RENZI PERDE I PEZZI - DOPO LA SVOLTA DI MATTEONZO, CHE BRIGA PER RIENTRARE NEL CAMPO LARGO, LUIGI MARATTIN SI ALLONTANA DA ITALIA VIVA: “COSA DOVREI FARE NELL’ALLEANZA A SINISTRA? SI DOVREBBE RIENTRARE CON POCO PIÙ DELL’ 1% IN UNA COALIZIONE DEL 35-40% CHE NON CI VUOLE. IL PD È MOLTO PIÙ A SINISTRA DI QUANDO SIAMO USCITI, CULTURALMENTE DOMINANO I M5S E QUELLI CHE VOGLIONO OCCUPARE LE CASE POPOLARI. CONTENTI VOI” - L’IPOTESI FORZA ITALIA E IL NO A CALENDA
-
Il nodo è sempre quello: la svolta a sinistra di Italia Viva imposta dall’alto da Matteo Renzi. Luigi Marattin è l’unico dirigente nazionale di peso del partito che si è opposto pubblicamente alla decisione dell’ex premier di entrare nel campo largo. A nulla sembrano valse le sue richieste di indire un congresso per discuterne con tutta la comunità. E allora Marattin sembra ormai propenso a lasciare Iv, un partito ormai diviso soprattutto sui territori e tra i militanti per via della direzione intrapresa dal proprio leader.
Marattin ha espresso anche oggi le proprie idee tramite i social, rispondendo a qualche sostenitore di Italia Viva su X. A chi gli chiedeva di rimanere nel partito renziano, postando il video di un suo intervento in tv in cui ha parlato di alcune proposte economiche, il deputato ha risposto: “Iv – per decisione unilaterale e mai discussa in nessun organismo dirigente – ha deciso di essere parte di un’alleanza che la pensa in modo opposto a quanto ho detto in questo video (e a quanto tutti gli esponenti di IV hanno detto in questi 5 anni). Mi spiega quindi, con pazienza e cortesia, che cosa esattamente dovrei fare in tale alleanza?”.
Marattin: dopo il 18 luglio deve essere successo qualcosa di molto forte
Parole nette che allontanano il deputato da Italia Viva. A un’utente di X, che gli faceva l’esempio dei democratici statunitensi come contenitore pluralista, Marattin ha risposto chiaramente: “Il partito democratico americano esiste da 200 anni, e in un sistema che – da 200 anni – è bipartitico. In Italia non abbiamo, come avviene nei paesi anglosassoni, due culture politiche che si contendono lo spazio al centro. Ma abbiamo due coalizioni finte che, negli ultimi anni, sono guidate dagli estremi”. “Ve lo ricordate, sono le cose che abbiamo detto per 5 anni, e fino al 18 luglio scorso. Poi deve essere successo qualcosa di molto forte per cambiare direzione in maniera così radicale“, la stoccata di Marattin, critico verso la svolta di Renzi.
“Se vuole sognare, continui a lavorare con noi ad un partito liberal–democratico e riformatore. C’è tanta di quella gente disposta a lavorarci e a costruirlo. Lasci stare le avventure personali, di quelle ne abbiamo avute fin troppe”, ha poi risposto ancora Marattin.
A chi gli ha chiesto cosa ci faceva nel Pd tempo fa, Marattin ha spiegato: “Il Pd al quale ero iscritto era il Pd di Veltroni, che ebbe il coraggio di rompere con la sinistra radicale e andare da solo alle politiche del 2008. Poi era il Pd di Renzi, che fece le riforme contro cui l’attuale Pd ora si scaglia. Noi uscimmo dal Pd proprio perché ci rendemmo conto che era impossibile perseguire il sogno di un’Italia modernizzata e liberale. E ora rientriamo in un Pd che è molto più a sinistra di allora, in cui culturalmente dominano i M5S e quelli che vogliono occupare le case popolari. Mah, contenti voi”.
Poi l’aggiunta: “Entrate con poco più dell’ 1% in una coalizione del 35-40% che non vi vuole (e che dichiara a mezzo stampa di non volervi). Ps. Chi vuole entrare in Azione?”. Marattin quindi allontana un avvicinamento al partito di Carlo Calenda, cosa che aveva già fatto nel recente passato. Il deputato ormai prossimo a diventare ex renziano non ha intenzione di apparentarsi con il leader di Azione. Più probabile che cerchi, insieme a Enrico Costa, di creare un asse per riunire in un unico partito liberaldemocratico i delusi dai due leader.