SALVINI VA DA DRAGHI PER CHIEDERGLI DI SVELENIRE IL CLIMA E RILANCIA LA POLEMICA SU LAMORGESE – MA SUPERMARIO NON GLI OFFRE SPONDE, LO RINTUZZA SUI TAMPONI GRATIS E SI SMARCA DALLA RISSA POLITICA: “SI È DISCUSSO DI PROVVEDIMENTI ECONOMICI” - L'UNICA CONCESSIONE CHE IL GOVERNO POTREBBE FARE E' UNA RIFLESSIONE SULL'USO DEL GREEN PASS SOLO DOPO CHE SARA' SUPERATA LA SOGLIA DEL 90% DI VACCINATI - SE NE PARLERA' TRA UN MESE...
-Estratto dell'articolo di Cesare Zapperi per il "Corriere della Sera"
[…] Salvini ha anche chiesto a Draghi, ancora una volta, la gratuità dei tamponi per coloro che non si sono vaccinati, ma la risposta ancora una volta è stata netta e negativa, per il capo del governo non avrebbe senso un aiuto pubblico a chi ha scelto deliberatamente di ignorare lo sforzo collettivo e nazionale di vaccinazione. Infine si è discusso di green pass, uno dei cavalli di battaglia di Salvini: il leader della Lega non ha mai amato sia la certificazione che i controlli ad essa legati, una posizione che lo ha messo in una posizione delicata anche dentro il suo stesso partito, in primo luogo di fronte ai governatori leghisti.
Ieri si è tornati sull'argomento e sembra che l'unica concessione che Draghi potrebbe fare sia legata ad una soglia chiave di vaccinazione, intorno al 90% della popolazione (ad oggi siamo all'85% degli italiani vaccinati con la prima dose, e all'80% con la doppia dose o un ciclo vaccinale completo).
Se davvero i piani del generale Figliuolo, che coordina la campagna di vaccinazione nazionale, fossero raggiunti in pieno, se a metà novembre ci si avvicinasse davvero alla soglia del 90%, allora si potrebbe aprire una riflessione sull'obbligo di esibizione del green pass. Su questo punto Draghi e Salvini discuteranno ancora fra un mese, di certo l'ipotesi sarebbe una sorta di svolta, se si concretizzasse.
Ilario Lombardo per "la Stampa"
È il primo degli incontri settimanali che avevano concordato nella speranza di alleggerire il cammino del governo da qualsiasi fraintendimento. Matteo Salvini arriva a colloquio con Mario Draghi dopo un diluvio di parole nelle piazze che vanno al voto. «Tirare fuori gli scheletri dal passato non fa bene all'Italia e non fa bene al governo, non c'è rischio di ritorno di fascismo e nazismo - aveva detto in mattinata -. Ma siccome di alcuni ministri non ho particolare stima né fiducia, ne parlerò con l'amministratore delegato di questo governo. Puoi avere un genio come premier, ma se la macchina è fuori controllo non vai lontano».
Mancano 72 ore ai ballottaggi di Roma, Torino, Trieste e altre città, e il leader della Lega è preoccupato. Molto preoccupato. La visita a Palazzo Chigi serve a incorniciare una richiesta che Salvini non arriva a formulare fino in fondo al presidente del Consiglio ma che evoca ai microfoni dei giornalisti e dal palco di Latina: «Fare cortei di parte con le bandiere rosse, attaccare Tizio e insultare Caio non è il bene dell'Italia». Vorrebbe che in qualche modo il governo fermasse la manifestazione che la Cgil ha organizzato per sabato, alla vigilia del voto, in pieno silenzio elettorale, dopo l'assalto degli squadristi di Forza Nuova alla sede del sindacato.
Ma Salvini sa benissimo che una decisione di questo tipo sarebbe in mano al ministero dell'Interno. Difficile però che il Viminale faccia un passo del genere. In questo momento gli uomini della ministra Luciana Lamorgese sono concentrati più che altro sui percorsi dei cortei attesi a Roma. Il rischio di scatenare di nuovo la furia dei neofascisti, da una parte, e dei manifestanti solidali con la Cgil, dall'altra, è altissimo.
Sollecitato da Salvini, Draghi ammette una certa preoccupazione per la tensione che si è riversata sulle strade, anche in vista del G20 di fine mese e dell'avvio del Green Pass obbligatorio da lunedì 15. «Gli ho chiesto di darmi una mano per svelenire il clima», rivela all'uscita Salvini.
Il premier è consapevole che una manifestazione a poche ore da elezioni molto divisive è benzina che può esasperare il conflitto, ma non va oltre la condivisione di questo timore. E quando il leghista gli chiede di «mettere fine alle campagne di delegittimazione che nelle ultime settimane sono state particolarmente feroci contro il centrodestra, a partire da Lega e Fratelli d'Italia» Draghi si limita ad ascoltare.
Come potrebbe, si chiede l'ex banchiere, fermare qualcosa che attiene alla lotta politica? «Potrebbe farlo grazie alla sua autorevolezza», spiega Salvini, parlando ai leader dei partiti, o con un appello. «Potrebbe promuovere una pacificazione nazionale chiedendo di evitare di inquinare il dibattito politico continuando a parlare di "fascisti" solo per aggressione nei confronti dei partiti della coalizione».
Ma il tema della sicurezza delle piazze e dello scontro politico non è l'unico che il premier e il leader della Lega affrontano in un'ora di faccia a faccia. Anzi, lo stringato comunicato diramato dalla presidenza del Consiglio si limita a riportare che si è discusso di provvedimenti economici.
Un modo per non farsi trascinare nella battaglia elettorale. Venerdì il Consiglio dei ministri approverà la delega fiscale mentre il governo si appresta a inviare a Bruxelles lo schema della legge di Bilancio.
Draghi ribadisce per l'ennesima volta che «non ci saranno aumenti di tasse», tantomeno sulla casa, senza però alcun bisogno di scriverlo da qualche parte come aveva chiesto Salvini. La convergenza su questo è nei fatti ed è l'unico argomento sul quale il premier si lascia andare a uno scambio con il leghista.
Per il resto, spiegano da Palazzo Chigi, il capo del governo ha ascoltato i Cahiers de doléances del senatore, senza che il suo volto, notoriamente imperturbabile, cedesse su nessuna delle sue richieste. Non alla flat tax fino a 100 mila euro, non alla rottamazione delle cartelle esattoriali, non a una profonda revisione del reddito di cittadinanza, non a Quota 100. Né, infine, ai tamponi gratuiti per i dipendenti, che Salvini vorrebbe sovvenzionati dallo Stato.