"FORZA ITALIA È CONTRARIA A QUALSIASI TASSA SUGLI EXTRAPROFITTI" - ANTONIO TAJANI, VENTRILOQUO DI MARINA BERLUSCONI, AVVERTE LA MELONI, CHE GIA' UN ANNO FA PROVO' A INFILARE L'IMPOSTA SENZA AVVERTIRE I FORZISTI - ALL'EPOCA INTERVENNE LA CAVALIERA MARINA IN PERSONA (CHE, CON PIER SILVIO, CONTROLLA IL 30% DI MEDIOLANUM) PER FERMARE GIORGETTI E LA PREMIER - TAJANI FA FINTA DI VIVERE SULLE NUVOLE: "NON PRENDO ORDINI DA MARINA E PIER SILVIO. NON CI DICONO NULLA" (RACCONTACENE UN'ALTRA) - "GIANNI LETTA? TIENE DISTANTE IL BUSINESS DAL PARTITO" - E SULL'INCONTRO MARINA-DRAGHI....
-TAJANI, NO A TASSA EXTRAPROFITTI, CREARE TAVOLO CON BANCHE
(ANSA) - ROMA, 22 SET - "Forza Italia è contraria a qualsiasi tassa sugli extraprofitti. Si danneggerebbero le banche di prossimità e si creerebbe incertezza sui mercati a danno dell'Italia. Si crei un tavolo con le banche per concordare soluzioni utili ai conti pubblici". Lo scrive su X il vicepremier, ministro degli Esteri e segretario Fi Antonio Tajani.
TASSA SUGLI EXTRAPROFITTI, TAJANI: “DALLE BANCHE SOLO UN CONTRIBUTO”
Estratto dell’articolo di Ilario Lombardo per “La Stampa”
E alla fine è Antonio Tajani a confermare che il governo, dopo lunghe trattative tra alleati, sta lavorando a un contributo da parte delle banche. «Non una tassa però, eh. Neanche una tantum. Né sugli extraprofitti né su altro», precisa parlando con alcuni giornali sul volo che lo porta a New York, per l’Assemblea generale dell’Onu, e poi con La Stampa, una volta atterrato.
«Stiamo cercando una soluzione concordata con le banche. Niente che possa compromettere gli istituti del credito cooperativo e popolare». Dunque, non ci saranno cedimenti alla premier Giorgia Meloni e a al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti che già un anno fa provarono a infilare l’imposta, senza condividerla con Forza Italia.
Finì che intervenne sdegnato Antonio Patuelli, presidente dell’Associazione bancaria italiana, e poi Marina Berlusconi, figlia del fondatore-padrone del partito che tramite la holding Fininvest controlla con il fratello Pier Silvio il 30% di Mediolanum.
Tajani fu conseguente e «il prelievo forzoso» - così lo definirono – fu mandato in soffitta. Il vicepremier, ministro degli Esteri e segretario di FI non ha cambiato idea: «Le banche stanno studiando come fare. Magari un contributo legato alla liquidità per aiutare ad abbattere il debito pubblico». No a nuove tasse, e neanche polizze di cui si parla, obbligatorie sulle case per le calamità naturali: «Per noi deve essere facoltativa».
Il colloquio è l’occasione anche per approfondire meglio il rapporto con i Berlusconi. Gli eredi controllano il partito come il papà? «Non prendo ordini né da loro né da Mediolanum. Basta continuare a dire che esistiamo politicamente solo per i loro affari. O che Marina ci dica cosa fare. Lei e Pier Silvio non ci chiedono nulla.
Siamo grandi amici, ma non è stata lei a chiedermi di batterci per lo Ius Scholae. Sono i figli del nostro fondatore: il padre era capo del partito, loro sono imprenditori. E, poi, anche sostenitori. Io una mia famiglia ce l’ho».
Sta di fatto che, a sentire nelle viscere della maggioranza, l’attivismo di Marina, a partire dai diritti fino all’incontro con Mario Draghi, sta infastidendo, e non poco, Meloni. Sono ricostruzioni che Tajani minimizza. «Non è vero che Marina lavora per cacciarla e mettere Draghi. Proprio perché è un’imprenditrice e non un segretario di partito, ha senso che parli con chi ha realizzato il rapporto sulle competitività in Europa». A rendere possibile l’incontro è stato Gianni Letta, che pare abbia tenuto all’oscuro Tajani.
Letta è l’uomo che univa aziende-partito-governo ai tempi di Silvio, il suo braccio destro e consigliere principe negli ambienti romani. Per Tajani è diverso: «È un caro amico, che mi dà spesso ottimi consigli, ma il suo mestiere è consulente di Fininvest, è un uomo azienda, non è iscritto a FI e quindi tiene distante il business dal partito». Difficile da credere vista la storia di Letta e di Berlusconi, ma Tajani insiste: «La situazione è cambiata, in FI ci sono organismi decisionali e statuto». [...]
Salvini non si muoverà dal governo, e non ci sarà un rimpasto, secondo il ministro degli Esteri. Il quale, però, proprio nelle vesti di capo della Farnesina cela a stento un fastidio per come il leghista si muove in Europa e sulla Russia. Minimizza il vertice in Ungheria di Salvini con il premier Viktor Orban, ma sa bene che c’è un’intesa chiara tra i due.
Sono entrambi per riaprire un canale con Mosca e, con diverse sfumature, per togliere gli aiuti militari all’Ucraina: «La linea del governo italiano non cambia. Salvini non ha mai votato contro e, come ho detto mille volte, la politica estera la fanno il premier e il ministro degli Esteri».
Ungheria e Italia sono gli unici due Paesi Ue ad aver votato contro l’utilizzo delle armi occidentali in territorio russo: «Non può esserci un uso illimitato. Per dire, non è che possiamo bombardare Mosca. Ma non siamo certo timidi nel sostegno a Kiev. Abbiamo mandato nove pacchetti di aiuti e stiamo velocizzando sulla nuova fornitura dei Samp-T che ci chiede Zelensky».
[...] Tajani resta prudente e non si schiera né con Donald Trump né con Kamala Harris: «Non essere neutrali sarebbe autolesionista». Però su Kamala aggiunge: «Non è della sinistra dei democratici, è l’ala moderata. Ha visto che ha detto che ha un’arma e la userebbe se qualcuno entrasse a casa sua?». Per quanto riguarda il terremoto Trump, «lo valuterei da presidente. Secondo me non è più quello di dieci anni fa. Basta vedere come ha cambiato posizione sull’aborto».