L’ESTATE ANDAVAMO A VILLA CERTOSA - I FIGLI METTONO IN VENDITA PER OLTRE 500 MILIONI DI EURO LA "NEVERLAND" DI BERLUSCONI – UN CIRCO BAROCCO CHE CI HA REGALATO I DUETTI TRA IL CAV E APICELLA, LA FESTONA IN ONORE DI PUTIN GUASTATA DA FUOCHI D’ARTIFICIO CHE GLI BRUCIARONO I PANTALONI, BERLUSCA IN BANDANA CON BLAIR, LE NOZZE CAMPESTRI DI SILVIO CON LE REDUCI DEL GRANDE FRATELLO E L’INDIMENTICABILE TUFFO DEL SATIRO TOPOLANEK. “CHE ANDASSERO A QUEL PAÍS”, LA BATTUTA DEL CAV DAVANTI ALLE FOTO DEL PREMIER CECO NUDO RIMBALZATE DAL QUOTIDIANO SPAGNOLO – VIDEO
Filippo Ceccarelli per la Repubblica - Estratti
Ci vuole un bel coraggio a comprarsi Villa La Certosa, e infatti è dal 2012 che si dice e si scrive che sia in vendita, ma finora nessun emiro, oligarca o fiduciario di agenzia londinese ha osato proseguire le trattative. Un po’ perché 500 milioni sono tanti, ma soprattutto perché si tratta di acquistare la fantasmagoria dell’eccesso che ha segnato, qui più in qualsiasi altro luogo, l’intera avventura berlusconiana, vita, morte, miracoli e follie.
(...)
Il sospetto è che solo un tipo come Berlusconi, sospinto dalla più temeraria fantasia, sorretto dalla teologia del Sogno e appagato dal percorrere i vialetti alla guida di bianche automobiline da golf, poteva accollarsi il peso di quel prezioso baraccone; o di quel circo barocco, se si vuole, che trova impressionanti analogie descrittive nel Faust di Goethe e per il quale in ogni caso sono stati via via scomodati Versailles, Bomarzo, Walt Disney, Palladio, Neverland Ranch, il Vittoriale, l’hotel Caesar Palace di Las Vegas e, a causa di arcani cosmici osservati dall’alto, pure il tempio di Re Salomone.
Così, per quel poco o quel tanto che l’osservazione della politica nella Seconda Repubblica consente o forse dà l’illusione di comprendere, Villa La Certosa non era una villa, ma un luogo pensato per fare i conti con l’incanto, una rappresentazione, anzi una visione immobiliare secolarizzata e mezzo idolatrica del paradiso, l’ennesimo tentativo di sfidare i limiti del possibile – anche se la messa in vendita riannunciata ieri dal Financial Times rende giustizia al fatto che siamo tutti creature non solo fragili, ma anche piene di ragni e pigne dentro la testa.
Impossibile, per ragioni di spazio, ricordare cosa è avvenuto qui dentro. Tutto e niente in definitiva, come sempre più spesso ci si sorprende a pensare dell’intero fenomeno berlusconiano.
La memoria involontaria spalanca il sipario su una festona in onore di Putin guastata da fuochi d’artificio che gli bruciarono i pantaloni, prosegue delineando l’interminabile contenzioso con un pastore sardo per ragioni di confini, fa l’occhietto all’immagine del Cavaliere in bandana con Blair, si sofferma sulle ore liete del Bagaglino in trasferta per giungere infine ai fatidici scatti del fotografo Zappadu che, inguattato nella boscaglia, riuscì a documentare le fantozziane cadute di Emilio Fede durante lo jogging nel bosco, le nozze campestri del Cavaliere con le reduci del Grande fratello, le ninfe al bagno vigilate da militari in mimetica e l’indimenticabile tuffo del satiro Topolanek.
Più e più volte e da più parti – ambientalisti e centri sociali, ma anche ubriaconi - si è cercato di espugnare Villa La Certosa dal mare.
Ciò che probabilmente offrì al secondo governo Berlusconi il pretesto per apporre il segreto di Stato su quel luogo che l’assolutismo regale e l’egotica sovranità avevano ideato e pianificato come la massima calamita possibile dello sguardo e della meraviglia. Ma la vita, si sa, è sempre piena di paradossi e contraddizioni, e se adesso si trova qualche ingenuo e povero riccone disposto a sganciare mezzo miliardo, beh, sono davvero affari suoi, in tutti i sensi.
PUTIN E APICELLA: IL POPOLO DI SILVIO CHE ANDAVA IN GITA A VILLA CERTOSA
Tommaso Labate per il Corriere della Sera - Estratti
«Che andassero a quel País », disse a sera Silvio Berlusconi, ritrovando il guizzo comico dopo un’intera giornata passata a masticare veleno, con le foto del premier ceco Mirek Topolànek completamente nudo (non era il solo, c’erano altre nudità nei paraggi) rimbalzate dal quotidiano spagnolo ai siti Internet di mezzo mondo, nonostante Villa Certosa — si affaticavano a ribadire in ogni sede i suoi avvocati — fosse già classificata come «sede alternativa di massima sicurezza per l’incolumità del presidente del Consiglio».
(...)
Ora che Villa Certosa viene messa in vendita dagli eredi — per oltre 500 milioni di euro, anche se più realisticamente le trattative dovrebbero partire dai 300 milioni —, l’album dei ricordi di chi ha vissuto quell’epopea sardo-berlusconiana si trasforma in una gigantesca scatola di cioccolatini assortiti da cui pescare a caso.
Settimo Nizzi, sindaco di Olbia, ricorda ancora quanto persino Vladimir Putin, circondato da cotanta magnificenza, gli fosse sembrato «tutt’altro che burbero, anzi gentile e alla mano» dopo quella prima visita dell’agosto del 2003, in cui il padrone di casa aveva allietato le serate dell’amico russo con un uno-due di concerti (Mariano Apicella la prima sera, Andrea Bocelli la seconda). E poi, certo, la sortita di George W. Bush, la vacanza di Aznar, senza dimenticare quella volta con Tony Blair, passata alla storia per la bandana bianca dietro cui i maligni avevano visto un altro trapianto di capelli messo in bacheca da Berlusconi.
(...)
L’ultima volta che vi mise piede, agosto 2021, Ignazio La Russa raccontò al Corriere della splendida collezione di farfalle vista a Villa Certosa e di come Berlusconi guidasse «come un pazzo la macchinetta elettrica in giro per la proprietà, sembrava un pilota di Formula 1, con Marta (Fascina, ndr ) che gli urlava: “Piano!”». Finì coi pm del processo Ruby ter che, mentre gli avvocati del leader di Forza Italia evocavano le pessime condizioni di salute dell’imputato per chiedere lo stralcio della sua posizione, sventolavano l’intervista di cui sopra per sostenere che il Cavaliere non potesse stare poi così male, se guidava la macchinetta in quel modo.
Perché Villa Certosa è stato questo, per Berlusconi. Una fucina incredibile di sorprese, belle e bellissime, brutte e bruttissime. Come una miccia lunghissima che fa esplodere il mortaretto anche a scoppio ritardato. Com’era capitato, in fondo, anche al premier ceco Topolànek.