SALVINI HA IL TORCI-COLLE – ANCHE IL “CAPITONE” VUOLE INCHIAVARDARE DRAGHI A PALAZZO CHIGI: “IO FACCIO LO SFORZO DI STARE CON IL PD, E LUI SE NE VA?” – LE PEDINE INIZIANO A MUOVERSI, MA RESTA IL DILEMMA: COSA FARE SE E QUANDO DRAGHI DIRÀ DI VOLER SALIRE AL COLLE? (L’HA SCRITTO ANCHE L’ECONOMIST: “VUOLE FARE IL PRESIDENTE”) – JENA: “SALVINI HA PAURA CHE DRAGHI LASCI IL GOVERNO. OVVERO, SALVINI HA PAURA DI PERDERE LE ELEZIONI”
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1 - OVVERO
Jena per "La Stampa"
Salvini ha paura che Draghi lasci il governo. Ovvero, Salvini ha paura di perdere le elezioni.
2 - SALVINI DRIBBLA MELONI «DRAGHI RESTI PREMIER»
Marco Conti per “il Messaggero”
«Io faccio lo sforzo di stare con il Pd e Draghi se ne va?». Matteo Salvini non ci sta, vorrebbe che Draghi rimanesse a Palazzo Chigi e lo dice senza mezzi termini.
Anche perché l'alleata Giorgia Meloni, non ha voluto fare analogo «sforzo».
Sta all'opposizione e con la storia del «patriota» che «non sta solo a destra», e che sempre più prende le forme dell'ex presidente della Bce, pensa ora di assumere il ruolo di king maker dicendo che Draghi ha «autorevolezza» mentre il centrodestra «non ha da solo i numeri» per eleggere il nuovo Capo dello Stato.
Eppure il centrodestra ha un candidato e Salvini, a giorni alterni, lo coccola.
«Perché Berlusconi no?, come dice Enrico Letta!», si chiede.
Però il problema dei numeri se lo pone anche il leader della Lega quando afferma che «prima dobbiamo cercare di capire che vuol fare Berlusconi».
Ovvero spiegare, con tatto e cautela, al Cavaliere che rischia di incassare una sonora bocciatura.
«Comunque io ascolto tutti», taglia corta Salvini rimandando al calendario di consultazioni che intende avviare subito dopo Natale con tutti i leader attraverso le quali spera di chiarirsi le idee.
Nel frattempo, parlando forse anche a se stesso, dice che intende chiedere a tutti «anche una moratoria sulle dichiarazioni e sulle polemiche giornalistiche perché altrimenti è difficile mettersi d'accordo quando poi ogni giorno uno dice qualcosa di diverso sui giornali».
Al leader leghista non sarà però facile mettere in fila posizioni chiare nelle consultazioni post natalizie. Il frullatore dei posizionamenti vede una cospicua fetta del Parlamento contraria al trasloco di Draghi mentre tutti i segretari di partito dicono più o meno ciò che ha ripetuto anche ieri il segretario del Pd: «Sono convinto che faremo una scelta insieme, largamente supportata dalle forze politiche e sono convinto che sarà una buona scelta».
Visti i numeri la scelta condivisa evocata da Enrico Letta sembra più una necessità che una decisione.
Matteo Renzi da tempo ha ammesso di non poter essere più decisivo, ma spera di essere «incisivo», così come tutti i leader.
Conte e Letta viaggiano di conserva anche se tra i due pesa la vicenda della mancata candidatura a Roma del leader del M5S e ancor più potrebbe incidere un mancato risultato positivo di Cecilia D'Elia.
I continui fumogeni che vengono lanciati, prima che inizi la partita, servono soprattutto a nascondere un problema: che cosa fare se e quando Draghi dirà ciò che ormai tutti danno per scontato: ho finito il mio lavoro, vorrei succedere a Mattarella.
Se è vero, come fa capire Luigi Di Maio quando invita tutti a lasciar fuori il premier dai giochi politici, che fuori dai confini si aspettano che Draghi resti a lungo da una parte o dall'altra, può diventare difficile non esaudire i desiderata dell'ex presidente della Bce anche perché potrebbe essere per i dem la soluzione che evita il blitz del Cavaliere.
D'altra parte per Antonio Tajani «è interesse nazionale che Draghi resti a Palazzo Chigi» e «tutti dicono la stessa cosa, io, Salvini, Letta, Washington e Bruxelles» e lo stesso Conte, andrebbe aggiunto.
Ma nello schieramento c'è chi intende preservarlo come eventuale riserva della Repubblica buono magari per chiedergli di tornare a Palazzo Chigi anche dopo le elezioni politiche del 2023, e chi pensa di cucinarselo nell'ultimo anno di legislatura «perché l'agenda di Draghi non è la nostra», si sente dire nel Pd e nel M5S.
LA SFIDA
Il disorientamento delle forze politiche rende evidente come Draghi, ammesso che voglia succedere a Mattarella, abbia deciso di giocare da solo la partita attendendo magari - prima di esporsi - che sia di chiusa la legge di Bilancio e compiuta la cabina di regia che certifichi il conseguimento di tutti gli obiettivi annuali del Pnrr.
Sulla carta occorre attendere ancora un'altra settimana per capire se la dichiarazione di Salvini è solo tattica o se esprime anche l'intenzione di spiegare alla Meloni che partecipare all'elezione di Draghi al Quirinale significa anche prendere parte al governo che verrà.
Perché per tenere insieme il centrodestra, se non c'è Berlusconi, l'unica alternativa potrebbe essere solo la candidatura dell'ex presidente Bce. Marco Conti