L’ARMATA LESSA SI E’ FATTA FAR FESSA! TUTTI GLI ERRORI DEL CREMLINO CHE CREDEVA DI VINCERE FACILE. L’ESERCITO RUSSO SI STA RIVELANDO IMPREPARATO, ARMATO MALE, RIGIDO E OBSOLETO NELLE STRATEGIE. SIN DAL FALLIMENTO DEL BLITZ DELLE TESTE DI CUOIO A KIEV, A FEBBRAIO, CHE DOVEVANO ELIMINARE ZELENSKY .
- -SONO BASTATI UN PAIO DI LANCIAMISSILI “HIMARS” PER SBRINDELLARE I CANNONI RUSSI – E ORA CHE GLI UCRAINI SI SONO RIPRESI IZYUM...
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Lorenzo Cremonesi per “il Corriere della Sera”
Un esercito impreparato, armato male, rigido e obsoleto nelle strategie, illuso dalla propaganda imposta col terrore e la censura da Vladimir Putin e dalla paura dei suoi generali a contraddirla: in ultima analisi un esercito destinato al fallimento. Questo si è rivelato il corpo di spedizione che il 24 febbraio s’imbarcò nell’«operazione speciale» voluta dal presidente russo all’insegna dell’assurdo quanto irreale slogan della «denazificazione» dell’Ucraina.
Gli esperti del Pentagono cominciarono a parlare delle difficoltà russe attorno a Kiev già a fine febbraio. Noi giornalisti sul terreno, come del resto analisti e commentatori di tutto il mondo, le prendemmo inizialmente come le classiche esagerazioni della propaganda, quasi volgari nelle loro ripetizioni di cliché classici della disinformazione di guerra.
E in Europa occidentale erano numerosi coloro che magnificavano la «superiorità irresistibile» del «secondo esercito del mondo», criticando Volodymyr Zelensky per la sua «assurda e fallimentare» ostinazione a resistere, che tanti «lutti inutili» avrebbe portato al suo popolo.
Eppure, fu sufficiente parlare a inizio marzo con i civili ucraini sfollati da Bucha, Hostomel, Irpin e le altre zone occupate per comprendere che qualche cosa di importante non stava funzionando nella macchina militare di Putin. «Come si comportano i soldati russi con voi?», chiedevamo a donne, anziani e bambini. «Non ci hanno quasi considerati. Entrati in casa si sono precipitati in cucina a mangiare tutto il cibo che trovavano, si prendono vestiti caldi e coperte, rubano la benzina dai serbatoi», rispondevano di continuo.
Ma come era possibile? Solo a pochi giorni dall’inizio dell’attacco i soldati erano già così malridotti? Bande di affamati con le uniformi troppo leggere per i quasi meno venti gradi delle notti invernali? Sembrava irreale, ma non lo era.
Semplicemente era stato sconfitto in un bagno di sangue il blitz delle teste di cuoio ordito dal Cremlino per atterrare su Kiev, eliminare in poche ore Zelensky per insediare un governo fantoccio. L’intelligence Usa aveva fornito ai comandi di Kiev le coordinate del piano russo e le loro squadre speciali, agili ed equipaggiate di missili terra-aria e sistemi di comunicazione satellitari di ultima generazione, avevano compiuto il miracolo.
Il fallimento russo si palesa dunque già a metà marzo. Da allora lo stato maggiore di Putin arranca, cerca di modificare i piani iniziali. A fine marzo le colonne blindate lasciano Kiev per concentrarsi sul Donbass. Adesso il teatro è loro favorevole, fanno terra bruciata concentrando migliaia di cannoni e lanciarazzi. Aprile li vede avanzare, a metà maggio vincono gli ultimi nidi di resistenza a Mariupol. Putin rialza la testa. Ma è solo un’illusione di vittoria.
Già a luglio la sua avanzata nel Lugansk si ferma. Questa volta sono le armi americane a fare la differenza. Sono sufficienti una ventina di lanciamissili Himars per avere ragione di migliaia di cannoni russi. Nei prossimi anni sui mercati delle armi in tutto il mondo faranno da padrone i droni turchi Bayraktar, utilizzati magistralmente dagli ucraini, assieme agli Himars e probabilmente ai missili ucraini Neptune, che ad aprile affondarono l’ammiraglia Moskva nel Mar Nero.
Quasi certamente le azioni delle armi russe subiranno invece un tracollo. E, come ha notato tre giorni fa anche il direttore della Cia, William Burns, in meno di sette mesi Putin si è bruciato l’immagine di leader di una grande superpotenza tanto attentamente coltivata tra Siria, Libia e Africa nell’ultimo ventennio.
La perdita di Izyum pregiudica adesso l’intero assetto militare russo nel Donbass e potrebbe presto aprire la via al ritiro da Kherson. Qui la situazione è già pregiudicata grazie anche all’attività della guerriglia ucraina che ha spinto Mosca a rinviare il referendum sull’annessione previsto per l’11 settembre. Gli ucraini si dimostrano in grado di operare contemporaneamente su più fronti: i rovesci russi paiono destinati a continuare.