1. RENZI FA IL PIENO DI NEMICI: DOPO L'EUROPA, OBAMA, MAGISTRATURA, FARNESINA, CIA, ETC. CON LA FIDUCIA SULLE UNIONI CIVILI, IL CAZZARO SI E’ MESSO CONTRO ANCHE I CATTOLICI
2. LA LORO PRIMA REAZIONE E’ STATA: “CE NE RICORDEREMO AL REFERENDUM DI OTTOBRE”. MA ANCHE SULLE PROSSIME AMMINISTRATIVE IL VOTO CATTO-CONSERVATORE SARA' ANTI-RENZI
3. LE ASSOCIAZIONI CHE HANNO ORGANIZZATO IL “FAMILY DAY” TIRANO IN BALLO MATTARELLA: “E’ UNA LEGGE INCOSTITUZIONALE, DEVE INTERVENIRE. HANNO UCCISO LA DEMOCRAZIA”
4. IL SEGRETARIO DELLA CEI, MONSIGNOR GALANTINO, PARLA APERTAMENTE DI “SCONFITTA”
5. LA RETE NON PERDONA: SUI BLOG CATTOLICI PIOGGIA DI INSULTI A MARIA 'ETRURIA' BOSCHI
1 - IRA DEI CATTOLICI: "ORA REFERENDUM E SULLE RIFORME VOTEREMO NO"
C.L. per “la Repubblica”
Urlano e protestano, dentro e fuori l'aula, in un clima di altissima tensione. I nemici della legge sulle unioni civili, associazioni cattoliche e destra parlamentare, in poche ore si compattano in un partito unico che lancia appelli al capo dello Stato Mattarella, annuncia mobilitazioni, minaccia già un referendum abrogativo, affonda contro il ministro Maria Elena Boschi. In un'escalation che lascia presagire una battaglia che, col voto finale di Montecitorio, più che conclusa sembra appena cominciata.
I toni più aspri si registrano fuori dal Parlamento. «Così si uccide la democrazia, ce ne ricorderemo al referendum di ottobre», è l' avvertimento di Massimo Gandolfini, promotore del Family Day. Mentre Matteo Salvini invita già i suoi sindaci alla «disobbedienza» contro la norma (ma loro frenano).
Dentro l' aula, la presidente Boldrini proclama l' esito del voto e il capogruppo leghista Massimiliano Fedriga urla contro gli attivisti Lgbt che dalla tribuna plaudono all' approvazione. Già questa mattina a Montecitorio una schiera di parlamentari annuncerà la raccolta firme per il referendum contro la Cirinnà: da Gasparri a Quagliariello, dalla Roccella a Rampelli, da Cirielli e Sacconi, tra gli altri.
Con loro anche Carlo Giovanardi, convinto che la delega alle Pari opportunità dovesse andare al centrista Enrico Costa anziché alla Boschi, perché con lei, dice, la riforma delle adozioni «aprirà alle stepchild», nelle coppie gay. Il gruppo Area popolare di Alfano si lacera al suo interno. Paola Binetti vota la fiducia ma non la legge.
Chi lascia di fatto partito e maggioranza, votando no anche sulla fiducia, è l'alfaniano Alessandro Pagano al grido di «è il Porcellum dei diritti». Assieme al senatore Maurizio Sacconi oggi in Area (la sigla di Quagliariello), lanciano un appello al capo dello Stato affinché «fermi la disgregazione nazionale» e non controfirmi la legge. Non sono gli unici.
Al Quirinale si rivolgono anche alcune associazioni cattoliche. Lo fanno con tanto di dossier per dimostrare la «incostituzionalità» della norma il Comitato Difendiamo i nostri figli e il Centro Livatino, il Forum delle Famiglie e l' Associazione Medici cattolici. L'Agesc, associazione dei genitori, parla di «schiaffo alle famiglie». FdI votato contro ma Giorgia Meloni dice che da sindaco «pur non condividendo» applicherebbe la norma. Come lei ora anche Alfio Marchini a Roma, che smorza così la sua posizione iniziale.
2 - «PASSO AVANTI» CON LA FIDUCIA PER PLACARE LA SINISTRA PD
Massimo Franco per il “Corriere della Sera”
Il risultato è stato raggiunto: le unioni civili sono legge. E con una punta di trionfalismo, la sinistra celebra «il passo avanti» dell' Italia. Ma la decisione di ricorrere alla fiducia numero 54 ha inserito l'ennesimo elemento di tensione in una Camera dove pure il governo aveva i numeri per approvarla comunque. Più ancora che il merito, ampiamente scontato, è stato il metodo a confermare un esecutivo deciso a zittire le opposizioni in Parlamento. Le minacce di ritorsione sul referendum di ottobre da parte di alcune associazioni del Family Day lasciano il tempo che trovano.
I lividi di questa forzatura, però, promettono di sedimentarsi comunque tra le forze di opposizione; e di rafforzare la volontà di votare contro al referendum in quanti temono che una vittoria darebbe troppo potere a Matteo Renzi. In realtà, se Palazzo Chigi ha potuto arrivare al «sì» alle unioni civili senza andare troppo per il sottile, è stato perché l' esito non era in discussione. Dopo le convulsioni al Senato, la stessa Cei e il Vaticano erano rassegnati a quell' esito: bastava che dalla riforma fossero escluse le adozioni per le coppie omosessuali. Lo stesso Papa si era tenuto a distanza.
La conclusione politica della vicenda, però, acuisce le diffidenze. Quando il segretario della Cei, monsignor Nunzio Galantino, parla di «sconfitta» riferendosi alla fiducia, tocca un tema, quello delle procedure parlamentari, che può essergli ritorto contro come un' ingerenza. Il problema è che la «sconfitta» brucia anche alla Chiesa, convinta fino a ieri di avere raggiunto una mediazione accettabile. Al contrario, la fiducia finisce per esaltare la novità e la rottura; e alimenta i mugugni nella Cei sui rapporti con governo e Pd.
Per un partito che si trova a un mese dalle elezioni amministrative con la minoranza di sinistra contro, le unioni civili sono «un passo avanti» che Renzi rivendica per ricompattare il Pd: tanto più mentre candidati trasversali e appoggiati dal centrodestra, come Alfio Marchini a Roma, preannunciano che non celebreranno unioni gay se vengono eletti sindaci. Matteo Salvini, spiazzato da Marchini, chiede ai primi cittadini leghisti di imitarlo: «Disubbidite. È una legge sbagliata, anticamera delle adozioni gay».
E ci sono blog cattolici che riservano commenti grevi al ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi. D' altronde, la crisi del berlusconismo apre la caccia ai suoi elettori. Non è passato inosservato il comportamento alla Camera del M5S: «no» alla fiducia del governo, e astensione sulle unioni civili. È il manifesto di un movimento che pesca voti dovunque; che manda al Vaticano segnali intermittenti; e che a Palazzo Madama fece saltare l' accordo sulla legge della senatrice pd, Monica Cirinnà, incluse le adozioni. Ieri la Cirinnà era alla Camera, a godersi un «sì» gravido di sviluppi.