ROMA? ATAC-CATI AL TRAM! - MATTIA FELTRI: “C’E’ GENTE CHE FA TURNI DI 3 ORE, UN VIAGGIATORE SU 3 NON PAGA IL BIGLIETTO. OGNI GIORNO UN AUTOBUS SU 4 È FERMO PERCHÉ ROTTO. ATAC HA UN DEBITO DI 1,3 MILIARDI DI EURO. DI CHI E’ LA COLPA?”- ''RAGGI PAGHERÀ PER AVERMI FATTO FUORI", MAZZILLO GIURA VENDETTA
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Mattia Feltri per La Stampa
Un autista di autobus di Roma, oltre che guidare gli autobus, faceva il traslocatore. Un altro faceva il piastrellista. Un altro ancora lavorava alle pompe funebri. C’è gente che fa turni di tre ore, ha detto andandosene Bruno Rota, penultimo direttore generale di Atac, l’azienda dei trasporti della capitale. I sindacalisti si sono presi undicimila ore di permesso in più rispetto agli accordi. C’era chi era in permesso sindacale da un anno. Del resto in Atac ci sono undici sigle sindacali. Sono stati appena licenziati quaranta dipendenti entrati col sistema di Parentopoli, ma non vogliono rinunciare alla liquidazione.
Ogni anno, fino a pochi anni fa, venivano venduti biglietti falsi per 70 milioni di euro, con la collaborazione di dirigenti ed edicolanti. Sono state acquistate porte-vetro a 98 e 128 euro quando l’offerta media delle aziende sconfitte era di 6,5 e 13,5 euro. Fra il 2013 e il 2015 sono state bucate 6 mila gomme ma ne sono state sostituite d’urgenza 15 mila. Dove sono finite le 9 mila di troppo? Boh.
La metropolitana, per sciopero o guasto, è ferma in media più di un giorno alla settimana. I suoi freni a disco costano 6 mila e 700 euro anche se il prezzo di listino è di mille e 700. Un viaggiatore su tre non paga il biglietto. Ogni giorno un autobus su quattro è fermo perché rotto. Atac ha un debito di 1,3 miliardi di euro. Forse fallirà, forse no, ma una domanda non è ammessa: di chi è la colpa?
MAZZILLO PREPARA LA VENDETTA SU ATAC
Ilario Lombardo per La Stampa
«Non posso accettare che finisca così, che tutto il lavoro fatto finora venga buttato, tutte le promesse per cui siamo stati eletti... Mi hanno cacciato via per questo e io gliela faccio pagare».
È mezzogiorno passato e a parlare in questo modo è Andrea Mazzillo, assessore al Bilancio di Roma fino a dieci giorni fa, prima di essere malamente silurato dalla sindaca Virginia Raggi. La scena che raccontiamo si è svolta ieri alla pasticceria Panella, su via Merulana, al centro della Capitale. Mazzillo è seduto a un tavolino fuori, ha un’agenda aperta di fronte a sé e parla con due uomini, due sindacalisti.
Parlano di Atac, nel giorno in cui il concordato diventa realtà. Mazzillo è stato fatto fuori perché si era opposto a questa formula e ora vuole vendicarsi. «Non lo faccio per me – dice – lo faccio perché stanno facendo una follia, gliel’ho detto in tutti i modi». L’ex assessore rievoca gli ultimi mesi, ma ascolta anche tanto, chiede consigli. Perché – sono le sue parole a svelarlo – ha un piano. Vuole intestarsi una battaglia assieme a una fetta del M5S delusa da Raggi che la pensa come lui e con la complicità dei sindacalisti che ne condividono le preoccupazioni sui posti di lavoro. Usa spesso il «noi» e alla prima persona plurale lega la possibilità del sabotaggio in extremis del concordato.
Come? Mazzillo raccoglie informazioni e reagisce con stupore quando uno dei due sindacalisti gli racconta il debutto in Atac dell’assessore alle Partecipate Massimo Colomban, con il quale si è più volte scontrato in giunta. «Dieci mesi fa si è presentato dicendo che era necessario tagliare 800-900 unità, anche per dare un primo segnale». «Davvero? – esclama Mazzillo –
Diceva queste cose già dieci mesi fa?». È incredulo, evidentemente non pensava che Colomban avesse sin da subito le idee chiare su dove puntare. «Il concordato era deciso da tempo», sostengono tutti al tavolo. Forse già da ottobre, quando Colomban piomba a Roma per volere della Casaleggio e nello stesso giorno viene nominato assessore con Mazzillo: «Avevamo un programma, che hanno tradito. Avevamo fatto delle promesse sui posti di lavoro in Atac». Le unità, così chiamate da Colomban. «Come si fa a dire – continua Mazzillo – taglio queste unità, senza specificare se sono autisti, amministrativi, e senza prima verificare le necessità delle singole categorie?».
Il sindacalista sembra disponibile a offrire a Mazzillo una sponda, a valutare un patto. Lo fa proponendo una via d’uscita: «Sulla mobilità pensiamo a una grande azienda unica regionale, sul modello delle aree metropolitane del Nord Europa». Ma lo fa anche ripercorrendo gli errori che, a suo avviso, ha compiuto Raggi: «Anche lei è rimasta prigioniera del relazionismo di Roma. Non doveva dare spazio a gruppuscoli sindacali come quello della Quintavalle (Micaela, leader della sigla “Cambiamenti M410”). E non doveva nominare Manuel Fantasia (ex amministratore unico, ndr) e lasciare andare via Marco Rettighieri, l’unico davvero competente». Mazzillo annuisce. «Sono stati fatti errori ma la strada era giusta…» dice rievocando le difficoltà incontrate in Campidoglio, tra gli sgambetti dei dirigenti. «Bisogna dare direttive politiche chiare. Non puoi essere ostaggio di Viola (Maurizio, direttore del dipartimento Mobilità e Trasporti) e compagnia. Io andavo lì e li mettevo in riga».
Le dimissioni bruciano, per Mazzillo, e bruciano perché lo hanno costretto a subire l’onta di essere sostituito dall’assessore al Bilancio, Gianni Lemmetti, di un altro Comune a 5 Stelle. «Ma come si fa a prendere uno da Livorno e darlo in prestito a Roma?» dice uno dei due sindacalisti. «In aula, giovedì, ha fatto una presentazione sconclusionata. Si vedeva – racconta Mazzillo – che nemmeno aveva chiara la differenza tra Ama e Atac. Sapete cosa mi ha raccontato il Ragioniere generale? Che quando gli ha consigliato di munirsi subito di uno staff, Lemmetti gli ha risposto: “Faccio da solo, mi basta una segretaria”. Al che il Ragioniere non ha potuto che dirgli: “Guardi che qui è un po’ più complesso che a Livorno”».