L’UNICA GRANDE RIFORMA CHE SERVE A QUESTO DISGRAZIATO PAESE? TAGLIARE LA BUROCRAZIA! - SERGIO RIZZO: “LA VERA SCOMMESSA DI DRAGHI NON RIGUARDA TANTO IL PIANO DI DESTINAZIONE DEL RECOVERY FUND. IL PROBLEMA È UTILIZZARE I SOLDI SENZA I SOLITI SPRECHI. C'È PERFINO DA SPERARE CHE LA VALANGA DI SOLDI DALL'EUROPA DIVENTI L'OCCASIONE PER DARE UNO SCOSSONE A UNA BUROCRAZIA APATICA E AUTOREFERENZIALE...”

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burocrazia

Sergio Rizzo per “Affari & Finanza - la Repubblica”

 

Se il trentesimo presidente del Consiglio sarà Mario Draghi, la profondissima differenza con gli altri 29 capi dei 66 governi che in 74 anni e mezzo di Repubblica l' avranno preceduto risulterà presto palpabile.

 

E non perché sia arrivato a Palazzo Chigi senza essere stato eletto: prima di lui è già toccato a Carlo Azeglio Ciampi, Lamberto Dini e Giuseppe Conte, appunto. Né per via del suo curriculum, così monumentale da non aver bisogno di essere sottolineato. Ma diversamente da tutti Draghi sarebbe l' unico capo del governo ad aver visto la bestia dall' interno. Sa come funziona, è al corrente dei suoi segreti. Il che, per quello che c' è da fare, non è poco.

MARIO DRAGHI BY CARLI

 

Soprattutto in un Paese dove uno dei freni più poderosi alla crescita è il malfunzionamento di una burocrazia sempre più inefficiente e obesa. Le ragioni sono ovviamente numerose. Ma la più rilevante è senza dubbio la mancanza di stabilità politica che si traduce nella totale assenza di continuità amministrativa. L' abbiamo sperimentato anche in questo scorcio di legislatura grazie ai due governi Conte.

 

mario draghi 8

Ogni volta si ricomincia daccapo, cambiando direzione di marcia e aggiungendo norme al guazzabuglio. Con il risultato di precipitare nell' incertezza le attività economiche e scoraggiare gli investimenti esteri che ci servirebbero come il pane.

 

Draghi lo sa bene. Nei dieci anni durante i quali ha ricoperto l' incarico di direttore generale del Tesoro ha avuto a che fare con dieci governi e sette ministri: Guido Carli, Piero Barucci, Lamberto Dini, Ciampi, Giuliano Amato, Vincenzo Visco e Giulio Tremonti.

Esattamente il contrario di ciò che si dovrebbe verificare in un rapporto sano fra politica e burocrazia. Nessun altro suo collega di un Paese sviluppato, comunque, ha sperimentato una simile frenetica altalena.

BUROCRAZIA jpeg

 

E le cose non sono migliorate affatto in seguito. Sul finire del 2005, mentre in Germania iniziava con Angela Merkel una fase di stabilità politica di oltre 15 anni, il Parlamento italiano votava la legge elettorale nota come "Porcellum".

 

Era il 21 dicembre, otto giorni prima che Draghi entrasse alla Banca d' Italia. Da allora il Paese è precipitato in una nuova fase di instabilità e progressivo degrado della qualità della classe politica. Da allora si sono alternati nove governi con sette differenti presidenti. Fra ministri (150), viceministri (una cinquantina) e sottosegretari (quasi 300) il numero delle persone diverse che hanno avuto responsabilità di governo è risultato prossimo a 500 (494, per l' esattezza).

 

MARIO DRAGHI E GIUSEPPE CONTE

Con i risultati che conosciamo. L' arrivo dell' ex presidente della Bce a Palazzo Chigi certifica ora la fine della fase politica iniziata con quella devastante legge elettorale che ha contribuito a demolire l' embrione di bipolarismo nato dopo la Prima Repubblica. E non basterà purtroppo Draghi a cambiare questo stato di cose avviando il Paese verso una nuova normalità. Toccherebbe alla politica, che però ha evidentemente altro a cui pensare. E poi la qualità del personale politico è quel che è. Ma sia pure nel poco tempo da qui a fine legislatura Draghi potrebbe fare molto. La priorità è la velocità con cui far procedere la vaccinazione di massa: avendo ben chiaro che senza mettere in sicurezza la popolazione l' economia non ripartirà.

mario draghi al quirinale 1

 

Altrettanto impellente è la decisione che riguarda i fondi europei. Va da sé che l' ex presidente della Bce rappresenta la massima garanzia che il Recovery plan italiano verrà presentato nei tempi previsti e non incontrerà ostacoli a Bruxelles. Questa è la prima ragione che ha spinto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a giocare la carta Draghi, di fronte all' evidente stato confusionale in cui versa la politica.

I TEMPI DELLE PROCEDURE

 

Assolutamente incapace, da quando è scoppiata la pandemia, di concepire un disegno serio e coerente di rilancio dell' economia. Prima il piano Colao, affondato da Palazzo Chigi senza nemmeno averlo letto. Poi la penosa passerella senza costrutto degli Stati generali dell' economia. Infine il surreale e inconcludente scontro sul Recovery plan, al quale devono aver assistito allibiti da Bruxelles. Accogliendo con sollievo la mossa di Mattarella.

 

mario draghi

Ma la vera scommessa di Draghi non riguarda tanto il piano di destinazione dei 209 miliardi. Quello infatti è come fosse già scritto: gli ambiti in cui i fondi dell' Ue possono venire investiti sono definiti dagli accordi europei. Il problema è utilizzarli, i soldi, in modo efficiente e senza i soliti inaccettabili sprechi.

 

dragonite riceve il campanello da conte

Evitando anche di fargli fare la fine che tradizionalmente tocca ai fondi europei. E qui l' esperienza di Draghi e la sua conoscenza dei meccanismi della pubblica amministrazione possono essere decisive. C' è da credere che saprà dove mettere le mani, quali ostacoli rimuovere, come aggirare le sabbie mobili, in che modo contrastare ottusità, arroganze e gelosie dei poteri locali. C' è perfino da sperare che la valanga di soldi dall' Europa diventi l' occasione per dare uno scossone a una burocrazia apatica e autoreferenziale.

mario draghi

 

Quello scossone che nessun governo repubblicano ha mai potuto (o voluto) dare. Il primo ministro della Riforma burocratica, come si chiamava allora l' attuale ministero della Pubblica amministrazione, assunse l' incarico il 27 gennaio 1950, sesto governo di Alcide De Gasperi. Esattamente settant' anni dopo siamo a questo punto.