ROMA CAPUT MUNNEZZA - DOPO LE FESTE TORNA L'EMERGENZA: STRADE INVASE DI SPAZZATURA, CASSONETTI IN FIAMME E LA RAGGI RIAPRE L'IMPIANTO CHE AVEVA PROMESSO DI TENERE CHIUSO - L'EMILIA-ROMAGNA È GIÀ STUFA: UN COMUNE VIETA IL TRANSITO DEI CAMION PIENI DI RIFIUTI CAPITOLINI, CHE APPESTANO LA ZONA (MENTRE L'ARRICCHISCONO)
-1. STRADE INONDATE DI SPAZZATURA A ROMA TORNA L' EMERGENZA
Federico Capurso per ''la Stampa''
Una montagna di rifiuti che sorge in un vicolo del centro storico di Roma non è poi così diversa dal cumulo di spazzatura in un quartiere di periferia. È la «livella» romana, che non guarda in faccia a censo o privilegi, e maleodorante torna in questi giorni a inondare le strade della Capitale.
Arresa da tempo ai rifiuti e all' incuria, Roma è ormai sul punto di esplodere nell' ennesima crisi di Natale. I romani, che normalmente sfornano complessivamente 4500 tonnellate di rifiuti al giorno, sotto le feste hanno aumentato la loro produzione superando la soglia delle 5000 tonnellate.
Numeri che già nel resto dell' anno si attestano ben al di sopra della media italiana: se un romano riversa nei cassonetti 590 chili di rifiuti all' anno, nel resto del Paese ci si ferma a 480 chili a persona. Ma dietro ai pregiudizi sul «romano zozzone» e alle criticità delle festività natalizie, c' è un sistema marcio che da anni vive in una costante emergenza. Solo così, in pochi giorni, la spazzatura può riempire gli impianti, colmare i cassonetti e, alla fine, invadere le strade.
A preoccupare, in queste ore, è soprattutto il silenzio calato sulle porte d' uscita degli impianti di trattamento dei rifiuti.
I camion che portano la spazzatura lontano dalla Capitale sono da ieri notte costretti a rimanere parcheggiati, perché i luoghi di destinazione sono chiusi per le festività. Solo lunedì, quindi, potranno ripartire e restituire ossigeno ad un sistema vicino al soffocamento. «A Roma servirebbero altri impianti, per chiudere il ciclo in città senza rivolgersi all' esterno», sosteneva Stefano Bina, l' ex direttore generale dell' Ama, la malandata azienda dei rifiuti romana, «ma c' è sempre qualche comitato di quartiere che si oppone e la politica che lo asseconda».
I pochi impianti attivi, in effetti, sono di nuovo al collasso. I rifiuti arrivano a toccare il soffitto degli immensi capannoni in cui vengono stoccati e «l' aria diventa irrespirabile», si sfoga Maurizio, un lavoratore dell' Ama che con i suoi colleghi ha dato vita a "Lila", un laboratorio per tentare di trovare soluzioni ai problemi dell' azienda.
«Soprattutto, è pericoloso», dice mostrando le foto scattate negli ultimi giorni all' impianto in cui lavora. «L' escavatore ormai si arrampica su una montagna di rifiuti e arriva così in alto da urtare con il braccio della ruspa i tubi di areazione. L' altro giorno ne sono crollati due pezzi, lunghi quattro metri l' uno».
Senza un posto dove andare, i rifiuti restano in strada per giorni. E così, sempre più spesso, i cassonetti vengono dati alle fiamme. Questioni legate alla malavita, come a Ostia, o alla semplice esasperazione, come nelle periferie. Neanche il fuoco, però, riesce a risolvere il problema. «Quando bruciano, i rifiuti rilasciano sostanze tossiche e passano giorni prima che vengano rimossi», racconta un operatore Ama che chiede l' anonimato. «In teoria dovrebbero essere presi da una squadra ad hoc che li sottoponga a un trattamento di smaltimento speciale, ma costerebbe una enormità. Invece si fa finta di niente e alla fine siamo noi a dover buttare tutto in discarica».
Le soluzioni del Campidoglio, finora, sembrano tese a tamponare l' emorragia e prendere tempo. Si è acceso in questi giorni un impianto a Ostia che gli stessi Cinque stelle di Virginia Raggi giuravano avrebbero tenuto spento. Il piano di più lungo respiro dei Cinque stelle punta tutto sulla differenziata.
Il progetto, però, non sembra decollare. Dal 2016 a oggi la raccolta differenziata è cresciuta al rallentatore, passando dal 41 al 44 per cento del totale. Per avere un termine di paragone: tra il 2013 e il 2014 il balzo in avanti era stato del 12%. Nei prossimi mesi il Comune intende comunque procedere a una riorganizzazione del sistema di raccolta, partendo dalla sperimentazione in due municipi. Per avviarlo saranno necessari 100 nuovi camion, ma il primo bando di gara è andato deserto.
Il parco mezzi è un' altra spina nel fianco dell' azienda. Le vetture in dotazione hanno in gran parte più di dodici anni e, anche per questo, il 50 per cento dei mezzi è fermo in officina.
Un dato preoccupante se si pensa che i mezzi fermi per guasto nello stesso periodo del 2016 erano «solo» il 25 per cento. Per questo, Ama ha puntato su investimenti ambiziosi, che per ora sono solo sulla carta: 120 milioni di euro da spalmare nei prossimi anni per l' acquisto di 1400 nuovi mezzi.
2. LA RIVOLTA CORRE LUNGO LA VIA EMILIA "RAGGI SI TENGA LA SUA MONNEZZA"
Franco Giubilei per ''la Stampa''
All' inceneritore di Granarolo, uno dei tre impianti dell' Emilia scelti per smaltire le 15mila tonnellate di rifiuti romani, in qualche modo l' immondizia arriverà, ma per giungere fin qui dovrà evitare il comune di Castenaso. È il paese confinante, e il sindaco ha già deciso che firmerà l' ordinanza con cui sarà vietato il passaggio della spazzatura attraverso il suo territorio. Il motivo è che, pur trovandosi nel comune di Granarolo, l' impianto è molto più vicino all' abitato di Castenaso, che è investito direttamente dalle emissioni dell' inceneritore, come dimostrato anche da studi compiuti sulla qualità dell' aria. Ora che ai rifiuti autoctoni si aggiungono quelli della Capitale, i malumori della popolazione aumentano.
La gente, dai paesi alle porte di Bologna fino a Modena e Parma, le altre città destinatarie in parti uguali dei rifiuti provenienti da Roma, già convive malvolentieri coi termovalorizzatori quando bruciano l' immondizia locale, ma quando a finire nei loro impianti è la spazzatura di qualcun altro lo scontento aumenta.
«Che se li smaltiscano a Roma i loro rifiuti», brontola Federico, pensionato, fra una partita di biliardo e l' altra al bar Gioia di Castenaso, principale punto di ritrovo del paese. Qui ci convivono da più di quarant' anni con l' inceneritore, e notizie come queste rinfocolano vecchi malumori: «La sera, quando l' impianto brucia di più, si sentono odori strani qui, e noi dobbiamo sopportare tutto questo».
Mirko, 40 anni, artigiano, aggiunge: «Che se la tengano la loro spazzatura, ma qui tanto comanda Hera (la multiutility che gestisce l' impianto, ndr), e finché arrivano i soldi.
E poi si sa che gli inceneritori, per funzionare al meglio, hanno bisogno di essere riforniti di rifiuti. Era già successo con quelli provenienti dalla Puglia, qualche anno fa».
Anche allora il sindaco Stefano Sermenghi aveva detto di no al passaggio nel suo territorio, un no simbolico, visto che i rifiuti faranno semplicemente un' altra strada, e ora si prepara a fare la stessa cosa: «Da noi è un problema molto sentito, anche perché gli effluvi dell' inceneritore si dirigono per la maggior parte verso Castenaso - dice il sindaco -. Bisogna che con i rifiuti ognuno si prenda le sue responsabilità, e noi diremo no al transito di rifiuti extraterritoriali. Poi ci arriveranno passando da un' altra strada, ma almeno diamo un segnale».
Il sentimento dei suoi concittadini oscilla fra la rabbia e la rassegnazione: «La verità è che nessuno vuole i rifiuti sul proprio territorio - commenta Stefano Lodi, un altro avventore del bar Gioia -. Qui però, se non pulisci casa per un giorno, ti ritrovi con un dito di polvere sui mobili, per non parlare delle malattie oncologiche di cui si sente parlare in certe zone del paese a ridosso dell' impianto».
È anche un affare lo smaltimento dell' immondizia altrui: saremmo nell' ordine dei 200 euro a tonnellata, quanto è stato pagato per bruciare i rifiuti dalla Puglia la volta scorsa, anche se da Hera non arrivano conferme, quindi l' importo complessivo dovrebbe aggirarsi intorno ai 3 milioni di euro.
Daniela Lo Conte, sindaco di Granarolo, è più conciliante: «Cinquemila tonnellate nel nostro impianto significa che parliamo di 10 camion al giorno. Poi è anche vero che, trattandosi di Roma, fa più notizia, anche perché Roma è un' emergenza che fa scappare da ridere, nel senso che ormai è un' emergenza storica. Le regioni dovrebbero essere autonome per lo smaltimento dei rifiuti, però c' è anche una responsabilità dello Stato».
Il sindaco di Modena Giancarlo Muzzarelli aggiunge: «Questa vicenda ci insegna che la demagogia si scontra col mondo reale. Noi siamo autosufficienti, basta chiamare emergenza ciò che è strutturale, come nel caso di Roma. A Modena la raccolta differenziata supera il 64% e il resto finisce nei termovalorizzatori. È comunque importante precisare che siamo di fronte a un aiuto limitato, che sta dentro ai flussi autorizzati. I 5 Stelle devono essere realistici: non basta dire no ai termovalorizzatori e poi andare in crisi, non possiamo continuare a mandare i nostri rifiuti in Germania».