LA “RIVOLUZIONE ARANCIONE” FINITA IN VACCA - AI GUAI DI MARINO A ROMA E DI DE MAGISTRIS A NAPOLI, SI UNISCONO QUELLI DI MARCO DORIA A GENOVA - L’ATTIVITÀ COMUNALE È PARALIZZATA E LA MAGGIORANZA NON HA I NUMERI PER APPROVARE LE DELIBERE SULLE PARTECIPATE


Fabrizio Boschi per “il Giornale”

 

GIULIANO PISAPIA E MARCO DORIA

Tira una brutta aria in largo del Nazareno. Non è solo il modello Renzi ad essersi inceppato, ma è proprio Renzi stesso a non funzionare più. Il rottamatore va verso la rottamazione, e senza superincentivi. Per usare un termine a lui caro quando prendeva in giro il capo della Ditta, Pier Luigi Bersani, il premier-segretario è «spompo».

 

Prima lo schiaffone alle Amministrative con la perdita di città come Venezia e Arezzo e Regioni come la Liguria, poi il crollo di Roma con la patata bollente Marino fra le mani, la grana De Luca e la Campania che vacilla, l'emergenza immigrati e la maxi emergenza Alfano. Il Pd perde pezzi da ogni parte, la minoranza antirenziana si rafforza e Renzi dimostra tutta la sua incapacità nel gestire i problemi interni al partito e quelli esterni che riguardano il Paese.

 

MARCO DORIA E DON GALLO

L'ultima colonna a venir giù è quella genovese. La rivoluzione arancione è completamente scolorita. Era il 2012. Sembra trascorso un decennio. Anche perché in tre anni il sindaco Sel Marco Doria, sostenuto da una coalizione di centrosinistra, non solo ha fatto poco e nulla per Genova e per i genovesi, ma si è addirittura mangiato la sua già flebile maggioranza, tanto che adesso l'attività comunale è completamente paralizzata. L'apice l'altro giorno durante l'ennesimo consiglio comunale sull'orlo del precipizio.

 

MARCO DORIA

La seduta è finita in rissa. Sette feriti in ospedale. L'amministrazione sta esalando l'ultimo respiro. È la seconda volta che la maggioranza va sotto sulla delibera sul personale delle «partecipate» che riguarda migliaia di lavoratori. Incapace di mettere insieme un numero sufficiente di consiglieri. Eppure in quel 2012 venne eletto a furor di popolo con il 60% dei consensi. Tutto dissolto. Oggi fa fatica a mettere insieme il pranzo con la cena (politicamente parlando) e si ritrova a piangere miseria (di voti) dall'Udc (che alle Regionali ha appoggiato Giovanni Toti) e dal Gruppo Misto.

 

La malattia, di mese in mese, di anno in anno, è diventata cronica e l'assenza di voti mette a rischio, i primi di luglio, pure l'approvazione del bilancio dell'ente. Pena per il marchese, patrizio genovese e conte di Montaldeo Doria, il prendere atto di non avere sufficiente sostegno per governare. Il sindaco appeso a un filo di cotone minimizza: «I numeri ci sono, è stato solo un incidente».

LA VITTORIA DI MARCO DORIA

 

E aggiunge: «Se non ci sono malati i numeri li abbiamo». Facendo così infuriare il segretario Pd provinciale che rinfaccia al sindaco un allargamento della maggioranza sempre rimandato e mai tentato veramente: «Non possiamo governare la sesta città d'Italia sperando sempre che nessuno abbia il raffreddore!».

 

E a questo punto, il professor Doria, che per ora fa finta di non aver bisogno dei centristi sbotta: «Va bene, se non ci sono i numeri vado a casa». Sì, vanno tutti a casa, ma intanto restano tutti lì, inchiodati al loro posto. Marino, De Luca, Doria e Renzi, tutti uniti da un unico filo rosso. Quello di nuove elezioni nel 2016.

 

 

LA VITTORIA DI MARCO DORIA