SALVINI GIOCA A FARE IL PREMIER E LA MELONI SI INCAZZA – IL “CAPITONE” SCALPITA E PROMUOVE I SUOI CAVALLI DI BATTAGLIA SENZA INTERPELLARE LA “DUCETTA”, CHE È FURIOSA. L’OBIETTIVO DEL LEGHISTA È IMPORRE L’AGENDA E RISALIRE NEI SONDAGGI, COME FECE CON CONTE. MA “DONNA GIORGIA” NON VUOLE FARE LA FINE DI PEPPINIELLO APPULO: UNA VOLTA CHIUSA LA PARTITA DEI SOTTOSEGRETARI CHIEDERÀ A TUTTI DI CONCENTRARSI SULLA MANOVRA. E NIENTE SCOSTAMENTO DI BILANCIO: “BISOGNA ANDARCI MOLTO CAUTI, O…”
-Francesco Verderami per il “Corriere della Sera”
L'altro giorno l'hanno sentita urlare per la circolare redatta dal cerimoniale di palazzo Chigi, che impone di rivolgersi alla premier chiamandola «signor presidente del Consiglio».
«Ci mancava anche questa», ha commentato Meloni, che è alle prese con le mille emergenze di governo, con le scadenze da rispettare, i soldi da trovare. E soprattutto con una squadra da registrare.
Perché è vero che in ogni colloquio con i partner internazionali ha accreditato l'immagine di un gabinetto solido e di una coalizione compatta.
Ma la fase di avviamento la sta facendo fumare molto più di quanto solitamente faccia, anche a causa della «gestione parallela» inaugurata da Salvini.
Nemmeno il tempo di ricevere la fiducia delle Camere e il leader della Lega ha iniziato a promuovere i progetti di partito, «senza nemmeno farmi una telefonata per avvisare e concordare», si è lamentata la premier nei colloqui riservati. Durante i quali ha espresso il suo disagio e una certa dose di irritazione.
Pensava nei primi giorni di potersi concentrare sul problema delle bollette, sulla manovra e sulla preparazione degli appuntamenti all'estero Invece il capo del Carroccio ha di fatto imposto l'agenda a palazzo Chigi: prima lasciando ai suoi gruppi parlamentari l'incarico di presentare un disegno di legge per l'aumento del tetto all'uso del contante; poi affidando al titolare della Salute il compito di indicare le nuove linee guida sul Covid, con quella formula del «liberi tutti» che ha innescato uno scontro nella maggioranza e prodotto l'esternazione di Mattarella. Nel primo caso Meloni ha trovato un punto di mediazione.
Nel secondo ha dovuto assecondare l'iniziativa di Schillaci, anche se - racconta un ministro - avrebbe preferito attendere i dati della pandemia nella fase iniziale della stagione fredda prima di cambiare.
Eppure la premier aveva spiegato agli alleati che il governo nasceva in una condizione particolare, non solo per la difficile congiuntura interna e internazionale, ma anche per il fatto che - rispetto ai gabinetti precedenti varati tutti in primavera - non avrebbe potuto contare sui primi «cento giorni», e sarebbe stato costretto a redigere in fretta la Finanziaria.
Nonostante l'appello, la partenza si è rivelata caotica e questo ha (più volte) portato Meloni a sbottare. «Perché io ci metto due minuti», si è sfogata, evocando la crisi e il ritorno alle urne. Sia chiaro, sono parole dettate dal momento. E al momento la premier avverte la pressione.
Non a caso nel giro di colloqui con i ministri, si è concentrata con il titolare dell'Energia Pichetto per capire - raccontano a palazzo Chigi - quanto sostegno potrà arrivare dall'Europa e quanti soldi invece dovrà mettere il governo per calmierare le bollette.
Per stabilirlo bisognerà basarsi sulle proiezioni sul costo del gas nel 2023: un errore e saltano i conti, le imprese chiudono, i disoccupati scendono in piazza... E a ogni passaggio la presidente del Consiglio accende un'altra sigaretta.
Mentre Salvini prosegue con la tattica degli annunci: ieri si è esercitato su pensioni, reddito di cittadinanza, ponte sullo Stretto e persino sulla guerra in Ucraina, chiedendo che l'Italia si faccia promotrice di una conferenza di pace. Le manovre del capo leghista somigliano molto a quelle che mandarono in tilt i grillini ai tempi del governo giallo-verde. Meloni non accetterà il remake.
E infatti è pronta a dire basta. Una volta chiusa la vertenza sui posti di viceministro e di sottosegretario chiederà all'esecutivo di concentrarsi sulla manovra, che nelle sue intenzioni non dovrebbe contemplare lo scostamento di bilancio. Perché - come spiega un ministro - «se qualcuno pensa che siamo arrivati a palazzo Chigi per fare la rivoluzione, non ha capito come stanno le cose. Bisogna andarci molto cauti, o la rivoluzione finiremo per subirla».