DAL RISTORO AL RIMPASTO IL PASSO È GREVE - LA BOSCHI VUOLE UN POSTO, IL PD VUOLE I SERVIZI, I GRILLINI VOGLIONO LA POLTRONA DELLA LAMORGESE. MA CONTE È PRONTO A SACRIFICARE IL SUO CONTROLLO SULL'INTELLIGENCE PER PLACARE LE FURIE DEGLI ALLEATI? CECCANTI (PD): ''IN ITALIA NON ESISTE IL POTERE DI REVOCARE UN MINISTRO E RISULTA PIUTTOSTO IMPROBABILE CHE QUALCUNO SI DIMETTA SPONTANEAMENTE ANCHE SE RICHIESTO''
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1 - VIA ALLA VERIFICA, OGGI CONTE VEDE I PARTITI IL PD VUOLE I SERVIZI, IL M5S L'INTERNO
Ilario Lombardo per “la Stampa”
La delega ai servizi segreti al Pd, il ministero dell' Interno al M5S. Questa è una prima bozza del possibile accordo di maggioranza in vista del rimpasto che prevedibilmente potrebbe realizzarsi a gennaio, dopo una verifica che ufficialmente prenderà l' avvio oggi con le prime consultazioni di Giuseppe Conte. È una partita che non è nemmeno cominciata e si è già complicata. Perché di un rimescolamento dei ministri tutti parlano ma nessuno se ne assume la responsabilità.
E così Conte, prima di tornare a occuparsi di Covid e delle imminenti ulteriori restrizioni natalizie, attende di capire quale saranno le richieste dei partiti.
I problemi non sono pochi in questo totorimpasto. Innanzitutto, da dove partire?
Bisogna scegliere una pedina, muoverla e vedere come si sposteranno le altre di conseguenza. Al momento le forze della maggioranza stanno raccogliendo idee e desideri, cercando di prevenire le mosse degli alleati. Il canovaccio del rilancio, come lo ha definito Nicola Zingaretti, prevede l' avvio dei tavoli della verifica. Si inizia oggi con i partiti più grandi: Conte vedrà la delegazione del M5S alle 16.30, e subito dopo il Pd. Nei prossimi giorni, gli altri partiti.
Oltre ai capidelegazione e ai capigruppo, il premier vuole anche che siano presenti i leader: Zingaretti, Matteo Renzi, e per il Movimento si allargherà l' invito anche a Luigi Di Maio. In questo modo si cercherà di ridefinire il piano del Recovery fund (spese e destinazione delle risorse) e si ritoccherà la governance che avrà il compito di gestire 209 miliardi di euro, come richiesto, soprattutto, da Renzi e dai dem.
Nell' immediato, la preoccupazione di Conte, grillini e Pd è rivolta al leader di Italia Viva e al giorno del via libera alla legge di Bilancio a fine mese. Le festività natalizie dovrebbero mettere tra parentesi per qualche giorno la resa dei conti di Renzi.
Con la ripartenza, dopo la Befana, se ci saranno le condizioni, Conte aprirà definitivamente il capitolo rimpasto. Sia chiaro, il premier è riluttante, è ancora convinto che non sia necessario.
Pensa che sia più facile parlarne che attuarlo, per tutti i veti incrociati che i partiti sono pronti a scaricargli addosso. Ma da qualche parte bisognerà pur cominciare.
Andrea Orlando gli ha indicato una prima casella: il posto del sottosegretario della presidenza del Consiglio. Il vicesegretario dem consiglia al capo del governo di indicare un uomo di fiducia per sostituire il grillino Riccardo Fraccaro. Non per forza con un uomo del Pd come hanno interpretato in tanti.
Ma qualcuno che possa garantire la massima fedeltà, come era Gianni Letta per Silvio Berlusconi.
Quello a cui punta il Pd con molta più incisività è la delega ai servizi segreti, che Conte ha preferito tenere per sé. Come è noto, una scelta che non ha fatto piacere né a Zingaretti né a Renzi, e che ora torna in discussione dopo il tentativo, sabotato, di affidare tramite un emendamento alla legge di Bilancio la gestione degli 007 a una fondazione presieduta dal presidente del Consiglio. Il ragionamento che si fa tra i dem è semplice: secondo la legge, la delega può andare a un sottosegretario o a un ministro senza portafoglio, altrimenti resta al premier. Nella storia recente, prima di Conte l' unico precedente che si ricordi è quello di Paolo Gentiloni.
Se il Pd la dovesse spuntare, potrebbe agevolare i disegni del M5S. I vertici grillini credono sia arrivato il momento di avere un «ministero delle divise», o l' Interno o la Difesa. Su entrambi la parola finale del presidente della Repubblica pesa moltissimo ma in caso di accordo politico sarà più facile, sostengono nella maggioranza, chiedere un sacrificio a un tecnico come l' attuale inquilino del Viminale Luciana Lamorgese. A sperare è l' attuale reggente del M5S, viceministro dell' Interno, Vito Crimi.
Ma nel M5S e nel Pd non sono in pochi a pensare che potrebbe traslocare Di Maio, per lasciare gli Esteri ad altri, se Renzi dovesse rifiutare. Da parte sua, l' ex capo politico grillino assicura di voler «continuare a lavorare alla Farnesina» e di essere «stufo di essere tirato in mezzo da chi vuole seminare zizzania»: «Non mi interessa fare il premier come ho sentito e letto», ribadisce, «e trovo assurdo mettere in discussione Conte». A questo proposito, dal Pd arriva un suggerimento prezioso al premier. All' alba di un possibile rimpasto, bisognerà presentarsi dal Capo dello Stato Sergio Mattarella con un accordo chiuso e impacchettato. Serve a blindare Conte e a evitare «crisi al buio» che si sa dove cominciano ma non dove Renzi può farle finire.
2 - CACCIA ALLA POLTRONA TRA I GIALLOROSSI ECCO CHI SGOMITA PER UN MINISTERO
Giuseppe Marino per “il Giornale”
In principio era la discontinuità. In nome di questo principio evocato all' inizio delle trattative per formare la coalizione giallorossa, Giuseppe Conte non avrebbe dovuto rimanere a Palazzo Chigi. Alla fine invece, l' avvocato del popolo la spunta e si decide di creare un minimo di cesura con l' ancora freschissimo passato gialloverde escludendo qualche ministro M5s che si era fatto notare anche troppo, vedi Danilo Toninelli, e tenere fuori dalla partita alcuni degli esponenti di punta del Pd.
Un' impostazione che contribuisce alle fibrillazioni di oggi. Alla base delle richieste di cambio di passo, di rimpasto, di allargamento della maggioranza ci sono di sicuro i tanti problemi del governo: la perdita di consenso, il protagonismo di Conte diventato eccessivo, i troppi flop degli ultimi mesi, le sfide di cui il Paese deve farsi carico. Ma c' è anche chi vede nell' agitazione del momento, le interviste a pioggia, le comparsate tv, le polemiche sui social, l' elemento umano: troppi big sono rimasti lontani dal potere vero troppo a lungo. E nei movimenti cui si assiste attorno alle poltrone ministeriali ballerine c' è chi vede i passi del più classico valzer dell' ambizione.
Se questo è vero, la prima a tornare a ballare con le stelle è Maria Elena Boschi, dopo Matteo Renzi il personaggio più in vista di Italia viva, uscita dall' ombra dell' eclissi in cui si era nascosta per mesi. L' attività sui social che si fa più vivace, l' intervista alla Stampa, il servizio di gossip su Chi, le ospitate da Lucia Annunziata e, soprattutto, quella da Lilli Gruber che ha infiammato i social: la conduttrice che si è scoperta paladina del femminismo ma ogni volta che incrocia la Boschi la butta sulle vicende sentimental-personali.
Per metterla in difficoltà le chiede conto delle foto su Chi con il fidanzato senza mascherina, l' ex ministro risponde piccata e sui social si scatena la polemica. Al momento di attivismo di Maria Elena Boschi partecipa anche il fidanzato Giulio Berruti, il quale (a ragione) ricorda alla giornalista di La7 le regole del Dpcm. Dalle parti di Italia viva sminuiscono: Boschi è solo scesa in campo per dare man forte a Matteo Renzi che sta picconando Conte e il suo progetto di governo tecnico parallelo.
Di certo, in questa fase le eventuali aspirazioni sono più che coperte. Anzi: ufficialmente tutti negano non solo, e fin qui sarebbe ovvio, di essere pronti a rivendicare una poltrona di governo, ma anche di auspicare il rimpasto.
Eppure è un discorso che resta all' ordine del giorno. I Cinque stelle dopo il voto sulla riforma del Mes appaiono ricompattati intorno a Conte e se c' è qualcuno in casa pentastellata che si dà da fare per farsi notare ora è a sostegno del governo, come Davide Crippa, sottosegretario al Ministero dello sviluppo economico, uno dei dicasteri dati come a rischio di cambio alla guida. Eppure, nonostante il rinnovato sostegno dei grillini a Conte, Roberto Fico sente il bisogno di frenare eventuali ambizioni dicendo che di rimpasto non se ne parla.
Di certo è che nel Pd gli «stimoli» a Conte si sono fatti particolarmente intensi e che ci sono più esponenti di primo piano con potenziali ambizioni. L' unico davvero credibile quando dice di non ambire a posti di governo pare Nicola Zingaretti. Più attivi nelle polemiche appaiono i capigruppo in Parlamento Andrea Marcucci e Graziano Delrio. E Andrea Orlando pure si è cimentato in qualche polemica.
Ma sulla via del rimpasto gli ostacoli non mancano e c' è chi alla fine lo vede come una sorta di chimera. Stefano Ceccanti, costituzionalista e deputato del Pd, archivia la questione: «In Italia non esiste il potere di revocare un ministro e risulta piuttosto improbabile che qualcuno si dimetta spontaneamente anche se richiesto». Renzi alla fine qualcosa otterrà. Ma le poltrone di governo non sono sul piatto.