra alleati. Ma c'è modo e modo.
Si potrebbe competere duramente senza farsi troppo male e, soprattutto, senza far male all'Italia; qui invece l'ansia di prestazione rischia di compromettere l'immagine di un Paese che, quasi miracolosamente, nel momento più difficile era riuscito a fare squadra.
Ecco dove nasce la preoccupazione di Mattarella: dal timore che le fibrillazioni dei partiti si riflettano sul «suo» governo, rallentandone l'azione sul fronte dei vaccini e del Recovery Fund. Se dopo appena tre mesi siamo a questo punto, chissà cosa potrà accadere dal 3 agosto in poi, durante il «semestre bianco».
O a fine anno, con le grandi manovre per l'elezione del tredicesimo presidente. Oppure nel 2022, quando la resa dei conti elettorale sarà più vicina e, per molti, suonerà la campana dell'ultimo giro
2 - AVVISO AI LEADER
Marzio Breda per il "Corriere della Sera"
Lo aveva raccomandato a tutti, durante le consultazioni di febbraio che portarono Mario Draghi a Palazzo Chigi. «È bene essere chiari. Questo sarà un governo svincolato delle solite formule politiche un governo di unità nazionale, con una missione limitata ma decisiva. Serve la massima unità da parte di chi si impegnerà a sostenerlo».
Sappiamo che, come fu verbalizzato al Quirinale, davanti al capo dello Stato nessuno, da sinistra a destra (tranne FdI di Giorgia Meloni), fece dubitare della propria lealtà all' ex presidente della Bce. Che era, per l' Italia, l' ultima carta da giocare. Difficile credere che Sergio Mattarella si illudesse troppo.
Certo, sperava che una maggioranza così larga, per quanto forzata dal trascinarsi della pandemia e dai guasti della crisi economica, annacquasse le differenze e le incompatibilità fra i neo-alleati. Provvisoriamente, almeno. Invece, la sinergia costruttiva promessa è durata poco.
In alcuni leader, istigati dagli intermittenti sondaggi o mossi dalla loro natura antagonista, è presto prevalso lo spirito della concorrenza politica. Per dirla con le parole dello stesso Draghi, «la logica delle bandierine» di partito. Bandierine da piantare su ogni provvedimento l' esecutivo metta in cantiere, come se fosse frutto di un' iniziativa di quell' unica forza politica.
O bandierine da ammainare, recriminando per conquistarsi qualche like sui social, quando il premier si dimostra di opposto orientamento o se intende procedere con tempi differenti, come nel caso della gradualità scelta per le riaperture dopo il lockdown. Un rilancio polemico permanente che vede svettare su chiunque altro il capo leghista Matteo Salvini.
Il quale è scafatissimo nella politica degli annunci, prova ne sia che ha imparato a bruciare le misure del governo dandone notizia come una «cosa sua» prima ancora che il Consiglio dei ministri si riunisca. Un gioco propagandistico che il segretario del Pd, Enrico Letta, tenta giorno per giorno di smascherare. L' effetto finale del battibecco infinito è però quello di veder inutilmente alzarsi il livello di litigiosità della maggioranza. Con il rischio di qualche incidente di percorso, il che preoccupa il presidente della Repubblica.
Un disagio affiorato in pubblico ieri a Brescia, dove, parlando del «rilancio e della ripresa del Paese», Mattarella ha avvertito che «questo è il tempo per progettare il futuro insieme».
Ma insieme, ha puntualizzato, «non vuol dire abbandonare le proprie prospettive, idee e opinioni, quanto confrontarsi in maniera costruttiva, perché confrontarsi è ben diverso che agitare le proprie idee come motivi di contrapposizione insuperabile».
Insomma: è il momento di smetterla di marcare le differenze identitarie (le bandierine, appunto) e di pensare piuttosto al lavoro da fare. Che è tanto e delicato.
Vaccinazioni di massa a parte, incombono le riforme legate al Recovery Plan. Da quella della giustizia a quella della Pubblica amministrazione, con molte migliaia di assunzioni in vista. Ecco perché per Mattarella insistere a darsi sulla voce perdendo tempo con le polemiche non è più ammissibile.