ROBERT FICO NON È ANCORA FUORI PERICOLO – LE CONDIZIONI DEL PRIMO MINISTRO SLOVACCO, COLPITO IERI DA QUATTRO COLPI DI PISTOLA, SONO “STABILIZZATE MA ANCORA GRAVI” – IL RITRATTO DEL LEADER “ROSSOBRUNO”: SOPRANNOMINATO “RED BULLO”, EX COMUNISTA, SI È RICICLATO COME NAZIONALISTA, NO-VAX, COMPLOTTISTA E FILO-RUSSO – NEL 2018 FICO FU COSTRETTO A DIMETTERSI DOPO LE PROTESTE PER LA MORTE DEL GIORNALISTA JAN KUCIAK, CHE INDAGAVA SUI LEGAMI TRA LA ‘NDRANGHETA E LO STAFF DEL PREMIER…
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1. MEDICI, 'LE CONDIZIONI DI FICO STABILIZZATE MA ANCORA GRAVI'
(ANSA) - Le condizioni del primo ministro slovacco Robert Fico sono stabilizzate dal punto di vista medico ma sono ancora gravi: lo ha confermato nel pomeriggio la direttrice dell'ospedale Roosevelt, Miriam Lapuníková, come riporta Aktuality. Secondo le informazioni ufficiali può comunicare e finora è stato sottoposto a una sola operazione.
2. L’AUTOCRATE PUTINIANO ACCUSATO DI ’NDRANGHETA DA SEMPRE IN GUERRA CON GIORNALISTI E GIUDICI
Estratto dell’articolo di Tonia Mastrobuoni per “la Repubblica”
Robert Fico è l’uomo dei primati. È il primo leader “rossobruno” ad aver agguantato lo scettro da premier in Europa. In sostanza, è il primo ex comunista ad aver (ri)conquistato il potere scippando le bandiere della destra, diventando ferocemente nazionalista, xenofobo, complottista, omofobo e No Vax.
Il camaleontico padre padrone della Slovacchia ha vinto la sfida elettorale 2023 al grido di «vogliamo la pace in Ucraina». E come tanti pacifisti putiniani ha proposto di abbandonare Zelensky al suo destino. […]
Grande ammiratore di Vladimir Putin, cui ha chiesto anche una mano in campagna elettorale secondo un’inchiesta di VSquare , Fico ha promesso che se ne infischierà del mandato d’arresto internazionale e ha giurato solennemente che non arresterà «mai» lo Zar se metterà piede in Slovacchia.
Altro primato triste, il leader populista è stato il primo premier in Europa su cui si è allungata l’ombra della ’Ndrangheta: sei anni fa è stato costretto a dimettersi a furor di popolo dopo l’omicidio di un giovane giornalista d’inchiesta, Jan Kuciak, che indagava sui legami tra l’entourage del primo ministro e le ndrine .
Dipinto spesso come un Viktor Orbán in Do minore, il giurista dalla faccia eternamente imbronciata è nato sessanta’anni fa a Topolcani ed è forse il più opportunista e il più sanguigno degli autocrati dell’Est che hanno sfidato in questi anni l’Europa. Il copycat del tiranno magiaro è soprannominato “Red Bullo” per i modi spicci e l’insulto facile: all’ex presidente europeista Zuzana Caputova aveva dedicato un «cagna» e «marionetta di Soros». E lei, afflitta da una campagna d’odio senza freni e da minacce di morte, ha deciso quest’anno di gettare la spugna e non ricandidarsi più — soprattutto per tutelare la famiglia.
Poche settimane fa gli slovacchi hanno eletto dunque presidente un sodale di Fico, Peter Pellegrini, leader di Hlas. E la morsa autoritaria del premier rischia di subire ora un’accelerazione ulteriore.
In questi decenni il pluri premier slovacco ha dimostrato di non essere meno scaltro del tiranno ungherese. Intorno a sé non ha riunito una corte di boiardi arricchiti […] ma comunque una vera e propria banda criminale, secondo le procure slovacche. E da quando è tornato al potere, non a caso, ha chiuso d’imperio l’autorità anticorruzione che indagava, tra l’altro, su casi che riguardavano il suo partito.
[…] Sempre su modello di Orbán e Kaczynski, il leader slovacco sta cercando con un colpo di spugna di liberarsi del pluralismo e del giornalismo indipendente. A fine aprile ha presentato una legge che ha l’obiettivo di smantellare l’emittente radiotelevisiva pubblica Rtvs per sostituirla con una rete totalmente controllata dalla coalizione di governo.
Una mossa-fotocopia delle misure intraprese quattordici anni fa da Budapest e nove anni fa da Varsavia e che ha trasformato l’informazione pubblica ungherese e polacca in un totale megafono del regime. E sempre ad aprile, Fico ha minacciato una legge […] che impone alle Ong che ricevano più di 5000 euro al mese di rivelare le loro fonti di finanziamento. Un modo per intimidirle e stigmatizzarle. […]
3. POPULISTA E DIVISIVO, IL LEADER FILORUSSO CHE HA RESISTITO A SCANDALI E SCONFITTE
Estratto dell’articolo di Alessandra Muglia per il “Corriere della Sera”
[…] «In realtà il Paese già al tempo delle proteste per Kuciak era spaccato in due grandi tribù: quelli che credono nella democrazia liberale, nella libertà e nelle istituzioni democratiche sono scesi in piazza a chiedere una nuova classe politica, mentre sono rimasti a casa i fan dell’uomo forte che considerano Kuciak soltanto un fallimento del sistema, un problema personale di Fico e non per il Paese» ci dice Peter Bárdy, direttore di Aktuality e autore di «Fico – Ossessionato dal potere».
È la storia del politico più influente e controverso della storia moderna della Slovacchia: diventato parlamentare appena ventottenne nel 1992, tra le fila del partito di sinistra nato dalle ceneri del partito comunista, poi fondatore di Smer, partito socialdemocratico aderente alla gruppo S&D di Bruxelles (imbarazzando i socialisti l’Europa), è stato eletto tre volte premier nel 2006, nel 2012 e nel 2016. L’ultimo mandato interrotto sotto le pressioni della piazza e dei giudici.
Le ragioni della sua rinascita si inseriscono nella sua audace parabola politica: da comunista dell’era sovietica al populista di oggi che cerca alleanze nell’estrema destra.
«In realtà Fico non è mai cambiato, è sempre stato uomo pragmatico, cinico, assetato di potere — racconta Bárdy —. È un uomo dalle mille facce, una per ogni occasione. In passato si è mostrato filo europeo e il minuto dopo contro l’Europa. Dopo l’invasione della Crimea, nel 2014, per esempio, il suo ministro degli Esteri votò a Bruxelles a favore delle sanzioni contro la Russia mentre in Slovacchia lui ripeteva che le sanzioni non funzionano: «Ha fatto la doppia faccia in tutta la sua carriera. È stata la sua cinica strategia per restare al potere».
[…] «Dopo l’uccisione di Kuciak gli è stato chiaro che i suoi elettori non sono liberali, social democratici, ma gli arrabbiati e i frustrati anti sistema, e ora al governo è diventato un piccolo Orbán».
Il mese scorso ha sollevato un polverone la sua riforma della radiotelevisione pubblica, avversata anche da Reporter sans frontières come tentativo di imbavagliare i media pubblici. Su pressione di Bruxelles e della piazza il suo governo è stato invece costretto a fare marcia indietro sulle sue controverse proposte di riforma del codice penale.