L’AUTUNNO DI FUOCO DI DRAGHI – SUPERMARIO METTE L’ACCELERATORE AI DOSSIER RIMASTI IMPANTANATI DALL’ESTENUANTE TRATTATIVA SULLA GIUSTIZIA: SI PARTE SUBITO CON IL DISEGNO DI LEGGE DELEGA SULLA CONCORRENZA, CON CUI SI PUNTA A IMPORRE MAGGIORE TRASPARENZA NEI SERVIZI LOCALI – NON C’È ACCORDO SULLA DELEGA FISCALE: SALVINI TORNA A MENARE LA GRANCASSA SULLA “FLAT TAX” IN CONTRASTO CON DRAGHI CHE SI PREPARA A INTRODURRE IN FINANZIARIA UN VISIBILE TAGLIO FISCALE…
-Alessandro Barbera per “La Stampa”
Il primo a festeggiare i suoi 73 anni poco dopo la mezzanotte di giovedì su un terrazzo del lungomare di Marsiglia è stato Emmanuel Macron. Dopo quasi tre ore di cena e di discussioni fitte, Mario Draghi si è trovato davanti ad una torta. Al di là dell'antica simpatia fra i due, Macron ha più di una ragione per coltivare un amico a Roma. Dal primo gennaio la Francia ha la presidenza di turno dell'Unione e Macron nel frattempo cercherà la rielezioni all'Eliseo.
L'asse con Roma è cruciale. Resta da capire se il francese sia convinto Draghi sarà ancora un alleato da Palazzo Chigi o dal Quirinale. Che cosa accadrà non lo sa nessuno, di certo Draghi nel frattempo non avrà un autunno semplice. Con l'arrivo di settembre al premier tocca arrivare in fondo ai dossier rallentati dall'estenuante trattativa di quest' estate sulla riforma della giustizia. Il primo è il disegno di legge delega sulla concorrenza: con molta probabilità sarà approvata dal consiglio dei ministri di metà settembre, fra una decina di giorni. Per mesi, sottotraccia, il consigliere di Draghi a Palazzo Chigi Francesco Giavazzi ha dovuto limare un testo indigesto a tutti i partiti.
Due le questioni delicatissime: la mancata messa a gara di alcune concessioni pubbliche, in particolare per le spiagge, già oggetto di una procedura di infrazione contro l'Italia; e l'abuso degli appalti per le società pubbliche comunali nei servizi locali. Sul primo punto si profila l'ennesima deroga. Sul secondo dovrebbe essere sancito quantomeno un principio: se un sindaco sceglie il regime "in house", dovrà darne comunicazione preventiva all'Autorità garante, motivando il perché della scelta.
Nell'agenda di governo il punto immediatamente successivo è la delega fiscale: qui diversi indizi vanno in direzione di un ulteriore slittamento. Il primo: in Parlamento si discute già di un decreto fiscale che dovrebbe accompagnare la manovra autunnale. Draghi quest' anno intende presentare la bozza di Finanziaria all'Europa alla scadenza tassativa del 15 ottobre, come tutti gli altri Paesi. «Non daremo nessun argomento contro l'Italia a Bruxelles», spiega una fonte di governo che chiede di non esser citata. All'interno della manovra ci sarà la riforma della riscossione. Perché la si approvi, occorre il rapido parere della Commissione Finanze, che riprende i lavori la prossima settimana.
Ma c'è un secondo fatto, più squisitamente politico: manca l'accordo fra i partiti sulla riforma del catasto, una delle tante irrisolte anomalie italiane. Benché al Tesoro abbiano pronto uno schema a parità di gettito, Matteo Salvini non vuol correre il rischio di avallare aumenti di tasse per chicchessia, soprattutto nel pieno della campagna elettorale per le amministrative, magari fra il primo turno (3 e 4 ottobre) e il secondo (17 e 18).
Una battuta di ieri del leader leghista da Formello suona come il de profundis: «Con Pd e Cinque Stelle la riforma fiscale non vedrà la luce nei prossimi mesi. Noi siamo lì a limitare i danni. Proporrò agli alleati di centrodestra come primo punto all'ordine del giorno dopo aver vinto le elezioni la flat tax». Secondo quanto raccolto da più fonti, Draghi si starebbe preparando al peggio. Di qui l'idea di introdurre in Finanziaria un visibile taglio fiscale.
In questo caso trovare un accordo nella maggioranza sembra più semplice. I partiti sono divisi in due scuole: c'è chi propone l'abolizione dell'Irap per l'universo del lavoro autonomo, e chi preferirebbe un taglio fiscale ai redditi medi. La proposta di delega costruita faticosamente in Commissione Finanze, e su cui c'è stato un accordo largo, ipotizza di mettere mano all'aliquota al 38 per cento per la fascia di redditi fra i 28 e i 55mila euro.
Non c'è Paese in Europa dove attorno ai 30mila euro lordi si paghino così tante tasse. Nel bilancio dello Stato ci sono già 2,3 miliardi di euro, il ministro del Tesoro Daniele Franco sta cercando più fondi. Per Draghi l'ulteriore rinvio della delega fiscale sarebbe tutto sommato un male minore: a differenza di giustizia e concorrenza, il fisco non è fra gli impegni da cui dipende l'erogazione dei fondi del Recovery Plan.