RENZI, L'ETERNO RITORNO DELLO "STAI SERENO" - LUI LO SA: ANCORA UNA VOLTA NESSUNO SI FIDA DI LUI. MA CONFIDA DI CREDERCI: “SONO "INNOCENTE" E STAVOLTA SONO TUTTI D'ACCORDO CON ME. E CONTE NON POTRÀ CAVARSELA CON LE PROMESSE” - UNA VOLTA ENRICO LETTA, PER ALLUDERE AL SUO EGOCENTRISMO, SI È LASCIATO ANDARE: “RENZI È UNO PSICOPATICO”. UNO DEI POCHISSIMI AMICI: “MATTEO È ANCORA OGGI IL LEADER DI MAGGIOR TALENTO SULLA SCENA POLITICA NAZIONALE, MA IL PEGGIOR NEMICO DI RENZI È RENZI STESSO”
-Fabio Martini per "la Stampa"
Lui lo sa: ancora una volta nessuno si fida di lui. Ma confida di crederci: «Sono "innocente" e stavolta sono tutti d' accordo con me. E Conte non potrà cavarsela con le promesse». Rieccolo Matteo Renzi. Si è ripreso il centro dell' arena politico-mediatica, ogni sera i talk show se lo contendono dispensando ogni sorta di lusinga, i leader sono tornati a parlargli in privato, eppure tutti restano diffidenti.
Certo, Renzi gongola per questo ritrovato protagonismo, ma parlando con i suoi interlocutori, si rende conto che gli altri continuano a non fidarsi sino in fondo. E tra loro se lo dicono pure: qualche giorno fa in un riservato vertice a tre, a distanza tra Conte, Di Maio e Zingaretti ad un certo punto il segretario del Pd ha chiesto agli altri: «Ma voi l' avete capito cosa ha in testa Renzi?».
Certo, fa parte del talento dell' ex premier, leader di un partito quotato tra il 2 il 3 per cento, tenere le carte coperte e scoprirle quando gli altri pensano ad altro. Ma nella diffidenza di Conte - che riflette il comune sentire di una parte significativa dell' opinione pubblica - pesa una sequenza memorabile: quell'«Enrico stai sereno», scandito il 17 gennaio del 2014 e seguito appena 28 giorni dopo dal voto della Direzione del Pd che invitava Enrico Letta a dimettersi.
Quella promessa disattesa continua a pesare e consente a chi lo subisce - Conte in primis - di tenersi pronta la carta del discredito («è il solito Renzi») nel caso in cui le cose dovessero volgere al peggio.
Quel passato che non passa ovviamente è anche un alibi per glissare sugli argomenti politici sollevati da Renzi, dietro le quinte condivisi da Zingaretti e da Di Maio. Ma Renzi, confidava di aver ricevuto da Conte messaggi rassicuranti: «Fa sapere che è tutto un colossale equivoco, che il Paese non capirebbe, che dobbiamo trovare un accordo Ma io aspetto i fatti».
Già, ma anche Conte si aspetta di capire cosa voglia veramente Renzi e fin dove voglia arrivare. Vuole la testa del presidente del Consiglio? Vuole fare il ministro degli Esteri?
O della Difesa? Uscirà dal governo e resterà in maggioranza? Ma con Renzi trovare risposte immediate e certe è sempre un problema. Lo sanno e se lo ricordano in tanti.
Ne sa qualcosa Roberto Speranza, presidente dei deputati Pd quando a Palazzo Chigi c' era Enrico Letta: in quel fatidico febbraio del 2014, quello dello "stai sereno", senza il decisivo via libera della sinistra interna, Renzi non sarebbe mai arrivato a palazzo Chigi. E Massimo D' Alema, sempre nella primavera 2014, si sperticò in elogi per Renzi, ammettendo di sentirsi pronto per fare il commissario europeo, ma poi quando l' operazione non si concretizzò, l' unico presidente del Consiglio ex comunista della storia italiana, tornò ad essere molto corrosivo.
Renzi - lo ha dimostrato da quando è in campo - spesso è imprevedibile. Il fiuto, l' umore e l' ego ferito spesso sorpassano i calcoli. Una volta Enrico Letta si è lasciato andare: «Renzi è uno psicopatico». Un modo poco lettiano per alludere al suo egocentrismo. Per dirla con uno dei pochissimi amici che lo conoscono da vicino: «Matteo è ancora oggi il leader di maggior talento sulla scena politica nazionale, ma il peggior nemico di Renzi è Renzi stesso».
E stavolta dove andrà a parare? Pierluigi Castagnetti, l' unico e ascoltato padre politico di un' intera generazione di dirigenti del Pd di cultura democristiana, pensa che «l' indiscutibile talento di Matteo è un talento da Prima Repubblica, quando si cambiavano i ministri e i governi senza rischiare di andare al tappeto. C' era sempre un' altra volta».
Un modo per dire che un cambio al vertice del governo non si farà mai? Dice ancora Castagnetti: «La sortita di Renzi è condivisa dai leader dei partiti di maggioranza, ma tra l' opinione pubblica vicina al Pd queste operazioni vengono viste con disincanto, disinteresse. La gente è impaurita».
Renzi ha in mente un "rimpastone"? Alcuni indizi portano verso questo scenario. Si racconta di una chiacchierata tra Renzi e Di Maio, durante la quale si sarebbe parlato dell' appeal della Farnesina e del Viminale. Il primo ambito da Renzi, il secondo come approdo per Di Maio?
Pourparler e niente di più. Ma tutti i leader di maggioranza giurano di aver sentito Renzi parlare con interesse della poltronissima da Segretario generale della Nato e di averlo sentito dire: «Obama me ne ha parlato».
Ma l' incarico scatterebbe tra due anni. E quale miglior trampolino di lancio verso l' Onu del ministero della Difesa?
Renzi scuote la testa: «Io faccio il senatore: basta e avanza. Sto in un angolino...». Parole che alludono ad un auto-ridimensionamento che mal si concilia col Renzi di sempre.
Anche perché in questi giorni ripete ai suoi interlocutori che il governo «ha bisogno di ministri competenti».
E un ex premier che conosce di persona Joe Biden, Vladimir Putin, Angela Merkel ed Emmanuel Macron sa di potersi giocare qualche carta per tornare in un posto al sole del governo, un "luogo" che lasciò un giorno di metà dicembre del 2016. Esattamente quattro anni orsono.