REGNO DIS-UNITO – PER SILENZIARE LE SIRENE INDIPENDENTISTE IN VISTA DEL REFERENDUM LONDRA CONCEDE ALLA SCOZIA LA FACOLTÀ DI EMETTERE I SUOI BOT – MA SE PASSA IL SÌ ALLA SECESSIONE, EDINBURGO DOVRA’ DIRE ADDIO ALLA STERLINA
Fabio Cavalera per ‘Il Corriere della Sera"
Sarà perché le sirene indipendentiste cominciano a dare un po' di fastidio. O sarà per provare a silenziare quel martello di Alex Salmond, leader dello Scottish National Party nonché «first minister» scozzese, che sta dando la caccia agli incerti del referendum del 18 settembre. Comunque sia, per una ragione o per l'altra (o per entrambe), il Tesoro del governo britannico, per dare un'accelerazione alla campagna del «no», ha deciso di fare un bel regalo alla Scozia.
L'annuncio è arrivato ieri sera: dal 2015 Edimburgo avrà, su delega di potere concessa da Londra, il diritto di emettere obbligazioni e di rivolgersi direttamente ai mercati internazionali. Bond scozzesi fino ad un ammontare complessivo di 2,2 miliardi di sterline (2,7 miliardi di euro) per finanziare scuole, ospedali e infrastrutture scozzesi.
«È un passaggio storico - annuncia Danny Alexander, il vice del ministro George Osborne che governa la finanza pubblica -. Ed è la dimostrazione di come la Scozia possa crescere restando nel Regno Unito». Che sia una mossa politica per dare sostanza alle posizioni di chi si oppone alla separazione da Londra è evidente. La campagna referendaria è entrata nel vivo. E ogni giorno che passa, se si vogliono intercettare i consensi di chi non ha ancora una posizione chiara sul voto da esprimere, è necessario spiegare gli scenari economici della futura Scozia.
Ma, in ogni caso, depurando l'intervento del Tesoro da ogni suggestione propagandistica, resta che concedere al governo scozzese nato dalla devoluzione del 1999 il potere di autofinanziarsi, sia pure entro un limite e solo nel caso di una bocciatura della proposta di secessione, è un impegno molto importante. Ed è il riconoscimento che l'autonomia scozzese merita di essere ampliata rispetto ai confini giuridici stabiliti nell'accordo del 1999 ai tempi di Tony Blair. Alex Salmond bollerà la promessa come un cioccolatino avvelenato. Ma a furia di martellare ha aperto una breccia simbolica. Se Londra riconosce i bond scozzesi significa che le velleità indipendentiste sono viste con una certa preoccupazione.
Solo contro tory, contro laburisti, contro liberaldemocratici, Salmond usa una retorica che agli scozzesi non dispiace. Allora i partiti del «no» cercano di metterlo con le spalle al muro incalzandolo. E il tema di fondo, in questi giorni, è quale valuta adotterà la Scozia indipendente. Va da sé che i bond, di cui parla Londra, saranno emessi in sterline e che dunque si tratta di una «concessione» a una Scozia che resta parte del Regno Unito. Ma che cosa accadrebbe se il 18 settembre prevalessero i «sì»?
Gli indipendentisti hanno espresso la volontà di mantenere la sterlina e di creare una «unione monetaria» con Londra, specificando di essere pronti a condividere una quota di debito pubblico pari all'8,2%, ovvero la percentuale della popolazione scozzese su quella del Regno Unito. La polemica è divenuta pesante. Il governatore della Banca d'Inghilterra li ha ammoniti: attenti che, se mai ci dovesse essere l'unione monetaria, perdereste la vostra sovranità fiscale. Poi è toccato al Tesoro britannico dire che Londra non si siederà mai al tavolo per trattare un'ipotetica unione monetaria. Spalleggiato dalla Confindustria britannica. Se la Scozia se ne va avrà la sua valuta. E Salmond ha replicato: ciò significa che non condivideremo la nostra parte di debito pubblico.
Discussioni interessanti. Gli scozzesi amano le cose concrete e l'annuncio londinese che nel 2015, se vinceranno i «no», la Scozia con i suoi bond potrà finanziarsi sui mercati internazionali per costruire scuole, ospedali e strade può essere musica gradevole per un milione di indecisi .