PER RISOLVERE IL PROBLEMA DELL’ASTENSIONE BASTEREBBE AVERE CANDIDATI ALL’ALTEZZA – ROBERTO D’ALIMONTE: “È MOLTO PROBABILE CHE UNO DEI MOTIVI DELLA BASSA AFFLUENZA SIA CHE I CANDIDATI ERANO POCO GRADITI” – “IL CENTRODESTRA HA VINTO MA NON È ANDATO MEGLIO DELLE ULTIME POLITICHE. QUESTA È UNA LETTURA SBAGLIATA DEL VOTO. PROPRIO PERCHÉ SONO POCHI GLI ELETTORI ANDATI A VOTARE SONO ANCHE RELATIVAMENTE POCHI GLI ELETTORI CHE HANNO VOTATO I PARTITI DEL CENTRODESTRA. CHI ESCE MALE DA QUESTO VOTO È IL TERZO POLO”
-1. CHE COSA HA CAUSATO L’ASTENSIONE RECORD
Estratto dell’articolo di Roberto D’Alimonte per “il Sole 24 Ore”
Non c’è stata nessuna sorpresa. L’esito del voto in Lombardia e Lazio è stato quello ampiamente previsto da mesi. […] La sorpresa viene invece dal dato sulla partecipazione al voto. Era prevedibile che fosse più bassa rispetto a cinque anni fa ma non che fosse tanto bassa.
Eppure nemmeno questa è una novità assoluta. Nel 2014 in Emilia-Romagna […] si è recato alle urne per l’elezione del presidente della regione solo il 37,7% degli elettori. Un record negativo che nemmeno il dato di oggi scalfisce. […] Nelle elezioni successive, le politiche del 2018, in Emilia-Romagna la partecipazione al voto è tornata su livelli “normali” ; ha votato infatti il 78,3% degli elettori.
Il caso della Emilia-Romagna è particolarmente interessante perché evidenzia alcune delle ragioni responsabili per l’elevato livello di astensionismo delle elezioni di oggi. Con buona pace di Bonaccini, eletto allora presidente della regione e oggi candidato alla segreteria del Pd, in quella occasione gli elettori hanno disertato le urne perché l'offerta proposta, cioè i candidati, erano poco graditi.
È molto probabile che questo sia stato uno dei motivi della bassa affluenza in Lombardia e Lazio. A questo occorre aggiungere altri due elementi: l’assenza di temi coinvolgenti e la percezione diffusa che l’esito fosse scontato. Sommando a questi fattori contingenti le ben note cause strutturali che da tempo incidono sulla affluenza (debolezza dei partiti in primis) ne esce fuori un quadro caratterizzato da un astensionismo tendenzialmente crescente ma in parte intermittente. In altre parole si vota sempre di meno ma si vota anche selettivamente. […]
Con un astensionismo così alto occorre prudenza nell’analizzare questo risultato.
Il centrodestra ha vinto ma non è vero che sia andato meglio delle ultime politiche. Questa è una lettura sbagliata del voto. Proprio perché sono pochi gli elettori andati a votare sono anche relativamente pochi, rispetto alle politiche di settembre, gli elettori che hanno votato i partiti del centrodestra.
Ma in politica contano le percentuali. E questo spiega l’esultanza di Salvini che alle politiche aveva preso in Lombardia il 13,3 % e oggi, pur avendo ottenuto meno voti di allora, si ritrova con una percentuale più alta e soprattutto con un distacco da Fdi che nel 2022 era di quindici punti e oggi è diminuito.
E così Salvini si rafforza dentro il suo partito e in fondo anche Meloni si rafforza dentro il governo. Il suo risultato in Lombardia non è esaltante visto che alle politiche aveva preso il 28,5 % e oggi meno ma proprio per questo la convivenza con la Lega diventa meno problematica. […] il Pd ha dimostrato una sostanziale tenuta e il M5s ha confermato di essere sempre più un partito meridionale.
Chi esce male da questo voto è il terzo polo. […] Aver ottenuto meno del 10% con una candidatura di prestigio come quella di Letizia Moratti deve far riflettere. In una competizione, come quella delle regionali, in cui la sfida è prendere un voto in più degli avversari è difficile attirare consensi se non si è percepiti come competitivi. […]
Nel centrosinistra resta aperto il problema delle alleanze. Per quanto limitato, il test di oggi dice che non basta una coalizione Pd-M5s o Pd -Azione/Italia viva per essere competitivi nei confronti di un centro-destra unito. […]
2. IL PARTITO DELL'ASTENSIONE È MAGGIORANZA ASSOLUTA A ROMA VOTA SOLO UNO SU 3
Estratto dell’articolo di Giovanni Diamanti per “il Messaggero”
Il voto regionale in Lazio e Lombardia è stato netto, più del previsto, e ha chiaramente premiato il centrodestra a guida Fratelli d'Italia. Non può essere archiviato come "voto locale": in primo luogo perché le elezioni regionali sono un voto più politico e meno amministrativo rispetto alle comunali, e in secondo luogo perché si tratta delle prime due regioni italiane per numero di abitanti, con la capitale politica e la capitale economica a rappresentarne i capoluoghi.
Per queste stesse ragioni, tuttavia, il dato tragico di affluenza dovrebbe essere un segnale preoccupante per tutte le forze politiche, senza distinguo di sorta. Mai avevamo assistito a un voto regionale così poco partecipato: se la tendenza viene da lontano, i risultati di questa tornata elettorale sono particolarmente preoccupanti.
[…] Ad ogni modo, il dato dell'affluenza, pur aiutato dal voto in due giorni, dovrebbe allarmare chiunque. Nel Lazio, a fronte del 66,6% delle regionali scorse, quest'anno ha votato solo il 37,2%: il peggior dato di sempre.
L'affluenza è particolarmente negativa nella Capitale, dove regge un po' di più solo il voto nei primi tre municipi. E non va molto meglio in Lombardia: il 41,7% è il terzo peggior risultato di affluenza nella storia delle regionali in Italia, con picchi negativi a Mantova, Sondrio, Pavia, Varese. Solo pochi mesi fa, in occasione delle elezioni politiche, in Lombardia si era superato il 70% di affluenza, cinque anni si raggiunse il 73,1%.
Non si può dire che l'astensionismo abbia colpito solo una parte politica, considerando che i rapporti di forza rispetto al voto politico di pochi mesi fa non sembrano variare troppo: siamo di fronte a una disillusione politica dilagante e trasversale, che colpisce anche regioni con un tasso di affluenza al voto storicamente molto elevato.
[…] Il dato di partecipazione al voto complessivo è così basso che rende difficile qualunque analisi elettorale: gli astenuti non sono più solo il primo partito, ma la stragrande maggioranza dei cittadini. Con un simile livello di disaffezione, le elezioni diventano una sorta di sfida a motivare i propri elettori fidelizzati più che un rito democratico.
In conclusione, non è stato per Giorgia Meloni un voto di mid-term, ma una prova parziale avvenuta in una fase di "luna di miele" non ancora archiviata. Non c'è dubbio che sia stata brillantemente superata, ma un simile dato di affluenza dovrebbe lasciare l'amaro in bocca a tutti. Giovanni Diamanti