"IL M5S NON VOTERÀ PER LA NASCITA DI UN GOVERNO TECNICO PRESIEDUTO DA MARIO DRAGHI" - VITO CRIMI CHIAMA FUORI IL MOVIMENTO DALLA FUTURA MAGGIORANZA: "GIÀ DURANTE LE CONSULTAZIONI, AVEVAMO RAPPRESENTATO CHE L'UNICO GOVERNO POSSIBILE SAREBBE STATO UN GOVERNO POLITICO. UNA TALE TIPOLOGIA DI ESECUTIVI È GIÀ STATA ADOTTATA IN PASSATO, CON CONSEGUENZE ESTREMAMENTE NEGATIVE PER I CITTADINI ITALIANI"
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1 - CRIMI, M5S PER GOVERNO POLITICO, NON VOTERÀ DRAGHI
(ANSA) - "Il MoVimento 5 Stelle, già durante le consultazioni, aveva rappresentato che l'unico governo possibile sarebbe stato un governo politico. Pertanto non voterà per la nascita di un governo tecnico presieduto da Mario Draghi". Lo dice il capo politico M5S Vito Crimi in un post su Fb. "Una tale tipologia di esecutivi è già stata adottata in passato, con conseguenze estremamente negative per i cittadini italiani", sottolinea.
2 - GOVERNO, LA SVOLTA GIÀ LACERA IL M5S
Emanuele Buzzi per www.corriere.it
Lo scompiglio per il mancato accordo, la rabbia verso Vito Crimi, i dubbi sul governo istituzionale: i Cinque Stelle si trovano immancabilmente lacerati dopo la fumata nera del mandato esplorativo affidato a Roberto Fico. I parlamentari sono in fibrillazione fin dal mattino, quando continuano a filtrare con maggiore insistenza le voci di un fallimento del tavolo di confronto tra le forze della maggioranza.
Ma solo nel pomeriggio — quando la frenata è palese — tra i gruppi esplode un tam tam di messaggi. A prevalere è la rabbia per come è stata gestita la trattativa da Vito Crimi, le lamentele arrivano persino dalla chat degli uomini di governo M5S: si accusa il reggente di non aver dato una linea comunicativa.
I parlamentari, invece, si lamentano delle mancata condivisione delle informazioni e della difesa strenua della squadra di ministri uscenti. «Come si fa a proporre Fraccaro vicepremier?», attacca un deputato. «Ci ingoiavamo prescrizione e Boschi ministro pur di salvare dj Fofò (Alfonso Bonafede, ndr)», commentano con amarezza nel Movimento.
Ma la chiusura del tavolo è il volano anche per aprire un’altra discussione: quella su eventuale voto di fiducia al governo istituzionale ventilato da Sergio Mattarella. Il gruppo sia a Montecitorio sia a Palazzo Madama è a dir poco spaccato. Si parla di decine di parlamentari (c’è anche chi dice oltre cento) contrari. E proprio le eventuali defezioni al Senato rischiano di avere un peso non indifferente.
«Nessuna fiducia ad un governo tecnico o un governo di tutti dentro», dice Luigi Gallo. «Siamo pronti alle urne», scrive su Twitter la senatrice Laura Bottici. «Il nostro appoggio non è scontato», commenta una fonte. C’è anche chi propone — come per i governi precedenti — una consultazione della base su Rousseau. «Vogliamo vedere di chi si tratta e cosa ha in mente di fare», è la linea che sembra prevalere in queste ore convulse.
Il nome che rimbalza da settimane sui media è quello di Mario Draghi: un nome che non è condiviso da una buona parte dei Cinque Stelle. Non a caso Alessandro Di Battista — nell’ora in cui il capo dello Stato parla — prende posizione contro l’ex numero uno della Bce. «Repetita iuvant...», scrive l’esponente M5S postando un suo articolo del 31 agosto scorso, pubblicato su Tpi, in cui Draghi è etichettato come «l’apostolo delle élite». «Nel 2011 Monti. Oggi Draghi. Non governerà col mio voto. Mi spiace», commenta Elio Lannutti.
Non c’è solo l’incognita del governo istituzionale a far capolino nei discorsi dei pentastellati. A sera inoltrata, dopo le parole di Mattarella, c’è chi ancora non si rassegna e spera in un patto politico in extremis: «Resettiamo tutto e ripartiamo». Si fa strada l’idea che il Movimento possa ricostruire una «maggioranza solida» da zero con nuovi equilibri. Il destino di Giuseppe Conte è segnato e buona parte della truppa M5S respinge l’ipotesi di immolarsi sull’altare del voto. «Possiamo tentare l’ultima carta».
In una giornata segnata dalle preoccupazioni, arriva come un fulmine a ciel sereno la notizia dell’addio di Emilio Carelli al Movimento. Lo strappo è accompagnato da polemiche, recriminazioni e veleni. Diversi parlamentari sottolineano la tempistica dell’annuncio, con il barometro politico già orientato verso un esecutivo tecnico.
«Emilio si è sempre comportato come un signore, anche in questo caso paghiamo l’atteggiamento di chi non lo ha protetto. Come per la sua candidatura ad Agcom», dice una fonte di primo piano. «Aveva in tasca un posto da sottosegretario», replica un altro big. Carelli annuncia di voler fare da «aggregatore» per una forza moderata di centrodestra. «Non sapevo che avessimo un’anima moderata di centrodestra! Naturalmente sono io che sbaglio», scrive Nicola Morra. Intanto dopo l’addio di Carelli si fanno strada indiscrezioni su altre defezioni nei due rami del Parlamento. Tra i nomi, spunta quello della senatrice veneta Orietta Vanin.