1. RIDUZIONE DEI CACCIA F-35! È LA PRIMA VOLTA CHE RENZIE TOCCA I FILI: RESTERÀ FULMINATO? 2. A FAVORE DEL COSTOSO PROGRAMMA DI ACQUISTO DEI CACCIA MADE IN USA (14 MILIARDI PER 90 AEREI), C’È UN VASTO FRONTE CHE TIENE INSIEME GRAN PARTE DEL PD, FORZA ITALIA, NCD E FRATELLI D’ITALIA. DEL RESTO L’ALA SINISTRA LA COSTRUISCONO A NOVARA 3. ADESSO VEDREMO SE SEGUIRANNO I FATTI. VEDREMO SE I GIORNALONI REPLICHERANNO I PENOSI REPORTAGE-MARCHETTE DALLA “FABBRICA ITALIANA DEL CACCIA DEL FUTURO” 4. INTANTO BISOGNA DIRE CHE RENZI HA IMBOCCATO UNA STRADA CORAGGIOSA E CHE COSTA NEMICI. UNA STRADA CHE NESSUNO, DAI TEMPI DELL’ATLANTISTA DI COMPLEMENTO DALEMIX, AVEVA AVUTO ANCHE SOLO IL BUON SENSO (ECONOMICO) DI CONSIDERARE
a cura di colinward@autistici.org (Special Guest: Pippo il Patriota)
1 - LA PRIMA VOLTA CHE RENZIE TOCCA I FILI
Non è stata una battaglia da poco quella che si è giocata sulla poltrona di ministro della Difesa, al momento della formazione del primo governo Renzie. Il ciellino europeista Mario Mauro, stranamente nemico dell'Eurofighter ma innamorato degli F-35 dell'americana Lockeed, ha lottato per una riconferma fino all'ultimo secondo.
Ma a favore del costoso programma di acquisto dei caccia made in Usa, che prevede una spesa di 14 miliardi per 90 aerei, c'è un vasto fronte che storicamente tiene insieme gran parte del Pd, di Forza Italia, del Ncd e persino di Fratelli d'Italia. Del resto l'ala sinistra la costruiscono a Novara, ma attenzione: le commesse tricolori sono abilmente parametrate alla quantità dei concreti ordinativi della Difesa. Più ordiniamo, più briciole otteniamo. Mica scemi gli amici americani.
Pare che la scelta a stelle e strisce avesse tra i suoi tutori anche Re Giorgio, che però oggi ha smentito a mezzo velinazza del Corazziere della Sera. Un fatto certo è che l'adesione al programma di costruzione degli F-35 porta la prima firma dell'allora premier Massimo D'Alema (1999) ed è stata riconfermata con gioia da Romano Prodi, Silvio Berlusconi e Mario Monti.
Quanto al governicchio di Lettanipote, come dimenticare la sua ferma reazione al rapporto della commissione collaudo del Pentagono che a gennaio definiva l'ultimo prototipo dell'F-35 "fragile e inaffidabile", mentre crescevano i dubbi sul reale impatto occupazionale e le polemiche su certi componenti cinesi. La reazione fu, appunto, un fermo e severo silenzio.
Poi arriva Renzie, che sul tema ha sempre evitato di esporsi perché sa che su certi "affari" ci si gioca la stessa possibilità di conquistare la poltrona, e per la Difesa sceglie Roberta Pinotti, scout e professoressa di liceo che se proprio deve scegliere una multinazionale, da brava genovese preferisce la Finmeccanica.
La Pinotti sta muta e coperta per mesi, poi sabato a sorpresa "apre" alla riduzione del programma F-35. La reazione non è la terza guerra mondiale, anzi. Re Giorgio non fa una piega. Gli alleati di governo restano in silenzio: quei soldi risparmiati andranno nella riduzione delle tasse, la trappola "pacifista" è perfetta. Poi passa Renzie, conferma l'apertura della Pinotti e manda avanti anche Delrio con la calcolatrice.
Adesso vedremo se seguiranno i fatti. Adesso vedremo se i giornaloni di Lor Signori replicheranno i penosi reportage-marchette dalla "fabbrica italiana del caccia del futuro" che in questa modesta rassegna abbiamo sempre segnalato. Ma intanto bisogna dire che il Rottam'attore ha imboccato una strada coraggiosa e che costa nemici. Una strada che nessuno, dai tempi dell'Atlantista di complemento Dalemix, aveva avuto anche solo il buon senso (economico) di considerare.
2 - RE GIORGIO, LE BOMBE E IL GRANDE PACCO USA
Il Corriere apre la prima pagina così: "Tagli sugli F35, il governo apre. Renzi: sui caccia piano da rifare. Pinotti: chiudono 385 caserme". Dentro, due prudentissime pagine in cui si dà conto dei "timori dei militari" ("timori" sui quali ci sarebbe semmai da indagare) e nelle quali spicca la velenosa reazione dell'ex ministro Mauro: "Non c'è coerenza. Comprare quegli aerei è da sempre un'idea del Pd. F35 è una parola di sinistra" (Corriere, p. 8).
Repubblica regola la faccenda a pagina 12: "Renzi vuole 3 miliardi dalla Difesa. Pinotti: ‘Tagli a F35 e caserme".
La Stampa fa capire che la partita è solo all'inizio: "La linea di Renzi: ‘Avanti con gli F35 ma li rivedremo'. Il ministro: prima però decidiamo una strategia" (p. 10). Il Messaggero fa due conti: "un piano da 14,3 miliardi per l'acquisto di 90 caccia in 15 anni. Ogni apparecchio costa mediamente 74 milioni. Quelli a decollo verticale arrivano a 88 milioni" (p. 4). Quattordici miliardi sono due finanziarie di media entità, o un altro 14% di taglio del cuneo fiscale.
Poi, prudentemente nascosta in una colonna dal titolo soporifero ("Per il Colle necessaria una logica d'insieme", p. 8), arriva la velina di Re Giorgio per gli addetti ai lavori: la convocazione del consiglio supremo di Difesa per dopodomani era prevista da tempo per rispettare l'obbligo di riunirsi una volta ogni quattro mesi. E il Quirinale non intende impicciarsi di F35 per il semplice fatto, come si legge sul Corazziere della Sera, che "una revisione del progetto di comprare i cacciabombardieri al momento non risulta neppure all'ordine del giorno del governo". L'ambascia Usa può scrivere che per Bella Napoli per ora non è successo nulla.
3 - SILENZIO, PARLA MACALUSO ("DRAGHI STA BENE DOVE STA"!)
Al fondo di un'intervista celebrativa per i 90 anni di Emanuele Macaluso (Cazzullo, "what else?", Corriere, p. 13), ecco la vera voce di Re Giorgio che ci spiega la partita per il Quirinale. Dice Macaluso: "Non ci sarà un secondo settennato. Lui stesso si è dato un tempo di 18 mesi. Ne restano poco più di sei. Credo proprio che, quando il Senato avrà approvato la riforma elettorale, Napolitano si dimetterà".
E chi andrà a Quirinale dopo di lui? "Si aprirà un problema enorme, che tutti sottovalutano. Draghi sta bene dove sta. Monti ha fatto la sciocchezza di farsi un partitino...In Italia abbiamo solo due uomini in grado di rappresentarci nel mondo: Romano Prodi e Giuliano Amato. Ma Prodi non lo vuole la destra. E Amato ha resistenze nel Pd che lei non può neanche immaginare" (p. 13).
Macaluso è uomo lucidissimo, e a modo suo indica la strada per portare Amato al Colle: lavorare su certe "resistenze" occulte nel Pd. Ma gli sfugge anche una definizione del ruolo del presidente della Repubblica che è spettacolare: "Rappresentarci nel mondo". Ma nella Costituzione italiana si parla del capo dello Stato come figura che rappresenta "l'unità nazionale". Lor signori invece vogliono un semplice ambasciatore. La differenza non è di poco conto e racconta almeno vent'anni, se non di tradimenti, di svilimenti.
4 - PITTIBIMBO A RAPPORTO DALLA PRESIDE D'EUROPA
Vietato dire che Renzie sia andato a Berlino per farsi controllare i compiti a casa, e magari prenderne anche di nuovi. Visto che però non si può neppure sostenere che l'Italia abbia anche una minima indipendenza nazionale, spazio al "nemico comune", ovvero il famoso "populismo". Esemplare il titolo del Corriere: "Renzi a Berlino, vertice con Merkel. Un patto anti populisti (e sul deficit)" (p. 10).
In ansia la Repubblica dei renziani: "Renzi affronta l'esame Merkel.'La convincerò con le riforme. Italia nel gruppo di testa della Ue'. Obiettivo: deficit al 2,8% per aiutare la crescita. Il premier: ‘Se a volte abbiamo fatto degli errori siamo pronti a rimediare. Ma non siamo alunni somari da mettere dietro la lavagna" (p. 6). Non siamo somari, ma chiaramente sulle cifre non ci capiamo. Il governo di Roma pensa di essere al 2,6% del deficit-pil, ma il supergoverno di Bruxelles ritiene che noi siamo al 3%. Casualmente oggi spunta per la prima volta questo 2,8% di Renzie. Ma che è, una trattativa sul prezzo?
L'influente economista franco-tedesco Daniel Gros invita a moderare gli entusiasmi: "Non vi fate illusioni sulla benevolenza tedesca. L'Italia manca di credibilità. Berlino non lo dirà mai pubblicamente quello che pensa davvero di Renzi, ma i dubbi sono questi. Come fa uno con così poca esperienza a trasformare un Paese? E soprattutto, perché dovrebbe riuscirci, quando Monti e Letta prima di lui non ce l'hanno fatta?" (Stampa, p. 7).
Si entusiasma forse un po' troppo il Messaggero: "La sfida del premier ai tedeschi: ‘Ora cambio l'agenda europea" (p. 7). Non si parla d'altro, tra i tedeschi.
5 - LA RENZIE-NOMICS E LE NOMINE PUBBLICHE
Su Affari&Sfiganza di Repubblica, Alberto Statera chiede un ricambio completo di tutti i vertici delle società controllate dal Tesoro, a cominciare da Eni, Enel, Terna e Poste. Scrive che "una delle regole di buona corporate governance vuole che i presidenti e gli amministratori delegati non superino mai i tre mandati" (su Massimo Orlandi ai vertici di Sorgenia per 14 anni dev'essersi un attimo distratto). Poi avverte così il giovane premier: "L'intenzione ormai consolidata di Renzi e Delrio è di porre il limite di due mandati ai vertici delle grandi società controllate dal Tesoro. Se non ci riusciranno, saranno i boiardi a rottamare il rottamatore" (p. 5).
E a proposito di aziende ben gestite, ecco le ultime su Sorgenia, l'energia che ti fulmina: "Ultima chiamata per salvare Sorgenia. Oggi il cda, previsti altri incontri in settimana" (Giornale, p. 18). In ballo 2 miliardi di debiti e il controllo del gruppo dei De Benedetti.
6 - NON AVRAI ALTRA LEGGE CHE IL CODICE IBAN
Mercoledì scorso, dopo l'annuncio della scelta di finanziare il taglio dell'Irpef anche con un aumento della tassazione sulle transazioni finanziarie (Bot e Ctz esclusi), s'era scritto che si sarebbe messa in moto la lobby del risparmio gestito. Si comincia oggi sul Corriere delle banche, che affida una pagina di intervista a Paolo Basilico, fondatore di Kairos ("società indipendente di gestione del risparmio", per dire: "Il doppio binario fiscale non aiuta la crescita e le imprese. L'innalzamento dell'aliquota al 26% avrà l'effetto di trasferire risorse sul finanziamento improduttivo del debito pubblico" (p. 15).
Si apprezzi l'impostazione assolutamente ideologica secondo cui i soldi affidati a banche e gestori privati vanno sempre nella direzione di aziende private sane e "che generano occupazione", mentre quelli affidati ai Bot vengono dilapidati nei festini della "Casta" tra teste di maiale, mutande verdi e vibratori pagati con i soldi dei consigli regionali. Sarebbe un po' come se Delrio domani si facesse intervistare per dire che quando si sottoscrive la quota di un fondo d'investimento si finanziano i Ligrestos, Sor-genia e pure l'Ilva che fa ammalare i bambini.
7 - MILANO, PASTICCIACCIO BRUTTO IN PROCURA
A Milano la guerra tra toghe covava sotto le ceneri da tempo e alla fine è esplosa, come racconta Luigi Ferrarella sul Corriere: "Milano, il pm anti corruzione accusa il capo della procura. Lettera al Csm: irregolarità nell'assegnazione dei fascicoli. Robledo contro Bruti Liberati: si ostacolano due nuove inchieste su tangenti. La denuncia al Csm: Alcune scelte sono in contrasto con l'obbligatorietà dell'azione penale". Tra i fascicoli non assegnati a Robledo c'è anche quello sui presunti depistaggi nel caso Ruby. Sullo sfondo anche il derby con Francesco Greco e la Boccassini, fedelissimi di Bruti Liberati (p. 21).
8 - UN BANANA E' PER SEMPRE
Mentre il Giornale di Paolino Berluschino parte con una commovente iniziativa di sostegno, la pubblicazione delle firme dei lettori per Silvio candidato subito, sono in pieno svolgimento le grandi manovre di Farsa Italia. "Gazebo per Berlusconi candidato. ‘Non possono tenermi in panchina'. Club Forza Silvio mobilitati. La Cassazione decide sull'interdizione. Toti insiste: ‘Escluderlo sarebbe un'anomalia democratica" (Repubblica, p. 14).
Il Cetriolo Quotidiano approfitta dell'uno-due di Cassano e spara: "Contestato e interdetto. Silvio sogna la grazia. I tifosi protestano prima di un'altra sconfitta del Milan. Da domani incombe l'interdizione" (p. 2)
9 - AIUTO, A ROMA MANCANO 24 CHILI DI COCA! (E QUALCHE CLIENTE ECCELLENTE)
Diamo tempo al tempo e anche l'arresto della Dama Bianca (adesso s'è capito il colore) di Berlusconi ci darà soddisfazioni. Intanto Repubblica si diverte a seminare il panico: "Cocaina per politici e attori, la dama bianca chiede di parlare. Trema la Roma dei festini. E gli amici le voltano le spalle: mai conosciuta. La pista dei complici eccellenti in attesa del carico all'aeroporto di Fiumicino" (p. 19). Urge depenalizzazione espressa, per ricchi e poveri.
10 - UN MONUMENTO A MESSINA
Il CorrierEconomia oggi ci racconta le nuove avventure del suo azionista Intesa Sanpaolo, che con Fiat mensa le danze in via Solferino. "Intesa, il ritorno dei banchieri. Aziende e famiglie vogliono credito. Svolte. Le prossime tappe sembrano essere Telco e Ntv: ‘Più vicini alle imprese e ai risparmiatori'. Si consolida l'impronta di Messina: meno partecipazioni. Ma senza avere fretta. Finora sono state cedute le quote detenute in Generali, Pirelli e Sia. Il nodo Alitalia. ‘Il nostro obiettivo è quello di creare valore per gli azionisti, non di entrare nelle società" (p. 2).
Non hanno ancora finito di isolare la cacca nelle "bad bank" che già ricominciano a parlare di "creare valore per gli azionisti".
11 - LA PALUDE DEL CORRIERE E L'ARTE DI FARE (E RIFARE) I CONTI
Non si ferma la triste saga interna al Corriere della Sera, con il comitato di redazione che anche oggi ottiene la pubblicazione di una mezza lenzuolata di "comunicato sindacale" (p. 26). Il punto più interessante è quello in cui si chiede che i due schieramenti opposti, quello che fa capo a Fiat-Intesa e quello che si riconosce in Della Valle, anziché paralizzare la società con la loro guerra, si decidano a comprare le azioni che servono per comandare visto che c'è un 30% di flottante disponibile sul mercato.
Il grosso della letterona, però, è un'analisi puntuale, chiara e spietata del piano industriale e dei conti presentati dall'ad Scott Jovane. Da fedeli lettori delle cronache finanziarie del Corriere vorremmo che la stessa precisione e lo stesso coraggio fossero dimostrati dai bravi giornalisti di via Solferino anche quando si tratta di presentare ai lettori i conti delle banche e dei grandi gruppi industriali.
12 - FREE MARCHETT PULITA PULITA
Alle scuole di master in giornalismo, ritagliare e studiare con attenzione questa inchiesta della Stampa (p. 31): "Il clearing avvia le pulizie di primavera. Con 500 mila occupati punta su formazione e legalità. Indispensabili: i lavoratori del settore delle pulizie svolgono un servizio essenziale per tutto il Paese. Nel 44% dei casi le aziende sono strutturate in cooperative". Cooperative purissime.