L’ASSE ROMA-PARIGI PER CAMBIARE L’UE – IL TRATTATO DEL QUIRINALE È UN TENTATIVO DI SLEGARE L’EUROPA DAL PREDOMINIO TEDESCO E FAR USCIRE L'UNIONE DALL'IMPASSE - MACRON E DRAGHI VOGLIONO IMPRIMERE UNA SVOLTA AI DOSSIER SCOTTANTI: IN PRIMIS LA DIFESA COMUNE EUROPEA E IL RITORNO DEL PATTO DI STABILITÀ. IERI “MARIOPIO” È STATO LAPIDARIO: “QUELLE REGOLE AVEVANO GIÀ DIMOSTRATO LA LORO INSUFFICIENZA. ORA È INEVITABILE UNA REVISIONE”  - VIDEO

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1- OLTRE UN MINUTO DI STRETTA DI MANO: AMICIZIA FRATERNA

Marco Galluzzo per il “Corriere della Sera”

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La parola che pronuncia più volte, per rafforzare il concetto, è quella di sovranità. Ma non per rivendicare il termine classico, legato agli interessi nazionali, che tanto hanno sbandierato negli ultimi anni i sovranisti di più fronti, europei come americani.

 

Per Mario Draghi, oggi, la sovranità del nostro Paese si declina solo nella «ricerca di una sovranità europea», nell'accordo che insieme a Macron definisce «storico», nella capacità di disegnare il nostro futuro costruendo un'Unione più forte, più integrata, più influente nelle sfide globali. Sovranità, futuro, capacità di perseguirlo secondo i comuni interessi: il capo del governo ha accanto il presidente francese, a villa Madama, per commentare la firma del Trattato del Quirinale.

sergio mattarella emmanuel macron mario draghi 2

 

L'accordo fra i due Stati, che per molti versi ricalca quello rodato negli anni fra Parigi e Berlino, è un primo passo, «l'inizio di un percorso», dice Draghi. Un percorso che non può che portare ad una condivisione di strumenti non solo per moltiplicare il peso specifico dei due Paesi in politica estera, ma anche per essere un altro moltiplicatore (dopo quello franco-tedesco) delle ambizioni economiche, sociali, militari, geopolitiche in senso lato, dell'intera Unione europea.

 

christian lindner.

Il capo del governo italiano ripete più volte il concetto, non si tratta solo di un'alleanza legata all'integrazione economica o diplomatica, alla ricerca di un politica migratoria comune nel Mediterraneo o in Africa, ai diversi settori di un Trattato molto articolato e provvisto di una road map amministrativa e istituzionale. No, dice Draghi, la firma dell'accordo è un primo passo nella «gestione condivisa delle grandi sfide globali».

 

emmanuel macron e mario draghi trattato del quirinale

Non per nulla è previsto che uno dei due Paesi possa rappresentare l'altro nei fori internazionali principali, persino nel Consiglio di sicurezza della Nazioni Unite, in ogni sede dove uno dei due Stati è assente. Si firma anche la partecipazione di un ministro dei rispettivi governi, in modo alternato e ogni tre mesi, alla riunione di governo dell'altro Stato.

 

È un punto che ha voluto espressamente Draghi poche ore prima della firma, ed è ricalcato letteralmente dall'articolo 24 del Trattato di Aquisgrana tra la Francia e la Germania. I francesi in un primo tempo sono rimasti un po' spiazzati, hanno gestito il timore che il passaggio potesse essere mal visto a Berlino, ma alla fine hanno aderito senza problemi al desiderio del presidente del Consiglio.

ANGELA MERKEL EMMANUEL MACRON

 

È sempre il premier a sottolineare il metodo e il senso profondo sul quale è stato costruito il Trattato: «Dobbiamo imparare la disciplina dell'amicizia, è importante consultarsi e agire insieme», e questo vale per gli interessi comuni in Libia come per il Patto di stabilità che entrambi vogliono riformare, vale per gli investimenti strategici in economie più moderne e integrate come per gli scambi culturali o per la costruzione dei primi nuclei di una difesa comune.

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Gli spazi di collaborazione sono enormi, come dimostra anche la firma dell'accordo sulla collaborazione spaziale fra Vittorio Colao e Bruno Le Maire, che praticamente non hanno quasi dormito per arrivare a un accordo finale. Macron ha quasi un attimo di commozione quando pronuncia le ultime parole della conferenza stampa, guardando negli occhi Draghi e suggellando anche con la postura «l'amicizia fraterna» fra i due Stati. Per un attimo il presidente del Consiglio gli va incontro, sembra volerlo abbracciare, ma è solo un accenno di movimento, si ritrae subito, c'è il Covid e non si può. «Da oggi siamo ancora più vicini», conclude il premier, con una stretta di mano che dura quasi un minuto, oltre ogni protocollo. Del resto si tratta di un accordo, per entrambi, «storico».

 

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2 - DIFESA E PATTO DI STABILITÀ L'ALLEANZA DRAGHI-MACRON SUI GRANDI DOSSIER EUROPEI

Ilario Lombardo per “La Stampa”

 

Si tengono per mano, Sergio Mattarella, Mario Draghi ed Emmanuel Macron, dopo aver firmato il trattato del Quirinale. Era inevitabile che su questo accordo si incrociassero anche i destini personali dei tre protagonisti. Nessuno dei presenti che applaude è infatti in grado di dire se tra pochi mesi il presidente della Repubblica sarà ancora al Quirinale, se il premier sarà a Palazzo Chigi o avrà traslocato al Colle, e se il presidente francese sarà all'Eliseo dopo il voto di aprile.

 

sergio mattarella emmanuel macron mario draghi

Emerge da questa provvisorietà il Trattato che aspira a replicare il precedente dell'Eliseo del 1963, quello che saldò l'asse franco-tedesco, rendendolo perno dell'Europa. Con la stessa ambizione, l'accordo di «cooperazione bilaterale rafforzata» raccoglie in dodici articoli tante sfide della storia: la difesa comune europea, il Mediterraneo e l'Africa subsahariana come culla, orizzonte geopolitico, necessità di sicurezza, il patto di Stabilità come regola di rigore economico superata dal virus.

 

Alleanze e partnership che raffreddano dissidi e divergenze durati anni sul piano commerciale e politico. Nei valori c'è la cultura condivisa, la letteratura, il cinema, il ricordo di Valeria Solesin, vittima della strage del Bataclan, omaggiata da Draghi. Più nel particolare i due Paesi si promettono: investimenti e ricerca comune sull'aerospazio (a partire dall'accordo sui lanciatori firmato ieri), un servizio civile italo-francese, un coordinamento e uno scambio nelle operazioni di polizia, una maggiore tutela degli interessi italiani nell'agroalimentare.

 

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Questo e altro. «Il senso più profondo del Trattato - dice Draghi - è che la nostra sovranità, intesa come capacità di indirizzare il futuro, può rafforzarsi attraverso una gestione condivisa delle sfide comuni». «Sovranità» è la parola scippata ai sovranisti che cementa ogni passaggio del discorso dei due leader campioni di europeismo. Non ci siano equivoci, avverte Draghi: è un patto che mira a rafforzare l'Unione.

 

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«Cerchiamo una sovranità europea» ma «per essere sovrani occorre che l'Europa sappia difendere i propri confini e creare una vera difesa europea», «complementare alla Nato e non sostitutiva». È il primo grande obiettivo. Sullo sfondo c'è il pasticcio dell'Afghanistan, ma c'è anche la Russia che bussa con i carri armati alle porte dell'Ucraina e dell'Europa. L'indipendenza militare europea era uno dei sogni lanciati da Macron all'alba dei cinque anni di mandato all'Eliseo.

 

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Ora sarà in cima all'agenda della presidenza francese di turno dell'Ue che parte a gennaio, e tornerà anche al centro della sua campagna elettorale contro i nazionalisti di Francia assieme alla revisione del patto di Stabilità. La sentenza di Draghi sembra inappellabile: «Quelle regole di bilancio avevano già dimostrato la loro insufficienza». Quindi se una loro revisione era necessaria, dopo la pandemia «è inevitabile».

 

Draghi e Macron conoscono la portata della sfida. Sanno da chi arriverà una mano o, all'opposto, l'ostacolo maggiore. Il quotidiano economico tedesco Handelsblatt si chiede allarmato se il patto «Dracron» punta a «un'Europa del debito italo-francese». E al ministero delle Finanze del governo di coalizione appena formato il premier italiano troverà il liberale Christian Lindner, ultrà dell'austerity, un vecchio avversario dei tempi in cui guidava la Bce. Ma è anche sulla tenuta di traguardi del genere che si misurerà la tenacia dell'intesa.

emmanuel macron mario draghi trattato del quirinale

 

Come sulle politiche migratorie, al di là dei buoni propositi di solidarietà espressi nel testo. La «tempesta», dice Macron, è passata. Sono gli strappi dell'iperpopulismo italiano contro Parigi, quando Matteo Salvini e Luigi Di Maio si dividevano i riflettori del governo Conte I. Di Maio ora è seduto nei posti d'onore, da ministro degli Esteri applaude l'intesa, pentito dei giorni in cui si andò a rendere onore ai gilet gialli.

 

Ma a contribuire alla tempesta sono state anche le incomprensioni sulla Libia, i sospetti sulle operazioni finanziarie, i conflitti sui migranti. Sarà «la disciplina dell'amicizia», promette Macron, a costringere i due governi «a parlare spesso e ad agire insieme». Ci sarà un vertice intergovernativo annuale, confronti prima di ogni summit.

 

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Draghi ha chiesto e ottenuto, poi, che tre volte l'anno un ministro italiano partecipi a una riunione di governo francese e viceversa. Un passo in più nella direzione del format franco-tedesco che prevede la convocazione di un consiglio dei ministri comune. Nessuno dei negoziatori italiani, tantomeno Draghi, che pure ha un legame strettissimo con Macron, si è mai illuso di scalzare i tedeschi. Non a caso il presidente francese racconta di aver sentito Merkel al mattino, prima della firma: «In Francia - aggiunge - si dice che quando le cose vanno male con la Germania, si guarda all'Italia. Non funziona così: l'Europa si costruisce a 27, non bisogna cercare nelle diverse alleanze i sostituti di uno o dell'altro».

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trattato del quirinale