"VIA L'ISLAMO-SINISTRA DAGLI ATENEI" - I CONSIGLI DE "IL GIORNALE" A CRISTINA MESSA, NEO MINISTRA DELL'UNIVERSITÀ:  "BASTA CON QUESTA DERIVA CHE PORTA ALLA CANCELLAZIONE DEI CORSI DI STORIA PERCHÉ RITENUTI TROPPO EUROCENTRICI E ALLA CENSURA DELLE OPERE LETTERARIE CLASSICHE ACCUSATE DI ANTI FEMMINISMO E DI RAZZISMO. CARA MINISTRA, SE I RETTORI NON SONO IN GRADO DI FARLO, ASSICURI LEI LIBERTÀ DEI PROFESSORI..."

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Marco Gervasoni per “il Giornale

 

MARCO GERVASONI

Il nuovo ministro dell'Università, Cristina Messa, vuole rilucere e non apparire una scartina come quasi tutti i suoi predecessori? Si ispiri al suo collega inglese del governo di Boris Johnson, cerchi per quanto le compete di arrestare la deriva estremista, che ormai sta prendendo piede pure nei nostri atenei, a un livello ancora non cosi grave come negli Usa e nel Regno Unito, ma che se non fermata potrebbe condurre lì.

 

MARCO GERVASONI

Di quale deriva stiamo parlando? Di quella che in inglese si chiama tendenza woke, che va dall'abbattimento delle statue alla cancellazione dei corsi di storia (e di storia dell'arte e della musica) perché troppo «eurocentrici», fino alla censura sulle opere letterarie classiche accusate di «anti femminismo» e di «razzismo»: un caso piccolo ma significativo di wokism nostrano lo abbiamo avuto all'Università di Torino, dove si è cercato di mettere fuori legge il crocefisso e gli altri simboli religiosi.

 

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Ma se Cristina Messa, di cui non conosciamo le idee politiche, non vuole ispirarsi ai Conservatori brutti e cattivi di Johnson, prenda esempio dalla sua collega del governo francese, Fréderique Vidal, anche lei non «politica» ed ex rettore. Il governo francese in fondo è un mix di destra, di sinistra e di tecnici, anche se Macron non è certo un conservatore.

 

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Vidal si è spinta ancora più avanti del collega inglese. Ha stigmatizzato la violenza in molti atenei francesi, in cui i docenti che non sostengono i movimenti di estrema sinistra chiamati «indigeneisti», vengono spesso zittiti e in cui è impedita la libertà di parola a insegnanti e a studenti conservatori.

 

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E ancor più, il ministro francese ha chiesto di controllare se le ricerche universitarie siano ideologicamente orientate da quello che in Francia si chiama islamo gauchisme, l'alleanza tra estrema sinistra e gruppi radicali islamisti: una «cancrena», l'ha definita il ministro, «che unisce Mao Tze Tung e Khomeini».

 

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Nelle università transalpine, infatti, minacciati non sono solo i docenti e gli studenti estranei all'estrema sinistra: sono presi di mira anche quegli insegnanti critici dell'islamismo o semplicemente a favore dei valori «repubblicani» di laicità. E lì non si scherza, visto che uno di loro, l'insegnante di liceo Samuel Paty, è stato decapitato l'autunno scorso dagli islamisti vicino a Parigi.

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L'intervento del ministro francese - che ha causato un'ondata di critiche ideologiche da parte dei professori e della sinistra, che ne chiedono le dimissioni - è doveroso e sacrosanto, soprattutto perché molti rettori non sono in grado di assicurare la libertà di insegnamento. Però il controllo del ministero sulla produzione scientifica ci sembra una intrusione non solo illegittima, ma pure inutile.

 

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A che serve sapere che, ad esempio, per citare un caso nostrano, alcune riviste scientifiche di storia contemporanea pubblichino saggi negazionisti sulle foibe? O forse si vuole stilare una lista di ricerche «buone» e «cattive» dal punto di vista del ministero? Pur avendo orrore per gli studi «scientifici» che inneggiano all'islamismo radicale, o che rivalutano Stalin e Tito, ci fa ancora più ribrezzo l'idea di una «scienza di Stato»: che è roba da regimi comunisti, tra l'altro.

 

Quindi, caro neo ministro Messa, no alla censura delle idee, ma no neppure al disinteresse nei confronti della deriva estremistica e antioccidentale nelle nostre facoltà umanistiche e di scienze sociali, magari coprendosi dietro il paravento della «autonomia universitaria».

 

Se molti rettori non sono in grado di farlo, si occupi lei di assicurare la libertà dei professori e il diritto alla maggioranza degli studenti a apprendere scienza e cultura, e non pessima propaganda.