RISSE DEMOCRATICHE! - A ROMA LE PRIMARIE FINISCONO A CALCI E SPUTI: I DIKTAT DEL DOMINUS BETTINI SCATENANO LA BAGARRE, PERNACCHIE PER IL NEOSEGRETARIO MELILLI, IL CONGRESSO SI CHIUDE ALL’OSPEDALE


Fabrizio Roncone per "Il Corriere della Sera"

«E poi... Poi, Matteo, ci sarebbe... beh, sì, insomma: a Roma si sono menati», raccontavano ieri mattina a Matteo Renzi, che vuol essere sempre informato su tutto quando accade all'interno del suo partito, il Pd. «Menati, scusa, come? E dove? Ma che dici?» (Renzi, tra stupore e fastidio).

«È successo all'assemblea regionale. Stavano ratificando la nomina del segretario, dopo le primarie. Poi hanno iniziato a litigare. Sembra che uno, poveretto, sia perfino finito all'ospedale».

Renzi, a quel punto, si è fatto spiegare meglio (come vedremo, le primarie del Partito democratico stanno seminando ovunque, in Italia, liti furiose e denunce alla magistratura).
A Roma la scena è particolarmente tragica. I protagonisti sono tutti personaggi minori, locali: ma se provate a non farvi condizionare dai loro cognomi sconosciuti, ciò che è accaduto vi apparirà assai grave, ed emblematico.

MARCO DI STEFANO

Sabato pomeriggio, centro congressi della Cgil, molti invitati eccellenti (il governatore del Lazio Nicola Zingaretti, il sindaco di Roma Ignazio Marino, più altri parlamentari di rango: Stefano Fassina, Enrico Gasbarra, David Sassoli). La rissa esplode quando - proclamato segretario Fabio Melilli - la maggioranza del partito decide di eleggere presidente non Lorenza Bonaccorsi, renziana sconfitta da Melilli alle primarie, ma Liliana Mannocchi, nemmeno delegata però fedelissima di Marco Di Stefano, un deputato che nel Lazio controlla un mucchio di voti.

Calci e sputi (letteralmente). Due tessere centrano Melilli sul viso. Pernacchie, fischi, urla. Massimiliano Dolce, un delegato arrivato da Palestrina, crolla a terra, colpito da un principio di crisi epilettica.

MARCO DI STEFANO

Sirene di ambulanze, fotografi scatenati. E piccolo, gustoso retroscena politico: la cortesia a Marco Di Stefano sarebbe stato un gentile omaggio organizzato dal potente Goffredo Bettini che, in vista di una sua candidatura alla elezioni europee, già tesse alleanze. «È una ignobile falsità!». Sarà.

LILIANA MANNOCCHI

«Io non conosco neppure fisicamente certe persone! La verità è che se si affermassero certe mie idee, finirebbe la giostra dei patti tra cordate che purtroppo...». Proprio lei, il potente Bettini che parla di cordate? «Basta! Mi creda: questa storia del "potente" Bettini sta diventando un alibi per chi non vuole o non sa dirigere. Da anni, ormai, chi gestisce il partito mi tiene ai margini».

Comunque la sua candidatura alle Europee ha bisogno di voti. E quel Di Stefano ne porta in dote parecchi.

«Una mia candidatura è spinta da amplissimi settori del partito e della società civile. E se Di Stefano pure mi voterà, beh, lo vedremo solo nei prossimi mesi...».

Fabio Melilli

Nei prossimi mesi sarà interessante anche verificare lo stato di salute dell'intero partito. A Modena, le consultazioni per scegliere il candidato sindaco sono degenerate nel volgere di due giorni. La seconda classificata, Francesca Maletti, ha presentato un esposto per denunciare l'irregolarità del voto degli stranieri nei seggi: qualcuno avrebbe fornito agli extracomunitari i due euro necessari per votare e ad un gruppo di filippini sarebbe addirittura stato offerto il pranzo. Commento di Matteo Richetti (comandante delle truppe renziane in Emilia-Romagna, gran frequentatore di talk show): «Irresponsabili».

È andata quasi peggio - «Siete inefficienti e inaffidabili» - ai capetti e caporali del Pd lucano in trasferta a Roma per chiedere a Lorenzo Guerini, il portavoce del partito, uno slittamento del congresso che, nei loro progetti, sarebbe stato utile a «ricompattare il partito». Un partito, sul territorio, non si ricompatta in poche settimane. In Campania, per fare un esempio, divisi erano e divisi sono rimasti.

LORENZA BONACCORSI

Sfiorando il 60% dei consensi, il nuovo segretario regionale è l'avvocato Assunta Tartaglione di anni 43, vicina a Matteo Renzi e, quindi, anche a Vincenzo De Luca, il sindaco di Salerno noto per avere un controllo delle tessere quasi militare: e stavano ancora lì, a votare, i militanti, quando Guglielmo Vaccaro, 47 anni, deputato di tempio lettiano, che sarà poi il primo degli sconfitti (al 27%), decise di barricarsi nella sede del partito, in via Giovanni Manzo. «Un voto ogni 26 secondi mi sembra un po' troppo, no?».

Goffredo Bettini

Accadono cose strepitose nelle varie primarie del Pd, che poi - spesso - si perdono nelle pagine delle cronache locali.

Per dire: sapete cos'è accaduto in Sicilia? È accaduto che a capo della segreteria regionale hanno eletto Fausto Raciti, 30 anni, un ragusano determinato, cortese, battezzato in politica da D'Alema, fatto eleggere alla Camera da Bersani, appoggiato dai renziani di Faraone e sostenuto infine da chi? Da Mirello Crisafulli, l'ex senatore di Enna cacciato dalle liste del Pd perché ritenuto impresentabile e, addirittura - fare piccolo esercizio di memoria, prego - insultato dal palco della Leopolda, quando vennero ricordati i suoi presunti rapporti con un boss mafioso.

MATTEO RENZI IN CONFERENZA STAMPA A PALAZZO CHIGI FOTO LAPRESSE

Dice Raciti, senza scomporsi: «Noi, temo, facciamo troppe primarie».

A Firenze, in effetti, per un po' hanno pure pensato di non farle: per sostituire a Palazzo Vecchio il sindaco diventato premier poteva correre direttamente Dario Nardella. Poi hanno cambiato, saggiamente, idea. Le primarie si fanno, ma senza che a Nardella sia opposto il più temibile degli avversari: Eugenio Giani. Giani ha rinunciato? No: Giani è stato chiamato a Roma, a Palazzo Chigi. Inventato, per lui, un incarico ad personam: consigliere per le Politiche dello sport. Perché non è che poi le primarie debbano sempre finire in rissa.