C’È LA GUERRA E IL GOVERNO NON PUÒ CADERE. TANTO VALE FARE UN PO’ DI CASINO! - LA PARABOLA DI “FORZA ITALIA”: IL PARTITO PIÙ DRAGHIANO CHE SI È TRASFORMATO IN SPINA NEL FIANCO DI “MARIOPIO” - A INFLUIRE SONO STATI TANTI FATTORI: PRIMO FRA TUTTI IL COMPORTAMENTO DEI TRE MINISTRI MODERATI BRUNETTA-GELMINI-CARFAGNA, POCO GRADITI AL DUPLEX FILO-SALVINIANO RONZULLI-TAJANI. POI C'È STATA L’AUTOCANDIDATURA DEL PREMIER AL QUIRINALE E INFINE IL CONTANTE E IL CATASTO...
-Francesco Olivo per “la Stampa”
Abituati a temere le insidie dalla Lega, a Palazzo Chigi ora fa paura Forza Italia. Il partito più draghiano della maggioranza, infatti, è diventato all'improvviso quello più barricadero. Le frizioni con Mario Draghi iniziano a essere molte, dai limiti al contante alla delega fiscale. La lista potrebbe presto allungarsi e così ai collaboratori del premier il dubbio è sorto: c'è dietro qualcosa, un cambio di strategia.
Draghi vuole evitare nuovi incidenti, così ha alzato il telefono e ha chiesto un appuntamento a Maurizio Gasparri, dirigente di Forza Italia ed esperto conoscitore di trame parlamentari. I due si conoscono praticamente da trent' anni, quando il premier era direttore generale del Tesoro e Gasparri un giovane parlamentare di destra.
Nel colloquio della settimana scorsa, il presidente del Consiglio ha chiesto il motivo di tante incomprensioni, cercando di sminare il terreno da nuovi incidenti. Il senatore ha risposto chiedendo di smussare le rigidità del capo del governo su alcuni principi non negoziabili del berlusconismo: la casa, il fisco, le professioni.
«Su Green Pass e la guerra siamo stati fermi sostenitori del governo, ora si tenga conto della nostra sensibilità», dice Gasparri. A Palazzo Chigi il cambio di atteggiamento degli azzurri lo leggono così: motivi politici, la competizione a destra, ma anche personali, la scelta dei ministri mai stata gradita ad Arcore. Altro elemento che ha incrinato il rapporto è stato il Quirinale: la disponibilità di Draghi al trasferimento sul Colle, esplicitata nella conferenza stampa di Natale, non è piaciuta a Silvio Berlusconi, che all'epoca si sentiva in partita.
Non è un caso che nel momento più drammatico delle trattative Antonio Tajani confermò direttamente a Draghi il No di Forza Italia alla sua candidatura. Per portare avanti gli strappi più vistosi, l'emendamento sul contante e quello sul catasto, gli azzurri hanno fatto fronte comune con la Lega, per ricompattare un centrodestra uscito a pezzi dopo la partita del Quirinale, ma soprattutto per marcare stretto il Carroccio in una sfida interna alla coalizione.
La mossa però riapre la breccia con i ministri, che da tempo denunciano un appiattimento del partito sulle posizioni di Salvini. Ma da Forza Italia hanno studiato i flussi e spiegano che il vero concorrente non è la Lega, ma Fratelli d'Italia. In questa ottica vanno lette le posizioni più rigide delle ultime settimane, che proseguiranno su alcuni temi, a partire dal codice degli appalti e il ddl concorrenza oltre ovviamente al catasto e i balneari.
E il fatto che tutti considerino impossibile una crisi di governo con una guerra in Europa contribuisce alla libertà di azione degli azzurri, senza dover temere conseguenze. Emergono così alcune contraddizioni: «Se cediamo sul catasto o sui balneari ci linciano nei talk show su Mediaset», dice uno dei massimi dirigenti azzurri. «Stiamo saldamente al governo - dice Alessandro Cattaneo, il deputato che ha portato avanti la trattativa sulla delega fiscale -, ma il governo è nato per affrontare grandi temi, evitiamo di incaponirci su questioni che ci dividono».
In questi giorni, Tajani manda ai colleghi messaggi con i risultati di un sondaggio che vede il partito oltre il 10%, segno che gli scontri con Draghi iniziano a pagare. Una boccata d'ossigeno dopo tante sofferenze, un piccolo regalo per le (quasi) nozze di sabato tra Berlusconi e Marta Fascina.
Diffondere ottimismo serve anche a cercare di calmare le acque tra i parlamentari: se Forza Italia prendesse una percentuale tra il 7 e l'8%, infatti, tra Camera e Senato ci sarebbe spazio per circa 30/35 eletti, contro i quasi 80 di oggi. Una prospettiva pericolosa che richiede un cambio di linea.-